10 Cloverfield Lane, la recensione

Dopo otto anni e non senza coglier di sorpresa i più, la Bad Robot di J.J. Abrams torna nel “campo di trifogli”, traduzione letterale di Cloverfield, che in gergo indica un punto appena bombardato, visto che i trifogli – pare – siano le prime piante a crescere su un terreno non più fertile. Ma se nel monster movie in POV Cloverfield, anno 2008, il campo di trifogli era Central Park, luogo in cui si interrompeva il reportage dell’attacco di una misteriosa creatura, in 10 Cloverfield Lane, anno 2016, è letteralmente l’indirizzo in cui è situato un bunker, a metà strada tra Baton Rouge e Houston, dove si sviluppa l’intera vicenda.

Michelle è in auto, si distrae per colpa del cellulare, qualcuno le va addosso. Lo schianto. Il rumore. Il buio. Michelle si risveglia su un materasso, legata e con una leggera ferita, chiusa in una stanza. Inizialmente crede di essere in pericolo, tenta di liberarsi, poi entra nella stanza un uomo dalla stazza imponente e dallo sguardo severo. È Howard, che le dice di averla salvata e curata in seguito all’incidente in cui è stata coinvolta. Il problema è che ora sono intrappolati lì, nel bunker antiatomico di Howard, perché nel frattempo fuori è successo qualche cosa, un attacco terroristico forse, e l’aria è piena di radiazioni. C’è Emmett a confermarlo, un conoscente di Howard che è venuto a rifugiarsi nel suo bunker in seguito alla catastrofe. Ma Michelle è sospettosa, qualche cosa le dice che Howard sta mentendo…

10 CLOVERFIELD LANE

Come è facilmente intuibile dalla sinossi, 10 Cloverfield Lane è un’operazione differente in confronto a Cloverfield e non solo perché è girato con tecnica tradizionale. J.J. Abrams, che figura ancora una volta in veste di produttore, ha definito questo film un “consanguineo” di quello del 2008, il che può voler dire molte cose ma sicuramente che non si tratta di un sequel tout-court di quel monster movie.

10 Cloverfield Lane abbandona – o almeno lo fa in parte – la spettacolarità ansiogena del suo precedente e costruisce una sottilissima tensione giocando con un senso di paranoia crescente. Lo sguardo del regista esordiente Dan Trachtenberg è puntato verso il cinema di paranoia degli anni d’oro della fantascienza americana, fatto di sospetti e di centellinata costruzione tensiva, nonché di un costrutto metaforico neanche troppo velato verso le reali paure dell’essere umano. A supportare questa visione c’è una colonna sonora iniziale che richiama direttamente il cinema degli anni ’60, a tratti volutamente invasiva nel sottolineare gli eventi escludendo completamente il parlato. I momenti che precedono l’incidente automobilistico sono accompagnati da una colonna sonora alla Bernard Hermann, opera del talentuoso Bear McCreary (l’autore delle musiche di The Walking Dead, per citare un titolo noto) che creano un effetto altamente straniante.

Ed è proprio sull’estraneazione che punta poi l’intero film.

10 CLOVERFIELD LANE

Prendendo il punto di vista unico di Michelle, lo spettatore conosce gli eventi così come la protagonista e quindi scopre a mano a mano i risvolti della vicenda come se si trattasse di un puzzle che prende lentamente forma. Questo espediente rende la visione molto partecipativa e aiuta a reggere per quasi due ore un soggetto che, di per sé, non sembra essere in grado di supportare un lungometraggio. E infatti, qua e là, qualche momento di stanca si nota, cadute di ritmo dettate dall’esigenza di palesare il tempo che passa, da un paio di lunghi dialoghi ridondanti.

Nel suo complesso, però, 10 Cloverfield Lane funziona benissimo e se il clima di paranoia che si respira per circa 90 minuti è sicuramente ciò che decreta la riuscita del film, anche il quarto d’ora finale, che apre la vicenda a un particolare sviluppo, lascia il segno, creando anche presupposti per la prosecuzione di un franchise che, a detta di Abrams, è mirato a creare una vera e propria antologia.

10 CLOVERFIELD LANE

Se però 10 Cloverfield Lane funziona è anche merito degli attori e in particolare di Mary Elizabeth Winstead, che ha le fisique du role e la tenacia espressiva adatta a supportare quel personaggio, e John Goodman, severo, protettivo e inquietante al punto giusto per un’interpretazione abbastanza lontana dai suoi solitamente rassicuranti ruoli.

Non aspettatevi, dunque, Cloverfield, il film di Dan Trachtenberg è completamente un’altra cosa, anche se vive nel suo stesso universo, ma se il found footage di Matt Reeves aveva il merito di trasportare il monster movie nell’ottica del POV creando uno dei più efficaci apologhi sul post 11 Settembre, 10 Cloverfield Lane ha il merito di non cercare la furba ripetizione e porta quella lezione a un livello successivo, creando un discorso nuovo, personale e allo stesso tempo spudoratamente tradizionale.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un senso di paranoia crescente che trova la partecipazione dello spettatore.
  • La Winstead e Goodman sono bravissimi e perfetti per il ruolo.
  • La svolta finale ha il suo straniante perché.
  • È altro in confronto a Cloverfield e questo lo rende un progetto coraggioso.
  • Qualche tempo morto di troppo…
  • … di conseguenza, dura troppo.
  • Se avete come modello Cloverfield potreste anche rimanere delusi.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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10 Cloverfield Lane, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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