Biografilm 2017: Io danzerò, la recensione

La prima volta che la incontriamo Loïe Fuller è stremata, inerme, avvolta in un fascio di teli bianchi. Pensando alla leggiadra figura che è destinata a diventare risulta quasi banale ricondurre questo primo fugace incontro al bozzolo da cui è destinata a uscire. Seconda metà dell’800. Louise cresce insieme al padre in una tipica fattoria del nord America. Boschi, praterie e bestiame fanno parte della sua quotidianità, ma Louise sente di desiderare qualcosa di più, coltivando fin da giovanissima la passione per danza e teatro. Alla morte del padre decide di raggiungere la madre a Brooklyn, tentando di iniziare quella carriera artistica che la porterà a diventare, grazie alla sua Serpentine dance, una delle pioniere del balletto moderno.

Assecondando coraggiosamente la sua passione teatrale, Loïe (questo il nome da artista che sceglie) non solo scopre un modo del tutto nuovo per esprimere la sua personalità, ma combatte strenuamente per esso rivendicando in maniera decisamente moderna la proprietà intellettuale della sua creazione. Loïe non è solo una ballerina, o un’artista. Grazie alla pistola che si ostina a tenere sotto il cuscino in ogni trasferta, ci ricordiamo dello spirito da cowboy con cui ha reagito alla morte del padre, fuggendo di casa per cercare miglior fortuna. Ma è anche una guerriera, una che non molla e pur di raggiungere l’obiettivo è pronta a dare tutta se stessa. Pronta a correre in mezzo al fango sotto la pioggia battente, a immergersi in vasche di ghiaccio alla stregua di un lottatore di boxe per alleviare gli infiniti dolori che provoca il coraggio di essere ciò che desidera essere.

Proprio a causa della grande rilevanza che ha avuto questa iconica figura, così lontana temporalmente ma così vicina a noi nei modi di affrontare sfide e difficoltà quotidiane, il modo in cui viene raccontata la sua storia su grande schermo lascia un certo senso di delusione. A una prima parte che frammenta eccessivamente la narrazione dei fatti, senza riuscire davvero ad avvicinarci emotivamente alla protagonista, segue un secondo tempo che viceversa ristagna in un racconto più intimo, che cerca faticosamente di far coesistere sentimenti contrastanti, atmosfere eteree ed estenuanti dolori fisici. Una pesantezza che fortunatamente viene alleviata del tutto quasi per magia nei momenti in cui Loïe veste il suo lungo mantello e inizia a muoversi, a danzare, spensierata, compiuta, viva.

Avvolta da leggeri veli bianchi, illuminata da caleidoscopici fasci di luce, quella misteriosa figura danzante diventa mare in tempesta, turbine dirompente, vampata di fiamme indomabili. Quelle ancestrali sensazioni da cui il pubblico di fine ‘800 doveva essere stato così tanto affascinato sono replicate e tradotte nella contemporaneità, risultando a tutti gli effetti la parte più riuscita della pellicola. Ogni performance proiettata su schermo è una gioia per gli occhi e per tutta la sua durata ha il potere, solo con un telo bianco, qualche luce colorata e un semplice accompagnamento musicale, di proiettarci in un piano altro, tanto potente quanto rasserenante. Lode a Soko (qui al suo debutto come protagonista) per essere entrata a tal punto nel personaggio da diventare a tutti gli effetti la Loïe Fuller di questo secolo, rifiutandosi di lasciare a una controfigura la parte più potente ed emozionante, seppur minima rispetto al resto, di tutto il film.

Io danzerò (in originale La danseuse) uscirà in Italia giovedì 15 giugno distribuito da I Wonder Pictures. Nel cast troviamo anche Gaspard Ulliel (visto pochi mesi fa come protagonista di È solo la fine del mondo di Xavier Dolan), Melanie Thierry e Lily-Rose Depp (giovane attrice figlia di Johnny Depp). A dirigere la pellicola è Stéphanie di Giusto, fotografa e art director francese al debutto come regista cinematografica.

Matteo Pioppi

PRO CONTRO
Protagonista azzeccata. Un volto unico, nuovo e inusuale per un personaggio che meritava questo tipo di trattamento. Fotografia, costumi e scenografie ad alti livelli. Una scansione troppo netta e frammentata degli avvenimenti della prima parte non permette il coinvolgimento emotivo necessario per apprezzare al meglio la seconda.
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