Bone Tomahawk, la recensione

La calura, le distanze astrali, i deserti impervi, le gole inquietanti e una mefistofelica tribù di indigeni cannibali sono le caratteristiche preponderanti di Bone Tomahawk di S. Craig Zahler, che si cimenta per la prima volta come regista omaggiando con grande stile il crepuscolare “western classico”.

I protagonisti della pellicola sono lo sceriffo Franklin Hunt (Kurt Russell), l’anziano e logorroico “vice” del vice sceriffo Nick Chicory (Richard Jenkins), l’impavido mandriano Arthur O’Dwyer (Patrick Wilson) e l’imperscrutabile John Brooder (Matthew Fox).

Le vicende si svolgono nella semideserta cittadina americana di Bright Hope, che farà da palcoscenico a una serie di rapimenti per mano di un’atipica e ostile tribù di indiani inclini a pulsioni cannibaliche, le quali rimandano senza mezzi termini alle vecchie pellicole di maestri del calibro di Ruggero Deodato e Sergio Martino.

Lo sceriffo Franklin Hunt (un Kurt Russell senza fronzoli, perfetto nella parte) raduna un gruppo di coraggiosi, composto dal suo vice Chicory, il marito di una delle donne rapite Arthur O’Dwyer e un misterioso pistolero John Brooder, per liberare i suoi concittadini. La missione si rivelerà piena di insidie, il loro pellegrinaggio una punizione divina.

“Chi vivrà vedrà!”

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Catalogare un prodotto come questo non è mai cosa facile.

Per la maggiore siamo in presenza di due generi che si compenetrano. L’esoscheletro è di matrice western, ma il suo cuore pulsante riflette quanto mai uno spirito orrorifico che, con l’incedere dei minuti, manifesta la sua presenza sempre più concretamente.

Il regista S. Craig Zahler ci invita all’ascolto, sensibilizzandoci al rumore crescente di un tanto etereo quanto cadenzato ticchettio, mantenendo tuttavia, un denso e fosco alone di mistero, quasi a farci credere che siamo al cospetto di forze largamente oltre l’umana comprensione. “Che abbia ragione!?”

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Il dramma è il motore principale dell’intera vicenda, la paura e l’impotenza sue complici.

La fisicità prende le veci di unico e sofferto compromesso.

Il tema del viaggio “quello dell’essere umano” è magistralmente trattato. I protagonisti, sono gli sfortunati portavoce di una tanto comune quanto infausta condizione esistenziale. Martiri claudicanti, esseri antropomorfi che camminano tra le gobbe di un titano dormiente, fatto di polvere e ossa, che vagano alla ricerca di una risposta che potrebbe, non arrivare mai.

L’ermetica tribù, primordiale oltre ogni limite, nonostante personifichi il “Male” indiscusso della pellicola, vista da una prospettiva d’insieme, rappresenta forse l’unico “deterrente-anticorpo” che la Madre Terra ha da sfoggiare, contro una sempre più invadente civiltà moderna. Non ci saranno né vincitori né sconfitti. Il bene e il male troveranno come unico punto d’incontro l’stinto di autoconservazione.

“Tutto il resto non conta!”

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Consigliato senza dubbio a tutti coloro che amano il buon vecchio e polveroso western, tuttavia non scordandosi che qui parliamo di un prodotto assai più cupo e grottesco dove l’epicità lascia spazio alla truculenza.

Una fotografia molto particolareggiata fa sembrare l’afoso deserto un umido e freddo limbo, indefinito e assetato. La destrezza con cui il regista e sceneggiatore ha saputo tradurre le immagini cupe e nebulose della pellicola è davvero ammirevole, soprattutto quando parliamo di film che sviluppano trame trite e ritrite.

Un connubio di forma e contenuto perfettamente armonizzato in un racconto che scaccia ogni accenno di epicità, ma che tuttavia, riesce nell’intento di tenere lo spettatore con gli occhi incollati allo schermo fino ai titoli di coda.

                      Filippo Chinellato

PRO  CONTRO
  • Viscerale e di forte impatto visivo.
  • Tensione mai decrescente, anzi.
  • Attori da standing ovation.
  • Epilogo che lascia trasparire una fretta ingiustificata.
  • Se ne vorrebbe ancora.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Bone Tomahawk, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

One Response to Bone Tomahawk, la recensione

  1. Giovanni Berardi ha detto:

    Un film che con qualche accortezza in più sarebbe potuto diventare una piccola perla del genere e non un semplice film che molto probabilmente ci scorderemo in tempi molto brevi se non per qualche piccola trovata interessante.

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