Chi è senza colpa, la recensione

Presentato fuori concorso al Torino Film Festival, The Drop, che in Italia è diventato Chi è senza colpa, è l’opera seconda del regista fiammingo Mikaël R. Roskam, nominato agli Oscar 2012 nella categoria “miglior film straniero” con Bullhead, film che in Italia non è mai uscito.

Chi ha amato Mystic River e Shutter Island noterà subito che il film è tratto da un romanzo di Denis Lehane, lo stesso autore che ha ispirato i film di Eastwood e Scorsese, già a partire dall’atmosfera cupa e dall’ambientazione fortemente metropolitana.

Bob Saginowski è un bonaccione grosso e ingenuo dal passato oscuro che si imbatte in Nadia, complice un cucciolo di pitbull. Bob è però schiacciato dalle forze criminali che governano la metropoli e il bar che gestisce col cugino Marv è spesso teatro di queste forze, il tipico bar americano da rissa. Nadia, dal canto suo, deve sfuggire ad un ex possessivo e balordo, Eric, che rivendica diritti anche sul cucciolo di pitbull trovato da Bob, che diventerà oggetto di una strana e sanguinosa disputa tra i due uomini, in cui ovviamente entra in gioco anche Nadia.

Tre attori impeccabili in un film che non ha particolari ambizioni, se non quello di essere – perlomeno – un “buon film”: Tom Hardy, l’ex Bane di Nolan, l’ormai lanciatissima attrice svedese Noomi Rapace e il belga Matthias Schoenarts, attore-feticcio di Roskam e già visto in Un sapore di ruggine e ossa.

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Anche la regia è buona, fin qui nulla da eccepire. Per essere un film palesemente da box-office, è fatto più che bene. Quello che non convince è proprio il plot, che spesso irrompe con dei colpi di scena pure troppo assurdi per essere credibili. Anche il personaggio di Bob ad un certo punto subisce un cambiamento così improvviso e assurdo, un cambiamento che spiazza lo spettatore, mettendolo di fronte ad una serie di interrogativi imprevisti. Le carte in tavola cambiano, ma il plot perde credibilità. Anche l’eccessiva focalizzazione sulla contesa del cane pare alquanto assurda e incredibile, soprattutto perché a lungo risultano poco chiare le intenzioni dei due personaggi. Ma c’è di più: la regia ad un certo punto perde il controllo sul plot, risultando improvvisamente fuori luogo e ingiustificata, facendo ripensare a quello che fino a quel momento credevamo fosse adeguato. Per quanto sia un’opera minore rispetto ai già citati esempi tratti da Lehane, il confronto è comunque inevitabile: questo film risente troppo di una disaffinità tra regia e opera originale, seppur in alcuni stralci di film che finiscono però per avere il loro peso.

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Sicuramente lo ricorderemo per l’ultima performance dell’attore James Gandolfini, forse noto più negli USA che in Italia, nel ruolo di Marv, il cugino e socio di Bob.

La sceneggiatura ha inoltre ricevuto un premio, in parte anche meritato, al Festival di San Sebastián.

 Claudio Rugiero

PRO CONTRO
  • Tre ottime prove attoriali
  • Interessante rappresentazione del potere della criminalità americana
  • Narrazione semplice da seguire

 

  • Plot con dei punti incredibili e assurdi
  • Poche ambizioni
  • Regia in alcune situazioni poco adeguata

 

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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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