Bliss, la recensione

Bliss

Greg Little è un uomo sulla quarantina con un fresco divorzio alle spalle, due figli e un’esistenza grigia monopolizzata da un lavoro noioso. Quando il suo capo lo licenzia subito prima di morire in uno stupido incidente di cui Greg è responsabile, l’uomo cerca di insabbiare goffamente i fatti e, ancora scosso, viene avvicinato in un bar da una donna di nome Isabel che gli rivela che quella che stanno vivendo non è la vita reale ma una simulazione, dandogli subito dimostrazione dei suoi poteri che nella realtà non potrebbero esistere. Confuso e allo stesso tempo affascinato da questa verità, Greg decide di dar retta ad Isabel e scopre che ogni sua certezza è ormai compromessa.

Una stana sensazione di déjà-vu? Non siete i soli perché Bliss, opera terza del talentuoso Mike Cahill, somiglia molto – almeno concettualmente – alla consistente mole di film di fantascienza che sul finire degli anni ’90 ha teorizzato sull’esistenza di diversi piani di realtà, spesso virtuali, descrivendo la vita umana come un inganno o un’illusione. Dark City (1998) di Alex Proyas, Il tredicesimo piano (1999) di Josef Rusnak o il ben più celebre Matrix (1999) delle oggi sorelle Wachowski sono gli esempi più immediati a cui è possibile ricondurre gran parte delle idee e delle suggestioni presenti in Bliss.

Bliss

Mike Cahill, che in curriculum ha già due film di fantascienza emozionale come il bellissimo Another Earth (2011) e I Origins (2014), è abbastanza spudorato nel suo tentativo di far proprie tematiche già espresse altrove e utilizza perfino dei cristalli colorati per far si che Greg e Isabel possano viaggiare tra una realtà e l’altra, proprio come accadeva (lì erano pillole) in Matrix. Insomma, se cercate idee nuove di certo non è Bliss il film dove trovarle anche se, da un certo punto in poi, Cahill percorre una sua personalissima via per sviluppare questi assunti. Dopo una prima parte eccessivamente derivativa, il film si diverte a mescolare le carte a insinuare il tarlo del dubbio nello spettatore e sviluppa un sottotesto morale (e moralistico) attorno al suo concept che pone enfasi sull’avvalorare le piccole cose quotidiane, contrapposto narrativamente all’assunto che il modo migliore per apprezzare il “bello” è sperimentare il “brutto”.

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Quindi ci sono idee in Bliss, ma sono spesso inespresse, o meglio, espresse male. Il tema della dipendenza, che si sviluppa attorno all’utilizzo di cristalli per raggiungere livelli di consapevolezza, è palesemente importante per l’autore ma passa in secondo piano, così come l’espediente tecnologico per creare un contesto distopico è lì, sotto gli occhi di tutti, ma non viene mai davvero approfondito. Quello che davvero interessa a Cahill è il sentimento, così come ha già mostrato nelle sue opere precedenti, veicolato da suggestioni fantascientifiche: ma anche in questo caso il rapporto tra Greg e Isabel è pressoché nullo, mentre l’enfasi è posta tra Greg e sua figlia Emily, ma anche questo arriva troppo tardi per essere il fulcro di tutto.

Insomma, Bliss è tante cose ma allo stesso tempo non è nulla, un film che mette molta carne al fuoco lasciandola sistematicamente bruciare.

Bliss

Owen Wilson, nel ruolo dello smarrito protagonista, se la cava egregiamente nonostante questo tipo di film non sia la sua tazza di tè, ma a rubargli la scena c’è Salma Hayek in un ruolo che sembra scritto per Helena Bonham Carter, sopra le righe ma incredibilmente misurata. Molto brava e dolce Nesta Cooper (vista in 17 anni e come uscirne vivi), che interpreta la figlia apprensiva di Greg.

Bliss non è un cattivo film, ma il costante senso di déjà-vu va ad unirsi, alla fine, a una sensazione di incompletezza, come se quello che abbiamo appena visto non è il film che Mike Cahill aveva in testa.

Bliss è stato distribuito in esclusiva su Amazon Prime Video a partire dal 5 febbraio 2021.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il film ha ritmo e spinge lo spettatore a chiedersi dove si voglia andare a finire.
  • Salma Hayek.
  • È un miscuglio tra déjà-vu e tematiche inespresse.
  • Alla fine si ha la sensazione che nella testa dell’autore il film sarebbe dovuto svilupparsi diversamente.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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