800 eroi, la recensione

C’è un fiume a solcare il confine tra vita e morte, tra normalità e sofferenza, è il fiume Suzhou che attraversa Shanghai le cui sponde dividono la zona di guerra in cui sono intrappolati i soldati cinesi, in balia degli invasori giapponesi, dalla zona franca delle Concessioni Internazionali, che si trova sotto il controllo amministrativo straniero. È tutto su questo confine che si svolge 800 eroi, il blockbuster diretto da Gu Han presentato in anteprima nazionale al 23° Far East Film Festival di Udine e dal 25 giugno anche nei cinema italiani distribuito da Notorious Pictures.

Quella raccontata in 800 eroi è una vicenda vera, uno spaccato della Storia cinese ambientato nel 1937 durante la seconda guerra sino-nipponica, un episodio conosciuto ai più come l’Assedio di Shanghai, una Shanghai rasa per metà al suolo dalle truppe giapponesi, la metà posta sulla sponda meridionale del fiume Suzhou, dove tra i pochi edifici ancora intatti c’è un deposito di armi in cui hanno trovato riparo 800 soldati cinesi, gli ultimi sopravvissuti, nelle cui mani è affidata la difesa della città. Lo scopo di questi 800 uomini, feriti, stremati, sempre più a corto di munizioni, è resistere all’avanzata del nemico, ergere i vessilli rossi nazionalisti e fermare, per quanto possibile, l’impeto distruttivo giapponese.

Mentre al di qua del fiume la morte e la distruzione creano una sterminata distesa di macerie e cadaveri, al di là la vita continua nella normalità, tra musica, luci al neon e il benessere di una società gestita dagli occidentali anche se la curiosità crescente per quello che accade nel magazzino porterà gli osservatori benestanti a una partecipazione sempre più accorata verso le sorti degli 800 soldati intrappolati. Ed è proprio in questa doppia vita che caratterizza la Shanghai del ’37 che si trova il quid di 800 eroi, una duplice identità che genera un approccio totalmente opposto alla Storia che il Paese stava attraversando, diviso tra lusso e morte. E chi si trova nella sponda settentrionale del fiume è lo spettatore stesso, inizialmente disinteressato alla tragedia che si consuma poco lontano ma poi sempre più coinvolto emotivamente. Non a caso i curiosi osservatori sono signorotti voyeur che spiano con il binocolo o cineoperatori in cerca del momento più cruento da documentare con l’obbiettivo della macchina da presa.

Il film di Gu Han, interamente girato in IMAX e campione di incassi in Cina, si gioca fin da subito la carta della spettacolarità con lunghe e intense sessioni d’azione riprese con piglio vertiginoso attraverso carrellate aeree e poderosi piano sequenze. 800 eroi è fatto dello stesso materiale di cui si compongono i blockbuster americani, è un film ricco e appassionante, pieno di ritmo e con una confezione accattivante adatta a tutti i palati.

Però 800 eroi è anche diverso dai blockbuster a cui la cinematografia yankee ci ha abituato.

Innanzitutto, il film di Gu Han porta con se la tradizione del cinema cinese che punta alla contaminazione con il melò, fatto di intense sequenze di dramma individuale che portano a un coinvolgimento collettivo, a momenti struggenti tirati fino a diventare kitsch. Il patriottismo raggiunge punte di sublime stucchevolezza, come la corsa per ergere la bandiera nazionale che diventa un tappeto di cadaveri, inoltre la violenza raggiunge picchi inauditi che mai potremmo trovare in un blockbuster a stelle e strisce, con sequenze di massacro che farebbero impallidire il più truce film splatter. Segnali che abbiamo comunque a che fare con un prodotto tanto conforme alla massa quanto forte del suo sapore squisitamente esotico, un war-movie poderoso e produttivamente importante che parla al pubblico occidentale come lo farebbe un b-movie dei più divertenti.

La durata importante di quasi 150 minuti e la mancanza di un vero e proprio personaggio protagonista a far da collante alle vicende di questi 800 uomini potrebbe creare un po’ di resistenza nel pubblico abituato ai prodotti più mainstream, ma se si riesce a passare oltre e a contestualizzare 800 eroi nella produzione cinese odierna non ci si può che divertire con questo bulimico action bellico che racconta la Storia come lo farebbe un fumetto pulp.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Spettacolare e iper-violento come un fumetto pulp.
  • L’impegno produttivo si nota e la regia è molto curata.
  • Manca lo sguardo di un protagonista.
  • Il patriottismo tocca vette di kitsch.
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