Antropophagus II, la recensione del sequel super-splatter

Alzi la mano lo splatterofilo che non ha mai visto Antropophagus di Joe D’Amato e corra immediatamente a recuperare la visione di questo classico del nostro cinema d’exploitation. Tutti gli altri, ligi della conoscenza del cult datato 1980, possono accucciarsi comodi nella poltrona, popcorn alla mano, e godersi Antropophagus II di Dario Germani che nell’epoca della riscoperta nostalgica di film del passato attraverso sequel, reboot o requel, si inserisce idealmente nella prima categoria limitando però al solo titolo un collegamento con l’opera di Joe D’Amato.

Un gruppo di studentesse universitarie, accompagnate dall’insegnate, si fanno chiudere in un bunker risalente alla Seconda Guerra Mondiale così da testare su campo cosa voleva dire vivere in completo isolamento ai tempi della guerra. Senza telefoni cellulari, prive di qualsiasi comodità e con i viveri razionalizzati, le ragazze trascorreranno un intero weekend negli ambienti sotterranei che comprendono circa diciassette chilometri di labirintici tunnel. Ma in quel luogo lontano da tutto e da tutti si nasconde un mostro umanoide ghiotto di carne umana e l’arrivo delle giovani ospiti è proprio l’occasione ideale per riempire la dispensa!

Già omaggiato dal tedesco Andreas Schnaas nel 1999 con il remake Antropophagus 2000, il film di Joe D’Amato aveva avuto una prosecuzione non ufficiale con Rosso Sangue (1981) dello stesso regista che, pur prendendo nettamente le distanze dal precedente film, aveva un curioso collegamento/citazione nell’incipit e lo stesso attore protagonista, George Eastman/Luigi Montefiori, tanto che per il mercato estero il film fu furbescamente rititolato Antropophagus 2. Quello di Dario Germani, invece, è intenzionalmente un sequel e il vessillo produttivo è imbracciato da Gianni Paolucci che di exploitation all’italiana se ne intende in quanto responsabile produttivo di molte opere di Bruno Mattei oltre che dell’odiato/amato Dracula 3D di Dario Argento.

Però, come si diceva in apertura, Antropophagus II è più che altro un sequel nominale visto che collegamenti diretti al film di Joe D’Amato non ce ne sono, a parte una citazione alla celebre scena del feto e (forse) un legame tra i due cannibali. Abbiamo dunque a che fare con uno slasher molto classico a location unica che dà il meglio di se nella varietà e qualità di atrocità mostrate.

Partendo da un pretesto narrativo abbastanza sciocco (le protagoniste si fanno intenzionalmente chiudere nel bunker per motivi didattici, addirittura per un weekend e arrivano sul luogo appena in tempo per andare a dormire), Antropophagus II va immediatamente al sodo e si gioca la carta dello splatter tanto nell’introduzione quanto nei primi venti minuti, gettando subito le studentesse tra gli artigli del mostro. Considerando che lo sceneggiatore Lorenzo De Luca, che ha in curriculum un terzetto di cinepanettoni e tanto cinema indie contemporaneo, si impegna davvero il minimo indispensabile nel costruire uno script credibile e dei personaggi caratterizzati, è confortante trovare nel film di Dario Germani una particolare dedizione all’exploitation pura, senza quei fronzoli da minestra annacquata che spesso caratterizzano le odierne produzioni indipendenti. E vai di mattanza, con tante di quelle atrocità da cinema splatter estremo che sempre più raramente si vedono nei prodotti tanto mainstream quanto indie.

Per molti aspetti, Antropophagus II ricorda il buon Creep – Il chirurgo di Christopher Smith idealmente frullato con i sequel di Wrong Turn, mentre del film da cui prende il titolo non ha quasi nulla a cominciare dal netto contrasto di location: se il primo era un horror bizzarramente solare e quasi interamente ambientato all’aperto, questo sequel si svolge totalmente al chiuso giocando con un senso di claustrofobia crescente data dall’azzeccata scelta delle gallerie bunker del Monte Soratte, nei pressi di Roma, come location del film.

Suggestiva la fotografia buia ma ben contrastata dello stesso Germani, che ha in curriculum oltre cinquanta opere proprio come direttore della fotografia, e fantastici gli effetti speciali artigianali di David Bracci, che si sbizzarrisce con un numero impressionante di trucchi come non se ne vedevano da tempo in un horror. Decisamente funzionale anche il cast composto da giovani attrici perfettamente dedite alla causa, ovvero scream queens con aspirazione da vittime sacrificali: Jessica Pizzi, Giuditta Niccoli, Chiara De Cristofaro, Diletta Maria D’Ascanio, Valentina Capuano, Shaen Barletta, Alessandra Pellegrino e Monica Carpanese se la cavano benissimo con il solo neo che il doppiaggio (auto doppiaggio) non è dei migliori e a volte crea quell’effetto straniante tipico di molto cinema italiano post 2000.

Insomma, Antropophagus II riesce nel suo intento che è semplicemente quello di disgustare e divertire un pubblico di splatterofili appassionati. Si astengano tutti gli altri, probabilmente non è “carne” per i loro denti.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Gli effetti speciali.
  • Dura poco e va diritto al punto.
  • La sceneggiatura e i dialoghi in particolare.
  • L’auto doppiaggio.
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2 Responses to Antropophagus II, la recensione del sequel super-splatter

  1. Lorenzo ha detto:

    Sono lo sceneggiatore del film e sottolineo che la produzione ha tagliato, per esigenze di budget e tempi, un po’ del copione. Da qui la pochezza delle caratterizzazioni personaggi e la poca credibilità. Io non mi impegno mai ” al minimo sindacale” nemmeno nel cinema spazzatura come questo. Grazie. Ma le recensioni, la vostra come quella di nocturno, usano puntare sempre il dito sulla sceneggiatura non sapendo giustamente i retroscena e non sapendo come si fa un film e tutte le varianti che intervengono. Grazie.Lorenzo de Luca.

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