Giovani, carini e psicopatici: The End of the F***ing World

Nel 2013 Charles Forsman vinse il premio fumettistico Ignatz Award per la sua storia a fumetti The end of the fucking world, a modern ballad of angst and murder il cui sottotitolo, abbastanza “spoileroso”, è stato tagliato nell’adattamento televisivo coprodotto da Netflix e dai canali britannici Channel 4 e All 4 e pubblicato nel mondo il 5 gennaio 2018.

Il 5 novembre 2019 è stata rilasciata la seconda e ultima stagione di questa nerissima commedia adolescenziale, senza dubbio studiata per diventare un vero e proprio cult per cinefili e nerd fumettari.

La caustica story line di Forsman è stata rimaneggiata con brillante creatività da Charlie Covell (Misfits, Banana, Kaos) per la regia di Jonathan Entwistle (Human Begins, I am not okay with this, Vanity Fair) e Lucy Tcherniak (Wanderlust, Lay me Down).

Le nefaste avventure dei due protagonisti cominciano in un giorno qualsiasi di una scuola della provincia inglese: James (Alex Lawther) è un adolescente abulico ai limiti del patologico (tanto che infila la mano in una friggitrice per riuscire a provare qualcosa) che vive col padre; dopo il suicidio della madre, avvenuto quando lui era un bambino, ha sviluppato la certezza di essere uno psicopatico e per assicurarsi di ciò decide di uccidere un essere umano. La vittima designata è Alyssa (Jessica Barden), insofferente ragazza che in mensa gli ha rivolto la parola di tanto in tanto; per riuscire ad adescarla fa finta di essere innamorato di lei e comincia a frequentarla. Alyssa è molto più della tipica diciasettenne arrabbiata, lei è arrabbiatissima: vive con la madre, il patrigno e due fratellastri gemelli; il padre l’ha abbandonata quando era piccola, il compagno della madre non la fa sentire ben accetta nella sua lussuosa villa e vede i compagni di scuola come una massa di zombie dipendenti dal cellulare.

La ragazza instaura con James uno strano rapporto fatto di tacita comprensione sino al giorno in cui decidono di abbandonare la loro città e andare in giro per il mondo con la macchina del padre di James.

Questo è solo il prologo di questa surreale avventura da due stagioni che vedrà i due ragazzi alle prese con maniaci omicidi, poliziotte imbranate e genitori inetti.

Volendo catalogare la serie potremmo dire che è un road trip-teen drama dalle tinte thriller imbevuto di black umor ed è proprio questo miscuglio che ha attirato l’ammirazione del vasto pubblico; lo spettatore non può fare a meno di ridere nei momenti più tesi per la combinazione surreale degli eventi tragici: James è un potenziale serial killer che stranamente sopporta tutti i capricci di Alyssa, a sua volta la ragazza sembra il ritratto dell’instabilità emotiva ma nei momenti critici ha un coraggio invidiabile, le tipiche persone della porta accanto invece nascondono un lato omicida e gli agenti di polizia sono invischiati più nei loro problemi di cuore che nel loro lavoro.

La caratterizzazione dei personaggi è davvero da manuale: gli sceneggiatori hanno trattato il percorso interiore dei due protagonisti in modo da non farli apparire né come i soliti “ragazzetti emarginati dalle doti nascoste” né come modelli negativi da osannare in silenzio (leggasi Joker); Alyssa e James impareranno dai loro sbagli e soprattutto ad ammettere di avere bisogno degli altri.

Per quanto riguarda lo stile della regia entrambe le stagioni fanno l’occhiolino ad alcuni classici del cinema horror (come Hostel): boschi inquietanti, case nelle foreste e motel vicino a strade deserte sono gli scenari principali dei momenti di spannung mentre le lunghissime inquadrature sui visi dei due laconici protagonisti rimandano ai film autoriali.

I due interpreti principali sono eccezionali: Alex Lawter (The Imitation Game, Vi presento Christopher Robin, Black Mirror) riesce a far percepire lo sviluppo psicologico di James con pochi movimenti dei muscoli facciali e Jessica Barden (Tamara Drew, The Lobster, Penny Dreadful) riesce a far percepire tutta la fragilità nascosta di Alyssa con poche ma significative espressioni intervallate dai suoi scatti d’ira.

The end of the f***ing world sembra a grandi linee la rivisitazione della fiaba di Pollicino che al contempo riesce a toccare alcune corde “ancestrali” della nostra memoria cinematografica; Netflix è riuscito a sfornare un’altra piccola serie di culto e speriamo che possa trarre ispirazione da essa per creare altri prodotti originali.

Ilaria Condemi de Felice

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