Border – Creature di confine, la recensione

C’è modo e modo di affrontare la tematica fantastica al cinema: i grandi blockbuster sicuramente prediligono un approccio spettacolare secondo il principio johnhammondiano “non si bada a spese”, dando così il più libero sfogo alla fantasia degli autori; ma i piccoli film, che un approccio di questo tipo non se lo possono proprio permettere, hanno invece la possibilità di scegliere una strada più realistica che, se ben sfruttata, può alimentare la fantasia in maniera anche più costruttiva. È un po’ quello che accade in Border – Creature di confine, riuscitissimo fantasy/horror sui generis che esplora la mitologia nordeuropea con il piglio del cinema realistico.

Scritto da John Ajvide Lindqvist come adattamento del suo racconto Gräns, contenuto nell’antologia Let the Old Dreams Die (in Italia Muri di carta, edita da Marsilio), Border – Creature di confine ci immerge nella quotidianità di Tina, che lavora alla dogana di Stoccolma e grazie al suo olfatto incredibilmente sviluppato riesce a smascherare i viaggiatori che trasportano merci illecite, ma anche chi ha qualcosa da nascondere, visto che ha la facoltà di captare perfino le emozioni umane. Un giorno incrocia Vore, un uomo che richiama sospettamente le sue fattezze fisiche grottesche, e manda completamente in tilt il suo sistema percettivo. Da quel momento Tina va in confusione, non fa che pensare a Vore e comincia a mettere in discussione ogni sua certezza, finché incontra di nuovo l’uomo in un parco e lo invita a casa sua, ospite per alcuni giorni, instaurando con lui un ambiguo rapporto. Per Tina si tratterà di una vera e proprio (ri)scoperta della sua identità.

Se con Lasciami entrare, celebre opera di John Ajvide Lindqvist trasposta sul grande schermo da Tomas Alfredson nel 2008, l’autore esplorava il mito del vampiro adattandolo alla società svedese e inquadrandolo da un particolarissimo punto di vista, l’amore/amicizia infantile, con Border – Creature di confine muove in territori simili e allo stesso tempo molto differenti. Qui c’è un’altra creatura mitologica al centro della vicenda – che non vi sveliamo per non rovinarvi la sorpresa – raccontata secondo tutte le peculiarità della leggenda, e anche qui c’è uno strano rapporto uomo/donna, dove i confini della sessualità si confondono, si mescolano, come se il genere in fin dei conti non importasse davvero nulla nell’instaurazione di una relazione d’amore. Solo che qui non si tratta di due bambini, ma adulti, per di più dall’aspetto così grottesco da ricordare il preistorico uomo di Neanderthal.

L’aspetto curioso di questa rappresentazione è l’estrema libertà con cui il regista Ali Abbasi ci mostra la sessualità di questi “diversi”, inquadrandoci Tina come fortemente resistente al sesso (vive con un uomo con cui non vuole far l’amore) e capiremo anche il motivo preciso, ma l’incontro con Vore riesce a sbloccarla e ad esibire la sua sessualità nella maniera più selvaggia, spudorata, liberatoria.

La relazione tra i due protagonisti è sicuramente al centro della vicenda di Border – Creature di confine, ma il film va oltre questo elemento, espandendo narrativamente anche il racconto di Lindqvist: si dipana, infatti, anche una storia thriller legata a un caso di pedofilia a cui Tina è chiamata a collaborare, storyline fondamentale per gli esiti della vicenda generale.

Vincitore del premio Un certain regard al Festival di Cannes 2018, Border – Creature di confine si avvale di un’attenta regia di Ali Abbasi, impegnata a documentare la quotidianità della protagonista e mai parca nell’indugiare sui dettagli più macabri e disgustosi a cui il film, a poco a poco, conduce. Forse proprio l’esperienza di Abbasi con il “genere che va oltre il genere”, già peculiarità del suo precedente Shelley, aiuta l’elemento fantasy a rimanere costante e inserito con intelligenza, senza tralasciare una virata horror nell’ultimo atto che rende quest’opera trascendente a un genere preciso.

Interessantissimo il lavoro dell’attrice Eva Melander (L’ipontista), resa irriconoscibile dal trucco, che lavora di sottrazione sull’interpretazione del suo personaggio e convince anche Eero Milonoff, a cui è chiesto un lavoro più fisico e monoespressivo.

Border – Creature di confine è un film unico, a tratti respingente, nel complesso di un’audacia e una forza espressiva incredibile. Probabilmente non si era mai vista un’opera che lavorasse su determinate tematiche in questo modo e Abbasi c’è riuscito rimanendo sempre credibile.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Rielabora la mitologia nordeuropea con una originalissima normalizzazione che lo rende un’opera unica nel suo genere.
  • Aperto a tante interpretazioni.
  • Incredibilmente coinvolgente.
  • Visto l’afflato grottesco e l’esibizione degli elementi disgustosi, a qualcuno potrebbe risultare poco digeribile. Ma non è detto che questo sia necessariamente un contro.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Border - Creature di confine, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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