A Taxi Driver: un’esperienza totalizzante!

In questi giorni su Sky è possibile vedere in prima visione (per l’Italia ovviamente, all’estero è già famoso) il film sud-coreano A Taxi Driver. Il film uscì in Corea nel 2017, e da allora ha sbancato nei festival asiatici ed era stato anche proposto agli Oscar per rappresentare il suo Paese.

Il regista Jang Hoon è largamente affermato nel contesto asiatico, ma purtroppo, in Italia soprattutto, fatichiamo ancora ad avvicinarci a quel mercato cinematografico; anche se, grazie a Parasite (vincitore degli Oscar 2020)sembra essersi aperto uno spiraglio. A questo proposito, il film di Jang Hoon e quello di Bong Joon-ho condividono l’attore protagonista: il talentuoso Song Kang-ho che in A Taxi Driver ci dona una prova attoriale intensa ed encomiabile, anche considerando gli eventi delicati trattati.

A Taxi Driver, infatti, parla dei drammatici eventi svoltisi a Gwangju (una città del Sud Corea meridionale) nel maggio del 1980. So bene che probabilmente in pochi ne sanno effettivamente qualcosa su questo tema (io stessa ne ero totalmente all’oscuro) quindi mi sembra giusto dare un po’ di contesto. Nei primi mesi del 1980 in Corea avvenne un colpo di stato militare, in seguito al quale fu stabilita la legge marziale. Le proteste e le rivolte proseguirono poi in tutta la nazione, concentrandosi specialmente nella città di Gwangju. Le mobilitazioni studentesche contro la legge marziale raggiunsero il culmine quando, nel mese di maggio, l’esercito iniziò una vera e propria guerriglia contro i dimostranti, sparando direttamente sulla folla, picchiando e stuprando. Questa situazione inquietante si protrasse dal 18 al 27 maggio, nel mentre la città venne barricata e i media forzati a mentire sulla situazione (anche negli anni successivi l’estrema destra coreana ha continuato a portare avanti tesi negazioniste su quanto avvenuto a Gwangju). Si stima che furono uccise 2000 persone.

a taxi driver

In mezzo a questa situazione agghiacciante viene a posizionarsi il nostro film, e lo fa con un tatto e uno spirito inaspettatamente calzante. A Taxi Driver ci parla della storia vera di Kim Sa-bok (un nome fittizio), un tassista di Seul, che durante le rivolte fu incaricato di portare un giornalista tedesco all’interno della città. Da questi pochi elementi potrebbe sembrare semplicemente un intenso film drammatico ma è molto di più.

Malgrado nella realtà il signor Kim fosse un fervente democratico e ben a conoscenza delle rivolte di Gwangju, la storia del film sfrutta le tesi negazioniste a suo favore e fa diventare il nostro protagonista uno scettico. Il signor Kim non può credere che le cose che si raccontino sul suo paese siano vere, lui è soltanto un uomo che cerca di arrivare alla fine della giornata e di portare qualcosa di buono alla figlioletta, non vuole avere niente a che fare con la politica e ha una grande fiducia nell’esercito (lui stesso aveva fatto il servizio militare). Per questo motivo la prima parte del film è rappresentata come una commedia molto rilassata e cromaticamente curata: spiccano i gialli, i verdi, i contrasti di colori brillanti. Vediamo la vita tranquilla del signor Kim, i momenti buffi e quelli teneri con la figlia. Poi la situazione quasi da buddy-movie con il giornalista tedesco, gli inganni per farsi pagare di più, i problemi con la macchina.

a taxi driver

Lentamente però si entra in città (che sembra una città fantasma) e si vedono i primi piccoli dettagli stonati. Fanno seguito la visita all’ospedale, poi le prime cariche dell’esercito. Lentamente le scelte cromatiche si fanno più spente, si ride sempre meno, la realtà spinge a tutta forza per entrare in questa tranquillità fittizia e improvvisamente ci troviamo in un incubo.

Il signor Kim si trova a combattere un conflitto morale: aiutare chi soffre o tornare a casa da sua figlia? L’evoluzione del protagonista è splendida, così come lo è quella del film stesso, un cambio di tono piacevolissimo e adeguato.

Lo sguardo del signor Kim, ciò che lui prova e ciò che noi vediamo combaciano alla perfezione, creando un’esperienza totalizzante per lo spettatore. La macchina da presa ci trasporta nelle vite di questi veri e propri combattenti, in un crescendo di ansia e di partecipazione emotiva. A Taxi Driver riesce a ricordarci di quanto il mondo possa essere un posto terribile e insensatamente crudele, ma allo stesso tempo di come in questo mondo ci siano anche coloro disposti a battersi fino all’ultimo per rifiutare le ingiustizie e per fare la cosa giusta.

Un gioiellino da non farsi scappare.

Silvia Biagini

A Taxi Driver è disponibile anche in DVD e Blu-ray edito da CG Entertainment. A questo link potete leggere anche la nostra recensione per la presentazione del film al 35° Torino Film Festival.

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