Girl, la recensione

Victor. Lara.
Due identità in perpetuo e inevitabile contrasto racchiuse in un unico gracile corpo che sogna la felicità. Girl, opera prima di Lukas Dhont, giustamente applaudita al Festival di Cannes 2018, racconta il percorso di cambiamento di una quindicenne nata nel corpo di un ragazzo.

Se Victor è prigioniero di un passato da dimenticare, Lara è una scelta senza indugi; è la promessa di un futuro agognato quanto arduo da conquistare.
Infatti la giovane protagonista (Victor Polster), malgrado sia circondata da un microcosmo di figure incoraggianti (dal papà alle amiche), percepisce la propria vita come una farsa irreale e dolorosa. Non le basta essere trattata da ragazza: desidera trasformare il suo corpo in autentico e inequivocabile vettore di libere e travolgenti emozioni.

La danza e l’elegante disciplina ad essa connaturata sono la perfetta allegoria dei desideri di Lara, nonché la sua immensa passione. Non a caso, nel balletto, sublimare la gestualità in arte richiede risoluta dedizione e notevoli sacrifici. È un momento, per la protagonista, in cui mettere duramente alla prova la resistenza del fisico e, in un certo senso, allenarlo in attesa di quella transizione irreversibile che le consentirà di vivere a pieno la propria natura.

Fin qui sembra di leggere nulla di sconvolgente, anzi, semmai di rimestare tra tematiche più attuali e gettonate che mai. C’è la questione del genere, ribollente calderone di spunti contraddittori; il rifiuto di condurre un’intera esistenza in un involucro che non rispecchia ciò che si è dentro (e le conseguenze che tale scelta comporta); il contesto sociale e le sue reazioni più o meno coerenti e concilianti. Allora perché Girl avrebbe una marcia in più o aggiungerebbe qualcosa a un dibattito tanto sfaccettato?

Il merito va in primis alle straordinarie capacità dell’attore protagonista, il venticinquenne Victor Polster, assorbito nel ruolo al punto da sembrare naturalmente fuso col proprio personaggio. Ogni devastante emozione di Lara affiora prepotente sul viso e nei movimenti del ragazzo, rendendo davvero difficile per lo spettatore rifuggire una sincera e stupefatta commozione.

Altro indiscusso pregio della pellicola è una messa in scena completamente funzionale al racconto di una straordinaria e delicatissima vicenda umana, priva di timore nell’esplorare a fondo ogni sfumatura emotiva. Da questo punto di vista, siamo di fronte a un esordio registico di grande sensibilità, in cui l’ambiguo confronto tra natura e cultura non pretende di far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra. Solo, esprime le sue complesse e talvolta terribili declinazioni.

Girl è un film profondamente drammatico e difficile da metabolizzare. Tuttavia, colpisce proprio perché in possesso di qualità oggi piuttosto rare nel mondo della settima arte. Tra queste, il coraggio e la capacità di narrare con cognizione di causa e veicolando contenuti difficili da trattare senza scadere in trite banalità. Un merito che consente a un generico autocompiacimento tecnico di passare in secondo piano e non pesare sulla visione.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • È una coraggiosa opera prima potenzialmente in grado di arricchire le riflessioni sul moderno e complesso concetto d’identità.
  • Un protagonista ineccepibile.
  • Nella realizzazione di qualche scena si percepisce un certo autocompiacimento da parte del regista (ad esempio, nell’epilogo).
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +7 (da 7 voti)
Girl, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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