Hunter Killer – Caccia negli abissi, la recensione

In seguito alla scomparsa del sottomarino Tampa Bay, hunter killer della Marina degli Stati Uniti disperso in acque russe, il Pentagono manda in ricognizione nelle profondità del Mare di Barents un secondo sottomarino, l’USS Arkansass, comandato dal Capitano Joe Glass. Quello che il Governo statunitense non immagina, però, è che in Russia è in corso un colpo di stato per il quale potrebbe essere individuato l’intervento americano come capro espiatorio. Così il retroammiraglio John Fisk invia su suolo russo anche un team di marines con la missione di evitare il golpe mettendo in salvo il presidente russo Zackarin.

C’è una corposa tradizione cinematografica legata al sottomarino come claustrofobico luogo d’azione, di crescita personale e di decisioni militari: da Agguato sul fondo e Duello sull’Atlantico fino a U-571 e K-19, passando per gli imprescindibili Caccia a ottobre rosso e Allarme rosso. Una tradizione che spesso e volentieri ha virato dalle tematiche strettamente belliche per approdare in territori fantascientifici (The Abyss, Sfera), horror (Below) e da heist-movie (Black Sea), ma ancor più frequentemente in barbosi b-movie televisivi di cui davvero nessuno ne sentiva il bisogno.

Bene, anzi male, perché oggi possiamo metterci il cappello dinnanzi all’ennesimo brutto thriller bellico/politico d’azione che elegge il sottomarino a location. Stiamo parlando di Hunter Killer – Caccia negli abissi, prodotto dalla famigerata Millennium Films e diretto dallo sconosciuto Donovan Marsh.

I problemi fondamentali di un film come Hunter Killer – Caccia negli abissi sono l’impostazione e la confezione datate. Sembra di guardare, infatti, un tronfio action/thriller anni ’90, neanche dei migliori, che adotta logiche narrative antidiluviane, ritmi da tv-movie ed effetti speciali riciclati direttamente dal suddetto decennio. È difficile, infatti, non aggrottare il sopracciglio nel trovarsi di fronte a continui campi e controcampi su alti rappresentanti militari al Pentagono con marinai che eseguono ordini nel sottomarino; una tecnica adottata per un abbondante primo atto che serve alla sceneggiatura per spiegare i fatti e portare in missione i personaggi.

Forse proprio perché ci si stava rendendo conto degli evidenti limiti e dell’effetto anti-cinematografico, che viene introdotta una missione parallela, con marines armati fino ai denti che si avventurano in Russia per salvare il Presidente. E infatti, questa tranche interpretata da Toby Stephens, è quella più vivace e d’intrattenimento, anche se a più riprese si intuisce la sua natura “scollata” dalla main-story.

I personaggi mancano completamente di una delineazione, anche minima, e se ci basta intuire il carattere anarchico e deciso del Capitano Joe Glass (interpretato da Gerard Butler, che ci mette la sua solita professionalità) dal discorso motivazionale che fa ai suoi uomini nel sottomarino, tutti gli altri sono solo sagome incolori che si muovono in una storia poco ispirata. Poi su ogni scena e ogni risvolto narrativo, palesemente mirato a esaltare l’eroismo yankee anche in una storia in cui gli americani vengono coinvolti solo di striscio, c’è quella fastidiosa sensazione che si voglia dare un colpo al cerchio e l’altro alla botte. Per cui, i cattivi sono russi, ma ci sono anche i russi buoni che aiutano gli americani per evitare lo sfacelo (Michael Nyqvist alla sua ultima interpretazione prima della morte prematura), i protagonisti sono uomini ma in una posizione di potere abbiamo una donna (Linda Cardellini), a comandare è un bianco (Gary Oldman, che nonostante il nome e il volto sul cartellone, sta in scena circa 5 minuti) ma la scelta decisiva la prende l’ammiraglio di colore (Common). Insomma, un film tradizionalista, maschilista e repubblicano che però cerca sempre il compromesso populista, con effetto così evidente da risultare anche un po’ fastidioso.

Se vi aspettate l’azione e l’intrattenimento del dittico Attacco al potere, visto che il team realizzativo è il medesimo, rimarrete delusi, Hunter Killer – Caccia negli abissi manca completamente il bersaglio e riesce a più riprese a far sbadigliare.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un po’ di vivacità nella missione di salvataggio del Presidente russo.
  • Vecchio nelle idee e nella messa in scena.
  • Personaggi inesistenti.
  • Tanti luoghi comuni utilizzati malamente e con fastidiosi pretesti di svecchiamento.
  • 122 minuti sono un’infinità!
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Valutazione: 4.0/10 (su un totale di 1 voto)
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