Dolemite Is My Name: la nascita di Dolemite e il ritorno di Eddie Murphy

Uno dei lati positivi dei “disprezzatissimi” b-movies è sempre stato quello di dare voce a un target preciso di persone, cosicché al giorno d’oggi alcune delle pellicole all’epoca più demonizzate dai critici cinematografici sono diventate un vero e proprio “must” sia per gli studiosi di sottoculture che per i cinefili più esperti; quindi, mentre nell’Italia degli anni ’70 i benpensanti scagliavano anatemi sugli spaghetti western e sulle commedie sexy con Alvaro Vitali ed Edwige Fennech, in America spopolava il genere della blaxploitation, la cui punta di diamante fu Dolemite, del 1975.

Il film fu ideato e interpretato dall’ecclettico Rudy Ray Moore (The Human Tornado, Disco Godfather, Murder Was the Case: The Movie) con la regia di D’Urville Martin (Disco 9000) e la sceneggiatura di Jerry Jones.

Il protagonista Dolemite è un guazzabuglio di stereotipi sugli afroamericani – tanto quanto il genere della pellicola è un cocktail di crime, action e comedy – nonché un antesignano della musica rap, di cui è considerato “il padrino”; dal punto di vista cinematografico potrebbe essere accostato a un Christian De Sica in salsa gangster.

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Netflix ha permesso che anche il resto del mondo potesse venire a conoscenza di Dolemite grazie a un eccezionale biopic diretto da Craig Brewer (Hustle & Flow, Footlose), scritto da Scott Alexander e Larry Karaszewski (Ed Wood, Man of the Moon, American Crime Story) e interpretato da un meraviglioso Eddie Murphy.

Dolemite Is My Name, uscito il 25 ottobre, è la storia vera dello stesso Rudy Ray Moore che iniziò la sua carriera di cabarettista nei pub di Los Angeles, riadattando storielle e barzellette già conosciute su un mitico pappone di nome Dolemite, da ciò il successo lo portò a incidere dei dischi comici e in seguito a tentare la strada del cinema con la realizzazione del futuro cult omonimo.

Lo spettatore più inesperto potrebbe anche pensare che Dolemite sia un personaggio inventato – se non fosse per alcune scene tratte dalla pellicola originale che si vedono nei titoli di coda – e comunque si godrebbe il meraviglioso affresco degli anni ’70 che il film offre: il brioso Rudy nei suoi sgargianti abiti da magnaccia si muove nella Los Angeles dei fatiscenti alberghi divenuti luoghi di spaccio, vicoli con barboni che cantano in rima, night club esclusivi e affollati negozi di dischi.

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Il dovizioso lavoro della costumista premio Oscar Ruth E. Carter (Black Panther, Malcolm X, Amistad) ottimizza le carismatiche interpretazioni del cast tanto quanto i dialoghi frizzanti dagli epiteti vivaci.

La sorprendente somiglianza tra la storia personale di Moore e quella di Murphy potrebbe indurre gli spettatori più inesperti a pensare che il ruolo del creatore di Dolemite sia stato un po’ troppo “cucito addosso” all’icona comica degli anni ’80 e che sarebbe stata inimmaginabile una pessima interpretazione ma un occhio più “clinico” non può certo non notare tutto lo studio dietro la costruzione del personaggio.

Murphy, oltre a un camaleontico repertorio di ruoli comici, aveva già dato prova di doti drammatiche in Dreamgirls ed è arrivato il momento che regali ai suoi fans più fedeli la gioia di poter condividere un idolo con la critica professionista, come è opportuno che le nuove generazioni Netflix-addicted possano conoscere per la prima volta l’estro creativo di colui che ha ispirato intere generazioni di cabarettisti.

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In tutto il cast c’è una chimica esplosiva: Tituss Burgess (Unbreakable Kimmy Schmidt) ha abbandonato le istrioniche movenze di Tituss Andromedon per portare sullo schermo l’imbranato commesso del negozio di dischi Theodore, Snoop Dogg impersona un austero dj e un Wesley Snipes (Jungle Fever, Blade,Mercenari 3) da Oscar dà corpo un ambiguissimo D’Urville Martin.

Dopo The Disaster Artist  si è forse aperto un nuovo filone di pellicole di qualità che raccontano il grande sogno americano di improbabili icone trash, oppure il pubblico vuole sentirsi dire che ogni tipo di progetto può passare alla storia, fatto sta che Dolemite Is My Name è davvero una perla nella collana di film da Oscar a cui Netflix sta lavorando e se continuerà davvero così forse lo streaming a pagamento potrà davvero portare il Grande Cinema nelle case di tutto il mondo.

Ilaria Condemi de Felice

PRO CONTRO
  • Cast eccellente.
  • Eddie Murphy superbo.
  • Colonna sonora irresistibile.
  • Turpiloquio ripetitivo.
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Valutazione: 9.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Dolemite Is My Name: la nascita di Dolemite e il ritorno di Eddie Murphy, 9.0 out of 10 based on 1 rating

2 Responses to Dolemite Is My Name: la nascita di Dolemite e il ritorno di Eddie Murphy

  1. Giacomo ha detto:

    Sociologicamente esatto ed esteticamente entusiasmante il film da una scossa alle tante promesse non mantenute da Netflix e racconta il modo di vivere di chi fa della negritudine e del mito delle opportunità il proprio trampolino per il tuffo nel magico mondo del cinema.

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  2. Riccardo Frisolone ha detto:

    Ho adorato i singoli attori… Il quasi irriconoscibile eddy Murphy e il mostro sacro Wesley snipes senza pudore!!!

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