Andiamo a quel paese, la recensione

Se facessimo un breve excursus sulle coppie (o trii) provenienti da cabaret che hanno sfondato al cinema, ci renderemo conto che pochi, anzi pochissimi, sono riusciti a sopravvivere e guadagnarsi l’ampio consenso del pubblico. Se pensiamo al passato è impossibile non citare Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che hanno rappresentato una vera istituzione nel campo della commedia all’italiana, sprazzi guadagnati anche da Gigi Sammarchi e Andrea Roncato, anche se poi è quest’ultimo che ha attinto maggiormente dalla carriera nel cinema un po’ come è capitato a Cochi e Renato, dove la star è stata Pozzetto, o il trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Poi ci sono quelle coppie che al cinema non hanno funzionato più di tanto, perdendosi per lo più in film corali, come è capitato ai Fichi d’India, Ale e Franz e Luca e Paolo.

Tra coloro che invece ce l’hanno fatta, distinguendosi tra i cabarettisti dal maggior respiro cinematografico emersi negli ultimi anni, ci sono senz’altro Salvo Ficarra e Valentino Picone, con un massiccio passato a Zelig, periodica conduzione del tg satirico Striscia la notizia e beniamini del botteghino.

Il duo comico palermitano ha esordito al cinema nel 2000 con un cammeo nel film di Aldo, Giovanni e Giacomo Chiedimi se sono felice, guadagnandosi, due anni dopo, un lungometraggio tutto loro, Nati stanchi, per la regia di Dominick Tambasco. Il vero successo arriva però nel 2007 con Il 7 e l’8, campione d’incassi al botteghino e – ad oggi – miglior film del duo, con il quale Ficarre e Picone cominciano anche l’attività di registi e sceneggiatori. Dopo il divertentissimo La matassa (2009), l’altrettanto divertente ma meno riuscito Anche se è amore non si vede (2011), oggi Ficarra e Picone tornano con Andiamo a quel paese, che ha rappresentato l’evento di chiusura al nono Festival Internazionale del Film di Roma.

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Con Andiamo a quel paese, Ficarra e Picone tornano in grande forma e, dopo la parentesi torinese e da commedia “leggermente” romantica del film precedente, vanno a ripercorrere le strade della provincia palermitana e ad affrontare, con ironia, tematiche di attuale rilevanza sociale.

Stavolta si parla di disoccupazione e di pensioni, ma il tutto con la splendida verve satirica del duo comico, andando a ricordare nell’umorismo sottile che lega a doppio filo le piaghe della società il loro precedente La matassa.

Salvo e Valentino si trasferiscono in un paesino non troppo distante da Palermo, luogo di nascita di Picone e della moglie di Ficarra. Data la difficoltà nel trovare un lavoro e, soprattutto, la mancanza di voglia, che spinge i due a cercare una raccomandazione presso un fantomatico politico “conoscente di famiglia”, Ficarra si rende conto che può guadagnare riscuotendo le pensioni dei numerosi parenti anziani della moglie e così trasforma la sua abitazione in una sorta di ricovero per la terza età. Quando, però, il fato ci mette lo zampino e gli anziani parenti cominciano a morire in incidenti casalinghi, Ficarra trova una soluzione: far sposare l’amico Picone con la vecchia zia, unica parente sopravvissuta alla veloce ecatombe, così da beneficiare della sua pensione.

Scherzando sul “mito” delle raccomandazioni con un finale che ricorda per ironia surreale i primi Fantozzi, deridendo le usanze del Sud e, soprattutto, la mala usanza delle voci che corrono nelle piccole realtà rurali, ma anche puntando il dito verso le istituzioni religiose e il mal costume italiano dell’arte di arrangiarsi, Andiamo a quel paese coglie in toto la caustica ironia che caratterizza buona parte della filmografia del duo. Nel film si ride e anche tanto, con gag riuscitissime e tormentoni affidati per lo più allo sbruffone Ficarra, ma la riuscita del film sta soprattutto nell’essere riuscito a cogliere il giusto mood satirico, ridendo di questioni serie senza risultare mai sgradevolmente gratuito.

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Andiamo a quel paese funziona, ci conferma il talento comico e di narratori della contemporaneità di Ficarra e Picone, due cabarettisti che pur ancorandosi a uno standard sinergico di coppia, hanno trovato una propria originalità e personalità che è riuscita a farli emergere dalla massa.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Divertente e allo stesso tempo intelligente.
  • Gran parte delle gag funzionano e fanno ridere di cuore.
  • L’idea di ridere sui problemi dell’Italia attuale funziona ancora una volta.
  • Ficarra e Picone ripetono per la quinta volta (anzi sesta, se consideriamo Femmine contro maschi) gli stessi personaggi.
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