Amityville – Il risveglio, la recensione

Quella della “casa più infestata” degli Stati Uniti è una storia che va avanti dai primi anni ’70, quando la villetta sita al 112 di Ocean Avenue ad Amityville, sulla costa meridionale di Long Island, fu tristemente nota alle cronache per il delittuoso fatto che costò la vita a ben sei persone. Un’intera famiglia, i De Feo, sterminata dal figlio maggiore Ronnie, poi condannato a sei ergastoli ma sempre dichiaratosi spinto all’omicidio da una presenza maligna che gli ha sussurrato di farlo. La realtà spesso supera la fantasia e la terribile storia dei De Feo fu solo il primo tassello di un caso mediatico che raggiunse ogni dove, perché i successivi proprietarie della villetta in stile coloniale di Ocean Avenue, i Lutz, sono stati testimoni di uno dei più celebri casi al mondo di infestazione spiritica. Da quel momento la casa di Amityville è diventata un’icona del paranormale, attirando l’interesse di medium, esperti di paranormale e demonologi, come i celeri coniugi Warrern, oggi famosi grazie ai film di James Wan The Conjuring.

Dopo la stesura del romanzo/inchiesta Orrore ad Amityville (1977), scritto da Jay Anson, e la realizzazione del film The Amityville Horror (1979) di Stuart Rosenberg, la vicenda della casa infestata di Long Island è diventata un vero punto di riferimento per l’immaginario horror; da allora, infatti, sono stati realizzati molti film, dei quali sette sequel ufficiali dell’opera di Rosenberg (tra cui il bellissimo prequel Amityville Possession, diretto da Damiano Damiani e incentrato sul caso dei De Feo), un remake (Amityville Horror del 2005, diretto da Andrew Douglas) e una serie di recenti sequel non ufficiali (tra i quali c’è The Amityville Haunting del 2011, realizzato dalla The Asylum), nonché una “citazione” nel prologo di The Conjuring – Il caso Enfield (2016), in cui viene mostrata la ricostruzione della seduta spiritica all’interno della casa a cui hanno partecipato Ed e Lorraine Warren.

Insomma, un mito sempre attuale che si arricchisce di un nuovo capitolo ufficiale, Amityville – Il risveglio, diretto dal buon Franck Khalfoun (-2: Livello del terrore; Maniac) e prodotto da Jason Blum, guru dell’horror a basso costo e artefice dei più recenti successi legati all’odierno cinema americano di paura.

Amityville – Il risveglio non è un sequel, ne un prequel, ne un remake, ne un reboot… è un oggetto abbastanza singolare che si inserisce all’interno della saga palesando la consapevolezza che tutto quello realizzato fino ad oggi è finzione cinematografica. Ricordate Blair Witch 2 – Il libro segreto delle streghe che considerava il primo film un film, appunto? Amityville – Il risveglio fa la stessa cosa e i personaggi parlano del film di Stuart Rosenberg e dei suoi sequel riferendosi proprio a finzione cinematografica con un piglio metafilmico che non potrà che trasmettere simpatia all’appassionato di cinema horror.

Franck Khalfoun, anche sceneggiatore, ci racconta la storia di una famiglia che, col più classico dei cliché, si trasferisce nella casa al 112 di Ocean Avenue di Amityville, proprio dove 45 anni prima si svolsero i luttuosi fatti legati alla strage dei De Feo e i successivi proprietari, i Lutz, persero la ragione. Joan è una madre single, ha una figlia adolescente di nome Belle, una bambina, Juliet, e un altro figlio, James, gemello di Belle e tenuto in vita dalle macchine, in coma in seguito a un tragico incidente. Ovviamente l’integrazione di Belle nella nuova realtà scolastica e sociale di Amityville non sarà delle più semplici e il fatto di abitare in una “casa maledetta” non le sarà d’aiuto. James, pian piano, sembra mostrare segnali di ripresa nonostante i medici avessero detto a Joan che ormai non c’era più niente da fare per il ragazzo, ma l’apparente guarigione di James è solo il primo segnale che qualche cosa di malvagio sta condizionando le vite dei nuovi abitanti della casa e il ragazzo è proprio la porta che può consentirne il passaggio.

