Gabrielle – Un amore fuori dal coro, la recensione

Gabrielle – Un amore fuori dal coro, vincitore del Premio del Pubblico al Festival di Locarno 2013 e candidato agli Oscar del Canada come Miglior film straniero, mostra le difficoltà che spesso le persone affette da handicap devono affrontare. Gabrielle (Gabrielle Marion-Rivard) ha la sindrome di Williams, una malattia genetica rara caratterizzata da ritardo psicomotorio, comportamento ipersociale e da un udito molto sviluppato, con conseguenti abilità musicali fuori dal comune. Tutto ciò che vuole è poter vivere serenamente la propria storia d’amore con Martin, anche lui affetto da ritardo mentale. Cercherà costantemente di dimostrare il suo bisogno e la sua capacità di essere indipendente, di vivere una vita “normale”, come quella di qualsiasi altra persona. Ad ostacolarla ci sono i pregiudizi e le riserve di una società che crede, per citare una frase del film, che “per quelli come loro funzioni diversamente”. Scopo della regista e sceneggiatrice Louise Archambault, al suo secondo lungometraggio, è dare dignità a persone considerate “invisibili”. E non è un caso che il titolo di una delle canzoni principali del film, che ricorre più volte e cantata proprio dai protagonisti, sia Ordinaire (Normale), che parla appunto della necessità di essere compresi, dell’universalità della musica e dell’effetto terapeutico che ha su tutti noi.

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Les Muses è un centro di arti dello spettacolo che offre una formazione professionale in canto, danza e teatro a persone portatrici di handicap. Molti degli attori che sono stati coinvolti nel film fanno parte di questa scuola, ad eccezione di Martin (una scelta che forse contrasta con la pretesa di autenticità, nonostante l’indubbia bravura dell’attore Alexandre Landry). Filo rosso che percorre tutto il film è la vitale importanza del coro e della musica, che costituisce un insostituibile modo di comunicare. Al contrario, in alcuni momenti del film, il lento svanire del suono evidenzia il senso di alienazione e spaesamento della protagonista.

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Altri temi principali sono l’amore, la sessualità, il desiderio di una famiglia; ma soprattutto, le difficoltà di comprendere e accettare tali fasi della vita in individui affetti da sindromi, come quelle di Gabrielle e Martin, da parte di chi sta loro più vicino. Grazie a un accurato lavoro di ricerca, la Archambault è riuscita a documentare in modo realistico la loro quotidianità e il loro relazionarsi con gli altri. La regista ha realizzato un film con loro e non solo su di loro, mostrandoli come esseri umani che cercano di superare i propri limiti e che lottano per diritti che dovrebbero essere inalienabili.

Gabrielle è un film autentico, che mostra la realtà senza perdersi in pietismi, cercando di rivelare al pubblico un mondo che è solo in apparenza così diverso, di mettere in primo piano persone solitamente escluse e di combattere tabù e pregiudizi radicati nella nostra società.
Il film uscirà nelle nostre sale, distribuito da Officine Ubu, il 12 giugno.

Fulvia Mignozzetti

PRO CONTRO
  • Si respira autenticità ad ogni scena.
  • Delicatezza e originalità del tema.
  • L’incantevole colonna sonora.
  • Scelta di un protagonista normodotato.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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