Ero in guerra ma non lo sapevo, la recensione

Nel 1977 usciva al cinema Un borghese piccolo piccolo, un vero capolavoro diretto da Mario Monicelli e ispirato all’omonimo romanzo di Vincenzo Cerami. Nel 1979 la stampa portò in primo piano il caso di Pierluigi Torregiani, gioielliere milanese finito bersaglio dei terroristi per aver reagito a una rapina e messo sotto scorta. Seppur una di finzione e l’altra reale, le due vicende hanno dei punti in comune che vedono innanzitutto un uomo qualsiasi, un onesto lavoratore, reagire agli infami crimini di una determinata fazione terroristica che ha infiammato le colonne di cronaca degli Anni di Piombo. La vicenda di Torregiani è diventata ora un film, Ero in guerra ma non lo sapevo, prodotto da Eliseo Entertainment di Luca Barbareschi, diretto da Fabio Resinaro e interpretato da Francesco Montanari.

Siamo nel gennaio del 1979 a Milano. Il gioielliere Pierluigi Torregiani, marito e padre di tre figli, si trova in un momento decisamente favorevole al suo lavoro perché il successo come venditore sulle tv commerciali gli sta dando la possibilità di aprire anche un secondo negozio in città. Una sera, dopo l’ennesimo programma di vendita in tv, dove ha fatto esordire anche sua figlia, va a cena in un ristorante insieme alla ragazza e ai suoi colleghi ma nel locale irrompono degli uomini armati: si tratta di una rapina e gli esecutori sono alcuni esponenti di un’organizzazione armata di sinistra. Notando la resistenza di Torregiani a consegnare i suoi averi, uno dei rapinatori punta la pistola alla testa della figlia e l’uomo reagisce tentando di disarmare il malvivente, che rimane ucciso nella colluttazione ma non per mano di Torregiani. All’indomani, il gioielliere vede la sua faccia su tutti i giornali e viene bollato come “giustiziere borghese e fascista”, finendo in men che non si dica nelle mire dei Proletari Armati per il Comunismo.

ero in guerra ma non lo sapevo

Tratto dall’omonimo libro autobiografico di Alberto Torregiani, scritto a quattro mani con Stefano Rabozzi, Ero in guerra ma non lo sapevo sembra voler evocare atmosfere e tematiche di certo cinema poliziesco/civile degli anni ’70, ma sembra anche averne timore rifugiandosi nella comfort zone della biografia da fiction televisiva.

La prima cosa che salta all’occhio del film di Fabio Resinaro è l’ottima ricostruzione storica che si evince tanto nelle scenografie quanto nei costumi e negli oggetti di scena. Insomma, ci crediamo subito che siamo nella Milano di fine ’70. Inoltre, la regia di Resinaro, che di talento ne ha da vendere e lo ha dimostrato abbondantemente in questi ultimi anni con opere che abbracciano generi molto diversi tra loro (Mine, Dolceroma, Appunti di un venditore di donne), è curata e molto ricercata: pianosequenze, inquadrature aeree e perfino un simpatico espediente mirato ad equiparare i giorni che passano nella vita del protagonista allo scorrere del tempo su un orologio a lancette.

ero in guerra ma non lo sapevo

Perché è anche su questo parallelismo che gioca a carte scoperte Ero in guerra ma non lo sapevo, la visione del tempo secondo la mente tecnica di un orologiaio, quale era Torregiani. Se in un orologio il meccanismo si inceppa, il tempo ne viene compromesso e questo accade al meccanismo che sta alla base della vita del protagonista che, di punto in bianco, viene gettato in un incubo a occhi aperti. Torregiani vive la sua situazione come una punizione per una colpa che non possiede, lui ripete più volte di non aver fatto nulla, eppure si trova a scontare una pena che lo limita nella libertà sua e della sua famiglia. E così crolla la fiducia nelle istituzioni, quelle istituzioni che lui stesso rinnega fino agli esiti fatali che mettono la parola “fine” alla sua storia.

Il film di Resinaro, che firma anche la sceneggiatura insieme a Mauro Caporiccio e Carlo Mazzotta, è fin troppo didascalico nel seguire la vicenda di Torregiani limitandosi a raccontare i fatti da un punto di vista specifico senza nulla concedere a sviluppi narrativi collaterali. Ovviamente non ci sono margini di “finzione” e “invenzione” in un film biografico anche solo per il rispetto di chi non c’è più, ma qui emerge probabilmente anche l’inadeguatezza della storia di Torregiani a diventare un film. C’è troppo poco materiale narrativo in questa vicenda e l’unico modo per ampliare e rendere avvincente il tutto sarebbe stato esplorare il contesto, quindi quello che accadeva all’epoca tra le strade del capoluogo della Lombardia, i colori politici che si agitavano e si macchiavano di sangue, la stampa che metteva il peso da novanta sugli eventi. Quest’ultima strada è timidamente perseguita con l’aperta sfida che Torregiani lancia al giornale che lo mette in prima pagina, ma la cosa si esaurisce presto invece che aggiungere quel pepe che la storia avrebbe richiesto.

ero in guerra ma non lo sapevo

E purtroppo viene meno anche l’aspetto umano ed emotivo perché il ritratto che viene fornito di Pierluigi Torregiani non porta a immedesimarsi con lui, a empatizzare con la sua vicenda. Francesco Montanari, che si è rivelato in diverse occasioni attore di facile empatia, qui dipinge il protagonista come un uomo arrogante e presuntuoso, a tratti anche incosciente verso la sua famiglia (e infatti un evento topico nel finale porterà un’ulteriore macchia sugli eventi) quindi respingente.

Il ritmo compassato da film tv non aiuta al coinvolgimento e rende Ero in guerra ma non lo sapevo un prodotto più vicino alla prima serata televisiva, passabile di pause pubblicitarie e distrazioni, invece che alla fruizione su grande schermo.

Molto suggestive le musiche di Andrea Bonini, forse la cosa più riuscita di tutta l’operazione.

Ero in guerra ma non lo sapevo arriverà al cinema come evento dal 24 al 26 gennaio distribuito da 01 Distribution.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • La resa del contesto storico.
  • Le musiche di Bonini.
  • La regia di Resinaro.
  • Il ritmo da film tv.
  • La caratterizzazione del protagonista.
  • L’assenza di un taglio di genere (che ci sarebbe stato a meraviglia).
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