Amityville – Il risveglio ha avuto una gestazione molto travagliata e quando si verificano questi casi, di solito, è la qualità dell’opera a risentirne. Inizialmente il film doveva intitolarsi Amityville: The Lost Tapes, doveva essere realizzato con la tecnica del mockumentary e aveva una storia completamente differente. Col passare degli anni – il progetto risale al 2011, anno in cui la The Asylum ha fatto uscire The Amityville Haunting proprio per anticipare il film della Dimension – sono cambiate completamente le carte in tavola, con la completa riscrittura del progetto, posticipi, reshoot e l’entrata in scena di Blum in produzione. Ma guardando il risultato finale, Amityville – Il risveglio ha probabilmente seguito un iter che realmente ne ha valorizzato il risultato perché il film è buono, molto buono, anzi uno degli apici qualitativi della saga. Non che ci volesse molto, direte voi, visto che escludendo il film capostipite, il bellissimo prequel di Damiani e il buon remake del 2015, Amityville non ha mai brillato per qualità, ma il film di Khalfoun ha comunque quella forza per farne un prodotto estivo godibile e apprezzabile da un pubblico di appassionati.

La sua natura di ibrido sequel/reboot lo rende facilmente vendibile a un’ampia platea ma l’intuizione di Khalfoun sta soprattutto nel riuscire a mantenere intatto lo spirito di base della saga, introducendo novità sostanziali e citando in maniera plateale (con la strizzata d’occhio metacinematografica che si diceva) il passato. Ne viene fuori un film che per certi versi è fuori tempo, anzi sembra proprio di guardare una di quelle produzioni horror a cavallo tra gli anni ’90 e il nuovo millennio (sarà il marchio Dimension?), che va ad escludere il logoro filone soprannaturale attuale che è la chiara degenerazione proprio della formula Blumhouse.

In questo Amityville viene affrontato il tema dell’eutanasia ponendo Belle come ago della bilancia: Joan è assolutamente contraria a “staccare la spina” a suo figlio, speranzosa in una miracolosa guarigione malgrado i fatti parlino ormai chiaro, e la sua formazione cattolica ne è sicuramente la discriminate. Belle, al contrario, vive la morte cerebrale del fratello come un fardello troppo grande da sopportare, anche perché si ritiene responsabile di quello che gli è accaduto e per questo è lì lì, in diverse occasioni, per dare la pace al ragazzo. Uno scontro ideologico e religioso che assume dei risvolti del tutto inaspettati e il film prende una piega intrigante che allontana questo Amytiville dalle dinamiche un po’ stanche che hanno caratterizzato i vari capitoli della saga negli anni. Con delle somiglianze – probabilmente volute – con Patrick, l’horror di Richard Franklin del 1978, Amityville – Il ritorno segue una strada originale che comunque non rinuncia ad alcuni topoi della saga, come la leggendaria “stanza rossa”  il manifestarsi dei poltergeist. Ma viene sviluppata anche la tematica del presunto incesto tra una madre e un figlio che aggiunge quell’aura morbosa che ormai si vede sempre più raramente nel cinema horror e che richiama proprio un simile sottotesto di Amityville Possession.

Con scene di spavento ben riuscite e mai realmente invasive, nonché un buon gusto per il macabro, Amityville – Il risveglio si fa forte anche di un cast interessante che comprende Jennifer Jason Leight nel ruolo della tormentata madre di famiglia, la notevole Bella Thorne nel ruolo della protagonista e l’inquietante Cameron Monaghan (che in questi anni si è fatto notare per il suo sorriso diabolico nella serie tv Gotham) nel complesso ruolo del comatoso James.

Malgrado una reale mancanza di novità se inserito all’interno del genere horror, Amityville – Il risveglio convince e riesce ad aggiornare con cognizione di causa e intelligenza una storia appassionante e inquietante che ancora oggi rappresenta uno dei più grandi misteri nell’ambito del paranormale. Consigliato!

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Riporta in auge la storia di Amityville senza raccontare nuovamente la medesima storia, anzi trova un escamotage originale per la saga.
  • Un buon cast.
  • C’è ritmo e buone trovate spaventose e raccapriccianti.
  • Se possiamo considerarlo un punto negativo, sembra un film pensato e realizzato 20 anni fa.
  • All’interno del macro genere dell’horror, non porta nessuna reale novità.
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