Black Adam, la recensione

Cosa sta succedendo nel DC Extended Universe? Una domanda lecita, visto che negli ultimi mesi la confusione ha dettato legge tra il cambio di assetto societario alla Warner Bros. con conseguente cancellazione di progetti annunciati (Zatanna) e perfino ultimati (Batgirl), consistenti posticipi (Shazam!: Fury of the Gods e Aquaman and the Lost Kingdom), progetti “pending” fortunatamente confermati (The Flash e Blue Beetle), altri che seguono una strada indipendente (The Batman 2 e Joker 2) e l’annuncio di grandi ritorni (Man of Steel 2). Nel mezzo di una situazione così disorientate, però, c’è sempre stata una certezza che risponde al nome di Black Adam, origin story del personaggio creato nel lontano 1945 per la Fawcett Comics (poi acquisito da DC Comics) affidata al mestiere di Jaume Collet-Serra, regista di La maschera di cera, Orphan, Paradise Beach, e al carisma di Dwayne Johnson.

Cinquemila anni fa, nel Kahndaq, uno schiavo di nome Teth-Adam ha ricevuto incredibili poteri che lo hanno trasformato in un dio e con i quali ha potuto sconfiggere il tirannico sovrano liberando il popolo dall’oppressione. Nel presente, il Kahndaq è sotto il dominio della potenza militare Intergang e la ribelle Adrianna Tomaz, aiutata da suo fratello Karim, si mette alla ricerca di un’antica reliquia, la corona di Sabbac, forgiata con il prezioso minerale Eternium, che la leggenda dice possa conferire incredibili poteri a chi la possiede; Adrianna vuole trovarla proprio per impedire che possa entrare in possesso dei leader dell’Intergang. Giunta nelle rovine dell’antica Kahndaq non senza attirare gli agenti dell’Intergang, la donna trova la corona e sveglia accidentalmente dal suo sonno millenario proprio Teth-Adam che non si fa problemi a sterminare tutti i soldati prima di essere atterrato da un missile contenente dell’Eternium, per lui letale. Adrianna porta Teth-Adam a casa sua per curarlo, ma non immagina che il Campione di Kahndaq non è esattamente quello che le leggende hanno tramandato. Per questo motivo, Amanda Waller manda a Kahndaq la Justice Society of America, composta da Hawkman, Dr. Fate, Cyclone e Atom Smasher, per fermare e catturare una volta per tutte Teth-Adam.

Nato come villain di Capitan Marvel, ovvero la prima incarnazione di Shazam, Black Adam è uno dei personaggi più atipici della DC Comics perché da cattivo a tuttotondo progressivamente acquisisce uno spessore che lo porta a trasformarsi in un anti-eroe a tutti gli effetti; quindi mosso da ragioni specifiche e in diverse circostanze nella fazione dei “buoni”, ma pur sempre un personaggio borderline che non segue le canoniche regole del supereroe. Reintrodotto più di una volta nel corso narrativo fumettistico, il Black Adam di Jaume Collet-Serra e Dwayne Johnson si ispira fondamentalmente alla versione New 52 del personaggio, ovvero quella più recente ideata da Geoff Johns e Gary Frank (con le dovute variazioni da adattamento cinematografico) che comprende anche la presenza della Justice Society of America, con la quale Black Adam ha collaborato saltuariamente sui fumetti.

Insomma, il piatto è sufficientemente ricco per dar vita a un blockbuster superoistico che possa differenziarsi dalla massa. E Jaume Collet-Serra con i suoi sceneggiatori Rory Haines, Sohrab Noshirvani e Adam Sztykiel cosa fanno? Nulla di nuovo, fondamentalmente, ma si ricollegano direttamente alle origini del DCEU con toni più cupi e violenti, una storia larger-than-life che cavalca i secoli, conflitti morali e una prosa epica che tra un Wonder Woman 1984 e un Birds of Prey ci eravamo quasi dimenticati.

