Body Cam, la recensione

Negli ultimi anni il cinema americano si è fatto sempre più impegnato e assiduo portavoce di tematiche politiche e sociali, su tutti la lotta di classe e, ancor più nello specifico, la problematica razziale e la condizione degli afroamericani con la sua drammatica scia di morte e lotte furibonde, volte ad affermare libertà e parità di diritti. Una questione che sul grande schermo ha trovato naturale sbocco in film acclamati da pubblico e critica come Detroit, See You Yesterday e Il coraggio della verità – The Hate U Give – giusto per citare tre titoli noti ai più – nei quali la denuncia sociale diventa quanto mai toccante, dolente e incisiva grazie ad immagini talvolta forti, ma necessarie per recapitare un messaggio diretto ed efficace.

Una corrente che, alimentata dai recenti fatti di cronaca della morte di George Floyd e altri casi simili dovuti alle violenze da parte della polizia, non poteva non varcare i confini del cinema horror, genere da sempre attento alla realtà che lo circonda e pronto ad utilizzare i suoi stilemi per rivolgere feroci critiche alle autorità politiche e istituzionali. È il caso di Body Cam, secondo lungometraggio del regista Malik Vitthal il quale, dopo il drammatico Imperial Dreams, realizza un thriller soprannaturale che brilla per una storia coinvolgente, una sapiente gestione della tensione, atmosfere cupe e marce grazie alle quali il film si erge a piacevole sorpresa di questo anno che volge al termine.

Body Cam

Elementi di qualità e un’attenzione stilistica che concorrono a dare vita ad un film che non solo spaventa a dovere lo spettatore, ma lo conduce anche, come nelle intenzioni di Vitthal, a compiere una riflessione profonda su eventi contemporanei e nervi scoperti del mondo occidentale, pur mantenendo lo spirito e l’identità da film di genere.

Scossa dalla prematura morte del figlio, l’agente di polizia Renee Lomito rientra in servizio dopo un periodo di sospensione, a seguito di un’aggressione perpetrata ai danni di un giovane uomo durante un controllo in strada. Il rientro in squadra, tuttavia, diventa subito drammatico perché un suo collega viene ucciso in circostanze misteriose mentre perquisiva un camioncino sospetto. La poliziotta, determinata a far luce sull’accaduto, inizia a indagare e visionare la bodycam del suo collega, ma ciò che scoprirà sarà sorprendente, oscuro e tutt’altro che piacevole.

Body Cam

La storia di Body Cam ruota attorno ad un demone misterioso, un fantasma legato ad un evento del passato, delittuoso e violento, che torna nel mondo dei vivi per tormentare chi gli ha fatto del male e fare espiare loro le colpe di un peccato terribile e senza perdono. Un intreccio tipico di una ghost story collocata in una magione gotica, come vorrebbe la migliore tradizione del cinema horror, a cui Vitthal, però, decide di conferire un’ambientazione inusuale, ovvero sia le strade buie e malfamate di una qualsiasi metropoli americana alle prese con il problema della criminalità e le discriminazioni sociali e razziali insite nelle periferie. Uno dei principali punti di forza di Body Cam è rappresentato proprio dalle numerose scene di tensione che il regista statunitense riesce a piazzare all’interno di luoghi insoliti, come supermarket, case abbandonate e vicoli anonimi e squallidi. Buona riuscita ottenuta grazie ad una fotografia che privilegia colori cupi e freddi per creare zone d’ombra e avvolte dal mistero; un demone senza volto quasi a voler rappresentare l’universalità della vicenda raccontata nel film e le inquadrature convulse che non danno allo spettatore alcun punto di riferimento su quanto accade in scena.

Body Cam

Le note stonate, tuttavia, non mancano e queste risiedono in uno script che, seppur ben congegnato e in grado di coinvolgere lo spettatore fino a renderlo partecipe delle indagini, palesa qualche battuta a vuoto in una parte centrale fiacca, monocorde e resa piatta dal solito passato tragico della protagonista, interpretata da una brava Mary J Blige. Difetto non di poco conto che rende meno scorrevole la visione, anche se viene parzialmente riscattato da un finale movimentato e con qualche buon colpo di scena.

Body Cam, in conclusione, a conti fatti è un thriller/horror metropolitano di buon livello, più che godibile e ben ancorato alle problematiche contemporanee. Bel lavoro per Malik Vitthal!

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • Le ambientazioni metropolitane funzionano per creare scene di tensione.
  • Una regia sapiente e uno script che sa coinvolgere.
  • Il look del demone ha un significato ben preciso e intelligente.
  • La parte centrale si arrovella su sé stessa e palesa qualche battuta a vuoto.
  • La caratterizzazione della protagonista è fin troppo scolastica e didascalica.
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