Assassin’s Creed, la recensione

Niente da fare, non ci riescono proprio. Far un buon adattamento da un videogioco è forse la cosa più difficile per il mondo del cinema. Se escludiamo l’ottimo Silent Hill di Christoph Gans e, in parte, il Mortal Kombat di Paul W.S. Anderson, si fatica a trovare una trasposizione ben riuscita di un videogioco e, spesso, c’è difficoltà anche a trovare buoni film, avulsi dall’immaginario videoludico da cui provengono. Nel caso di Assassin’s Creed, purtroppo, non abbiamo né un buon film, né un adeguato adattamento dal celebre videogame della Ubisoft.

Nata nel 2007 grazie alla divisione canadese di Ubisoft, la saga vidoeludica di Assassin’s Creed è diventata in breve tempo un vero e proprio fenomeno mondiale che, in neanche un decennio, ha portato alla pubblicazione di nove titoli e una moltitudine di espansioni e spin-off, nonché un’estensione multipiattaforma che ha generato fumetti, romanzi e una massiccia rete di merchandising.

Per quanto riguarda l’approdo di questo marchio sul grande schermo, la Ubisoft – che ha creato un apposito gruppo dedicato per lo sviluppo dei loro prodotti al cinema – ha avviato il progetto nel lontano 2011, quando stipulò un accordo con Sony Pictures. Ma lo sviluppo di Assassin’s Creed – Il film è stato piuttosto travagliato, ha visto l’alternanza di diversi Studios nel processo produttivo/distributivo e ben tre diverse riscritture dello script, fino all’effettiva partenza della produzione nel 2015 grazie all’accordo di Ubisoft con New Regency e 20th Century Fox. Unico punto saldo di Assassin’s Creed – Il film fin dall’inizio è stato Michael Fassbender, attore scelto per dare volto e corpo al protagonista della storia e, in seguito, entrato in partecipazione produttiva al film.

Fermo restando che portare al cinema un videogioco di successo è sempre molto complicato, sia a livello creativo che produttivo (basti pensare al perché non sono ancora arrivati i film di Metal Gear Solid e Uncharted, malgrado siano stati annunciati da molto tempo), con Assassin’s Creed sono riusciti a fare una serie di errori clamorosi, soprattutto se consideriamo che la casa di sviluppo del videogame ha avuto un ruolo principale eppure il film riesce a tradire in maniera così clamorosa il gioco.

Assassin’s Creed – Il film non traspone fedelmente nessun capitolo della saga videoludica, ma crea una storia tutta nuova che si inserisce però nell’universo creato per i videogame. Seguiamo la vicenda di Callum Lynch, accusato d’omicidio e condannato a morte. Nel momento dell’esecuzione, però, l’uomo viene segretamente salvato e trasferito nei laboratori della Abstergo Industries, una multinazionale tecno-farmaceutica che ha sviluppato una tecnica avveniristica per collegare la mente di un essere umano con quella di un suo avo, vissuto anche in epoche molto lontane. Grazie al macchinario chiamato Animus, la dottoressa Sophia Rikkin tenta di mettere in contatto Callum con il suo antenato Aguilar de Nerha, vissuto nella Spagna del XV Secolo, allo scopo di ritrovare un manufatto dalla grande importanza per il destino dell’umanità. Ma Aguilar faceva parte di un Ordine segreto denominato Assassini, un Ordine che ancora oggi è sopravvissuto ed è sempre stato in guerra con quello dei Templari.

La sinossi fa ben sperare perché è un’onesta dichiarazione d’intenti: prendere le caratteristiche narrative del videogame e rielaborarle alle esigenze cinematografiche con una trama più articolata e una maggiore articolazione dei personaggi. Fallimento. Le intenzioni non corrispondono all’effettivo risultato.

Il maggior problema di Assassin’s Creed risiede nella sua mancanza di personalità che lo rende un ibrido che difficilmente accoglierà il favore dei numerosi fan del videogame e, ancor più difficilmente, lo potrà rendere accattivante a un pubblico più generalista. Questo accade perché Assassin’s Creed non riesce a restituire le atmosfere e le peculiarità che hanno reso unica la saga dei videogiochi, andando a modificare elementi che non avevano alcun bisogno di essere cambiati e, soprattutto, ignorando le potenzialità che il prodotto ha sempre avuto.

