Genius, la recensione

Le strade che portano al biopic sono infinite. Vite straordinarie, vite ordinarie che accompagnano eventi fuori dal comune o che hanno influito al cambiamento della società; i racconti di vita vera sembrano non passare mai di moda al cinema e riescono ad assumere i connotati più differenti e diversificati. Genius del regista teatrale Michael Grandage, qui al suo esordio al cinema, appartiene alla categoria dei biopic meno convenzionali perché sa raccontare non una ma ben due vite e, allo stesso tempo, costruire un contesto poco raccontato al cinema con l’attenzione e l’accortezza che merita. Le due vite sono quella dell’editore Max Perkins e dello scrittore Thomas Wolfe, il contesto è quello delle case editrici e della nascita editoriale dei romanzi nell’America degli anni ’20 del ‘900.

Partendo dalla biografia Max Perkins. Editor of Genius di A. Scott Berg, il film di Grandage racconta un momento particolare della vita dell’editore della Scribner’s Son, ovvero quando finisce sulla sua scrivania il manoscritto O Lost dello sconosciuto Thomas Wolfe. Siamo nel 1929 e la casa editrice di Perkins ha già dato al successo Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald (che compaiono nel film interpretati rispettivamente da Dominic West e Guy Pierce), Wolfe potrebbe essere la nuova grande scoperta della letteratura americana, ma il suo stile fluviale e rapsodico ha bisogno di essere guidato verso quello che potrebbe incontrare il favore dei lettori… a iniziare da un titolo più accattivante! O Lost diventa Look Homeward, Angel (in Italia Angelo, guarda il passato) e le oltre mille disordinatissime pagine diventano una personalissima ricerca della diversità all’interno della cultura americana. Genius racconta proprio il lavoro armonico, sinergico e non privo di scontri che c’è stato tra l’editore e l’autore, che ha portato anche al romanzo successivo di Wolfe, quello della consacrazione, Il fiume e il tempo.

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Il film, che vanta una sceneggiatura scritta da John Logan, ovvero l’uomo dietro gli ultimi 007 e creatore della serie tv Penny Dreadful, è molto attento a costruire una visione dualistica sulla vicenda, perfettamente scissa tra Perkins e Wolfe. Conosciamo, cosi, il genio e la sregolatezza dello scrittore americano, spesso infantile nei comportamenti, completamente dedito al lavoro e vistosamente bisognoso di una figura paterna della quale da bambino è stato esente; dall’altra parte abbiamo proprio quella figura paterna e allo stesso tempo un amico, un persona in grado di guidare verso le scelte giuste ma anche una persona con cui confidarsi, anch’esso estremamente stakanovista al punto tale da dimenticare di togliersi il cappello anche a tavola.

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Proprio su questa unione che sembra andare oltre il semplice rapporto lavorativo si incentra gran parte della vicenda, andando a interessare anche il conflitto che viene a crearsi tra Wolfe e la sua gelosa compagna, efficacemente interpretata da Nicole Kidman. E sono appunto gli interpreti il fiore all’occhiello di Genius perché i due protagonisti riescono davvero a fare la differenza, Colin Firth e Jude Law, perfettamente calati nei ruoli rispettivamente di Max Perkins e Thomas Wolfe.

C’è da dire, però, che Genius è un biopic tanto fuori dal comune quanto un film narrativamente convenzionale: gli step nel rapporto tra Max e Thomas seguono perfettamente l’iter di ogni racconto sull’amicizia o sull’amore, con tanto di fase discendente e risalita nel terzo atto che porta a una crescita reciproca.

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Genius è stato presentato in concorso al Festival di Berlino e come evento speciale all’undicesima Festa del Cinema di Roma. Sarà nelle sale cinematografiche italiane dal 9 novembre distribuito da Eagle Pictures.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un biopic poco convenzionale grazie al racconto di due vite.
  • Attori bravissimi, con Jude Law una spanna sopra tutti gli altri.
  • Bella fotografia!
  • A livello narrativo, rispecchia tutti i cliché del film sull’amicizia/amore.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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