Chaos Reigns: Tokyo Vampire Hotel di Sion Sono

Recentemente è approdata su Netflix l’ultima fatica dell’anarchico Sion Sono, autore che viaggia sempre a briglia sciolta nelle sue ossessioni e nei suoi deliri. Ed è strano ritrovare la sua nuova follia su una piattaforma streaming che ha come marchio di fabbrica un mainstream (talvolta anche autoriale) assolutamente fruibile a tutti.

Nel 2017 Amazon Prime, da sempre molto più sfacciato ed “eroico” nella scelta di catalogazione dei suoi contenuti, aveva permesso al regista giapponese di realizzare una miniserie in dieci episodi: Tokyo Vampire Hotel. Gli episodi hanno una durata variabile, e sostanzialmente raccontano lo scontro tra due fazioni di vampiri che si contendono un’umana che sembra avere delle particolari abilità, abilità in grado di spostare gli equilibri della millenaria battaglia. Nello stesso tempo, i vampiri organizzano una sorta di party dove vengono invitati centinaia di ragazzi suddivisi equamente tra uomini e donne; questo perché la fine del mondo sembra oramai imminente e c’è bisogno di riserve di sangue per la sopravvivenza della specie vampira. Solo l’Hotel che dà il titolo all’opera sembra essere immune al bombardamento atomico.

Pur allineandosi con gli stilemi che dominano la serialità televisiva, la miniserie di Sono rappresenta un punto di rottura e distruzione degli stessi stilemi che sposa. In poche parole, è la canonicità televisiva che non può far altro che piegarsi alla poetica caotica del suo autore, e non viceversa. E chi non lo conosce bene si ritrova spaesato, disperso in un magma eterogeneo di immagini pop, effetti digitali al limite del dilettantismo, sangue e gore a profusione, soft porn, patetismo tragicomico, ecc..

Dimenticatevi i cliffhangers alla fine di ogni episodio (ma sarebbe più giusto dire frammento), i colpi di scena ed i plot twist improvvisi: l’opera di Sono ha la compiutezza cinematografica di un lungo film, che non può non riportare alla mente il seminale Twin Peaks – The Return di David Lynch.

Tokyo Vampire Hotel

Di come non sia una serie canonica lo si intuisce già solo dal definitivo scontro finale, che non avviene come sovente accade nell’ultimo episodio: dopo un massacro che non lascia scampo praticamente a nessuno, l’opera qui esplode nel suo stravolgimento seriale più feroce facendo morire, nel giro di mezz’ora, ogni singolo personaggio visto finora sullo schermo e a cui il fruitore medio seriale si era affezionato. Ed entrano in campo nuovi protagonisti mai apparsi prima nella storia, che si mischiano ai sopravvissuti della mattanza andando a creare nuove sottotrame a due episodi dalla fine. Ecco ancora un altro stravolgimento, perché niente finisce e tutto tende a trasformarsi in qualcos’altro.

Tokyo Vampire Hotel

Sion Sono modella la schematicità del prodotto seriale in un fluido in costante riempimento, dove le strade da prendere sono svariate e fondamentalmente infinite. Che è poi il modus operandi di ogni suo singolo film, ma qui ampliato dalle possibilità del minutaggio allargato di cui dispone il modello televisivo.

Con l’entrata in scena di nuovi comprimari, ecco che il registro trash splatter delle prime sei puntate viene meno, andando ad abbracciare una sorta di commedia umana alla fine del mondo. Tra fantasmi, ricordi e flashback di un mondo perduto o forse no, la narrazione di Sono giunge al termine quasi in modo brusco e senza che effettivamente ci siano risposte chiarificatrici. Il colpo di grazia finale alla serialità canonica.

Tokyo Vampire Hotel

È probabilmente uno dei prodotti più interessanti e spiazzanti che la modernità televisiva ci possa offrire, e meriterebbe la visione solo per questo. Evitate come la peste la versione cinematografica della durata di due ore e mezza. È un bignami inutile della miniserie, sicuramente imposto dal produttore per permettere l’uscita in sala.

Disponibile su Amazon Prime Video con sottotitoli in inglese.

Stefano Tibaldi

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