Innanzitutto, la voglia di rendere più “cinematografica” la storia ha avuto un effetto controproducente sul film nel suo complesso: trasformare il protagonista nel classico “Gary Stu”, ovvero un personaggio con passato tragico (e con tanto di rapporto edipico con il padre), ricco di pregi nascosti e nelle cui mani sono racchiuse le sorti dell’umanità davvero non si addice ad Assassin’s Creed, dove quello che in teoria dovrebbe interessarci maggiormente non è il personaggio del presente, ma quello del passato. Allo stesso tempo, l’idea di far ruotare tutta la storia attorno a un fantomatico manufatto mistico con lo scopo di creare un intrigo alla Dan Brown, è una scelta molto infelice: la ricerca della Mela dell’Eden non solo non trova un adeguato sviluppo capace di rendere “comprensibile” il suo effetto e i suoi poteri, ma va anche a sottrarre tempo e attenzione da quella che è la storyline principale del film. Il risultato è tanta superficialità, una generale confusione narrativa e una sotto trama fatta di intrighi fanta-tecno-politico-mistici davvero mal gestita.

Anche l’idea di modificare radicalmente la forma, la funzione e l’utilizzo dell’Animus non appare così riuscita come forse sarebbe dovuta essere nelle intenzioni degli sceneggiatori. Il lettino che i videogiocatori conoscono, è qui sostituito da un braccio meccanico che aggancia Callum e lo fa fluttuare: quello che il soggetto vive nella sua mente, si ripercuote fisicamente anche nella realtà (se Aguilar da un pugno, Callum da un pugno, se Aguilar salta, Callum salta…) e, soprattutto, quello che il soggetto vede è magicamente proiettato anche nella realtà, con tanto di pubblico che assiste alle azioni di Aguilar. Questa cosa, oltre a non avere una spiegazione logico/scientifica (Assassin’s Creed, seppur ricorrendo alla fantascienza, c’ha sempre provato) genera ulteriore confusione, andando a complicare inutilmente una storia che già di suo tende a un sovraffollamento di informazioni.

Cosa appassiona di nel giocare ad Assassin’s Creed? Domanda retorica, ovviamente, perché quello che più piace è sicuramente l’azione forsennata unita alle dinamica da stealth: saltare di edificio in edificio cercando di non essere scoperti o sfuggendo ad inseguitori, oppure organizzare l’omicidio perfetto grazie all’utilizzo della lama nascosta nelle polsiere. Invece, inspiegabilmente, il film di Assassin’s Creed rinuncia quasi del tutto all’azione e per ¾ della sua durata si ambienta nel presente, per di più in location interne, nei laboratori/prigioni della Abstergo. Dimenticate le ambientazioni nel passato, i salti tra gli edifici, gli inseguimenti, i combattimenti spettacolari… tutto ciò è relegato a circa 10-15 minuti, a cui, almeno, è unito il caratteristico “Salto della Fede”. Una scelta suicida abbastanza inspiegabile (o meglio, l’unica spiegazione si può cercare nei limiti di budget) che irrimediabilmente si rifletterà sull’accoglienza del film da parte dei fan.

Inoltre, se Assassin’s Creed fallisce la sua deriva fan-service, risulta davvero insufficiente anche come normalissimo dramma fanta-avventuroso. La confusione generale rende poco fruibile la storia, che a tratti si riesce a comprendere nella sua interezza paradossalmente solo se già si conosce il videogame, visto che alcuni dettagli riguardo l’Animus e il suo utilizzo non vengono ben spiegati. Il ritmo è abbastanza altalenante, con cadute nella noia soprattutto nella prima metà del film, e una caratterizzazione comunque risibile per gran parte dei personaggi di contorno: degli altri ospiti dell’Abstergo praticamente non è dato sapere, anche se si percepisce che hanno una certa importanza per il passato e, soprattutto, il futuro del franchise; i proprietari delle Abstergo Industries, interpretati da Jeremy Irons e Marion Cotillard, sono appena abbozzati (Irons) o del tutto incoerenti (Cotillard). Poi c’è Callum/Aguilar interpretato da Michael Fassbender… e bisogna dire che l’utilizzo di un attore di così gran carisma e bravura non influisce minimamente sulla riuscita del personaggio, costantemente sottotono e dalla storia personale risaputa e poco coinvolgente.

A tratti, Assassin’s Creed ha qualche guizzo visivo, soprattutto in quei pochi momenti ambientati nel passato, e questo si deve al regista Justin Kurzel che aveva già diretto Fassbender e la Cotillard in Macbeth, dotato indubbiamente di un buon gusto per l’estetica visiva.

Il finale promette una continuazione e Fassbender ha parlato di una trilogia cinematografica di Assassin’s Creed, ma il film ha già dimostrato nelle prime settimane di botteghino statunitense di non aver raccolto il successo sperato. Questa storia la conosciamo già, è quella della trasposizione cinematografica di ogni videogame, un passaggio che, a quanto pare, non s’ha da fare.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Qualche guizzo visivo.
  • Storia confusionaria.
  • Pessimo adattamento dal videogioco perché non riesce a capire quali erano le potenzialità del videogame.
  • Caratterizzazione superficiale dei personaggi.
  • Cioè, tu mi fai il film di Assassin’s Creed e poi tutto il tempo stai tra quattro mura a parlare? Ma i salti, il parkour e i combattimenti???
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