Black Adam, in un certo senso, è il film della DC che si ricollega idealmente al tanto chiacchierato “Snyderverse” sia per un paio di piccole connessioni narrative che vi lasciamo scoprire, sia per un tono generale che richiama proprio i tre film di Zack Snyder nonché un legame stilistico dato da poderose scene action in slow-motion (adeguatamente sottolineate da un accompagnamento musicale celebre) e una fotografia virata in seppia o ocra, in base alle occorrenze.

Allo stesso tempo, però, Black Adam è leggero, in alcune trovate anche brillante, concedendo ampissimo spazio all’azione spettacolare e intervallando – senza danni – con momenti ironici che riguardano tanto le interazioni tra i membri della Justice Society of America quanto la monolitica performance dello stesso Dwayne Johnson. Per certi versi, il rapporto che si viene a creare fin da subito tra Amon, il figlio adolescente di Adrianna, e Teth-Adam ricorda moltissimo quello tra John Connor e il T-800 in Terminator 2 – Il giorno del giudizio a cui aggiungiamo facilmente la stessa Adrianna di Sarah Shahi come equivalente di una Sarah Connor meno mascolina.

Se Dwayne Johnson di solito è un protagonista tanto ingombrante in quanto a catalizzatore di interesse e monopolizzatore di attenzione, in questo film il buon The Rock riesce a ritagliarsi il ruolo principale senza fagocitare essenzialmente il resto del cast. Lui funziona perfettamente come Black Adam, ovviamente edulcorato dalla carica negativa che il personaggio si trascina nei fumetti ma comunque abbastanza fedele nello spirito da anti-eroe che agisce per egoismo e odio piuttosto che per il bene della società.

Però è molto funzionale anche la Justice Society of America, soprattutto nei suoi due membri portanti e adulti, ovvero il Dr. Fate di Pierce Brosnan, che probabilmente rimarrà nel cuore della maggior parte degli spettatori, e Hawkman di Aldis Hodge, leader tanto rispettoso delle regole quanto irruento. Hanno meno spazio e di conseguenza colpiscono meno Cyclone (Quintessa Swindell) e Atom Smasher (Noah Centineo), entrambi seconda generazione di supereroi, Al Rothstein/Atom Smasher II in particolarmente mostrato in ansia da prestazione per il ruolo ereditato dal supereroe originale, che vediamo anche in un cammeo con il volto di un noto attore (e qui l’ombra del marveliano Ant-Man si fa ingombrante). Va anche detto, però, che il modo in cui il film introduce in medias res la Justice Society of America potrebbe creare un po’ di difficoltà nello spettatore che non conosce già (dai fumetti) questi personaggi, compiendo quell’errore che i film DCEU si trascinano da sempre.

Non manca neanche una frecciatina al ruolo che gli Stati Uniti hanno e hanno avuto nella gestione dei conflitti in terra straniera, con il tipico intervento opportunista che qui vede coinvolta la Justice Society of America in Kahndaq come un allegorico riferimento alle forze militari americane in Medio Oriente.

Forte del suo afflato post-moderno da cinecomic tra serio e faceto, che sembra strizzare l’occhio a chi su twitter sostiene l’hashtag #restorethesnyderverse e non vuole innovare nulla, Black Adam porta a casa un risultato più che soddisfacente che piacerà ai fan del fumetto e a chi si stava godendo gli adattamenti da DC Comics così come erano stati pensati prima che la voglia di emulare i Marvel Studios prendesse il sopravvento.

Sembra ormai ridicolo dirlo ma non alzatevi subito dalla poltrona, c’è una scena mid-credits piuttosto esaltante.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Dwayne Johnson e tutto il suo innato carisma.
  • Adatta abbastanza bene il personaggio dei fumetti.
  • Il Dr. Fate di Pierce Brosnan.
  • Riporta il DCEU ai primi film, quando aveva un’identità definita.
  • Se non vi piacevano i primi film del DCEU, quelli di Zack Snyder, per capirci, probabilmente questo vi piacerà anche meno.
  • Di fatto non inventa nulla, anzi catalizza molti pregi e difetti dei film che l’hanno preceduto.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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