Belli di papà, la recensione

Vincenzo è un imprenditore milanese di successo. Vedovo da anni e rimasto improvvisamente solo, deve badare come può ai suoi tre figli ventenni, Matteo, Chiara e Andrea. I tre ragazzi sono abituati a vivere una vita piena di agi e comfort ma assolutamente priva di responsabilità. Per cercare di rimettere i tre figli sulla retta via, con l’aiuto del suo fidato socio d’affari Giovanni, Vincenzo organizza un’enorme messinscena con la quale fa credere ai suoi tre figli che la sua azienda sta clamorosamente fallendo per bancarotta fraudolenta. Padre e figli, perciò, costretti ad un’improvvisa fuga da veri latitanti trovano rifugio in una vecchia e malconcia casa di famiglia in Puglia. Senza un soldo in tasca e costretti in una casa che cade a pezzi, per sopravvivere i tre ragazzi dovranno iniziare a fare una cosa mai fatta prima: lavorare.

Il cinema italiano ha un problema. Anzi ne ha tanti, ma questo lo sappiamo già. Restringiamo il discorso e affermiamo che la commedia italiana ha un problema. Anche questo lo sappiamo già, ma vale la pena sottolinearlo ancora una volta.

Oggi più che mai la commedia italiana soffre di una totale mancanza di idee, verve e originalità. Le commedie che ci vengono proposte in sala settimana dopo settimana sono tutte troppo simili fra loro, affrontano sempre i medesimi argomenti e le facce coinvolte sono sempre quelle. Difficile distinguerle anche dal poster, realizzati tutti con la stessa grafica e gli stessi colori. A differenziarle l’una dall’altra rimane la freschezza, perché film dopo film ci troviamo davanti commedie sempre meno ispirate e sempre meno divertenti.

belli di papà 2

Ma il fenomeno si fa ancora più interessante, azzarderei definirlo addirittura apocalittico, se andiamo a notare che con molta frequenza le nostre attuali commedie sono degli improbabili ed inutili remake di film esteri da noi mai arrivati o arrivati del tutto in sordina. Era successo con l’esordio alla regia di Paolo Ruffini, Fuga di cervelli, remake dello spagnolo Fuga de cerebros, con il film che vedeva protagonisti il duo Luca e Paolo, Un fidanzato per mia moglie, remake dell’argentino Un novio para mi mujer, persino con l’ultimo film dell’Archibugi, Il nome del figlio, che era un remake del francese Le prénom. Adesso alla lista se ne aggiunge un altro, Belli di papà, remake del film messicano campione d’incassi Nostros los nobles, diretto da Gary Alazraki. Prodotto da Maurizio Totti e Alessandro Usai per la Colorado Film, Belli di papà è una commedia senza infamia e senza lode che pone al centro del dibattito due generazioni a confronto, quella dei padri e quella dei figli. Un film corale in cui non si intende prendere la parte di nessuna categoria, nessun privilegio per la figura paterna così come non ci sono le solite critiche al mondo dei più giovani; tra battute e situazioni spesso paradossali, il film intende ricordarci quanto è difficile essere un genitore modello così come è altrettanto complicato essere un figlio all’altezza delle aspettative genitoriali. Una commedia che vorrebbe esimersi da qualunque moralismo risaputo ma che finisce immancabilmente per cadere nella più vecchia tra tutte le morali, ossia che le colpe dei padri finiscono sempre – in un modo o nell’altro – per ricadere sui figli.

belli di papà 1

Al timone di questo progetto troviamo un nome insolito per il genere, Guido Chiesa, regista per lo più coinvolto in operazioni impegnate come documentari o film drammatici (possiamo ricordare Il partigiano Johnny o Lavorare con lentezza) e qui alla sua prima esperienza con una commedia. Chiesa, che aveva già collaborato con la Colorado Film nella serie tv Quo vadis baby?, rielabora il film d’ispirazione adattandolo alle esigenze del mercato italiano, cosicché viene a cadere la componente melodrammatica del film messicano in favore dei toni freschi e brillanti tipici della commedia, così come decide di modificare la logica della fuga dei quattro protagonisti: nel film originale c’era uno spostamento dal centro della città alla periferia, mentre in questo remake ci si sposta dal nord Italia al sud.

Tecnicamente parlando, però, Chiesa appare molto poco ispirato e dirige un film molto convenzionale nella confezione e senza nessuna particolare idea di regia (c’era da aspettarselo da lui, che ha sempre “giocato” a fare l’autore). Piuttosto, cosa comune a molte commedie di oggi, si sceglie la strada “facile” di affidarsi alla forte personalità degli attori e questa volta la scelta premia dal momento che il cast rappresenta uno degli aspetti più interessanti del film.

belli di papà 3

Protagonista della vicenda è Diego Abatantuono che, dopo un numero in quantificabile di film inconsistenti che lo hanno visto coinvolto in ruoli secondari di dubbio spessore, torna in splendida forma ad interpretare un ruolo rilevante e meritevole della sua carriera passata. Ad affiancarlo in quest’avventura e a reggergli la parte ci sono tre giovani attori con ancora poca esperienza ma indubbiamente di talento. Nei panni dei tre figli Matteo, Chiara e Andrea troviamo rispettivamente Andrea Pisani (già visto nel “ruffiano” Fuga di cervelli), Matilde Gioli (Il capitale umano) e Francesco Di Raimondo, tre ragazzi che dimostrano di conoscere molto bene i tempi comici e capaci di donare il giusto carisma a tre personaggi che potevano sconfinare nella macchietta con molta facilità. A completare il cast due attori ormai veterani della commedia, Antonio Catania e Barbara Tabita, così come showman Francesco Facchinetti che, dopo averle tentate tutte nel campo dello spettacolo (da cantante a conduttore), tenta anche la strada del cinema interpretando quello che potrebbe essere considerato il villan del film.

belli di papà 4

Belli di papà non è certo la commedia che fa eccezione, così come non è una commedia capace di dare nuova linfa ad un genere che si sta spegnendo poco a poco. Sicuramente, però, è un film gradevole che riesce a farsi seguire dall’inizio alla fine regalando – di tanto in tanto – anche qualche piacevole risata. Non mancano le ingenuità e diverse situazioni già viste, come i soliti stereotipi pronti a sottolineare le differenze fra l’industrioso nord e la disorganizzazione del sud Italia, ma nel complesso rimane una pellicola genuina che sa intrattenere senza pretendere nulla di più.

Giuliano Giacomelli

Pro Contro
  • Dopo anni, Diego Abatantuono torna finalmente a fare la differenza all’interno di un film.
  • I tre giovani protagonisti funzionano molto bene, così come funziona anche Facchinetti.
  • Una commedia semplice, senza pretese, in grado di regalare più di qualche sorriso.
  • Piacevole si, ma incapace di lasciare il segno a fine visone.
  • Situazioni spesso già viste, come gli ormai insopportabili cliché tra nord e sud Italia.
VN:R_N [1.9.22_1171]
Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
VN:F [1.9.22_1171]
Valutazione: 0 (da 0 voti)
Belli di papà, la recensione, 6.0 out of 10 based on 1 rating

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.