Hunters: cosa significa “giustizia”?

Il 21 febbraio è uscita su Amazon Prime Video una nuova serie che ci aveva incuriosito parecchio già solo dal materiale promozionale, Hunters. Interessante anche solo per il tema scottante che si propone di trattare, la serie è stata prodotta da Jordan Peele (Scappa – Get Out, Noi) e vanta nel suo cast nientepopodimeno che Al Pacino; ad affiancarlo troviamo Logan Lerman (Percy Jackson, Noi siamo infinito, Fury) nel ruolo del protagonista e assistiamo addirittura alla resurrezione di Josh Radnor, il Ted Mosby di How I Meet Your Mother, che avevamo dato ormai per disperso.

Attraverso una regia pulp, quasi di ispirazione tarantiniana, Hunters racconta di un gruppo di emarginanti assetati di vendetta, decisi ad eliminare ogni nazista rifugiatosi in America dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale (ancora temporalmente vicina perché ambientato negli anni ’70). Jonah (Logan Lerman), ragazzo nerd di origine ebrea, entra in contatto con i giustizieri dopo aver assistito all’omicidio della nonna, unica sua parente in vita. La donna, sopravvissuta ai campi di sterminio, era colei che aveva originariamente fondato il gruppo dei cacciatori, avvalendosi dell’aiuto di un suo carissimo amico, Meyer (Al Pacino), anche lui un sopravvissuto.

Hunters

Hunters è una serie imponente, sia per il tema, sia per la composizione: è più che evidente che siano state investite grosse somme di denaro per la sua realizzazione, dunque un prodotto di primo livello. La messa in scena è fortemente stilistica, in ogni reparto tecnico. Nessuno può mettere in dubbio che Hunters sia un prodotto esteticamente definito e curato. I problemi che si riscontrano sono di tutt’altra origine.

Ma prima è bene spendere due parole sul creatore, David Weil. Nonostante abbia sulle spalle già diversi lavori, Weil è al suo primo prodotto di fascia alta e lo vediamo confrontarsi con un tema intimamente personale. Weil ha dichiarato di essere stato ispirato dall’esperienza dei nonni nei campi di concentramento e di dedicarlo a loro. È quindi sicuramente con loro in mente che arriva a scrivere questa trama ricca di sete di vendetta e di rancore, ed è perfettamente comprensibile. Ma il disegno finale di questo turbine di sentimenti contrastanti è sotto molti aspetti preoccupante.

Hunters

L’idea di Hunters è in un certo senso molto simile a quella presente in prodotti come Bastardi senza gloria o C’era una volta a Hollywood: l’illusione di poter riscrivere in meglio la Storia, vendicandoci sui malfattori con un finale catartico. Ma la differenza essenziale fra questi film e Hunters è che essi reinterpretano eventi già accaduti modificandoli, il loro intento è quello di cancellare in qualche modo gli eventi orribili, come una carezza virtuale alle vittime: “vorrei tanto che nulla ti fosse accaduto”. Per questo motivo, anche se realizzata attraverso dei crimini efferati, questa idea racchiude tanta dolcezza, lasciando comunque il ricordo che purtroppo il male sia invece avvenuto, e che nulla di quello che noi possiamo immaginare potrà disfarlo.

Hunters d’altra parte rivolge la sua attenzione soprattutto ai perpetuanti e molto dopo i fatti commessi. L’ossessione verso la figura del “nazista” è totale: si presentano questi ex comandanti delle SS, o scienziati, o ingegneri, come dei villain da fumetto, senza introspezione di alcun tipo, senza una qualsiasi motivazione o idea che possa esserci dietro le azioni. Si arrivano addirittura a rappresentare delle torture immaginarie e folli avvenute nei campi di sterminio come se fossero storicamente accurate. Lo stesso Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau ha sollevato delle critiche riguardo una delle scene in questione: una partita di scacchi umani con i prigionieri del campo. Da parte loro è stata definita una caricatura pericolosa e stupida, che oltretutto rischia anche di aumentare il numero dei negazionisti.

Hunters

I “cacciatori” della serie, per quanto a tratti si facciano domande sulla propria moralità, non dubitano mai che quello che stiano facendo sia nient’altro che giustizia. “Giustizia per 6 milioni di persone” dicono spesso. È giustizia uccidere un anziano legato in uno scantinato e lasciarlo lì per la polizia? Senza che nessuno sappia mai chi era, quello che ha fatto, o perché sia morto. Il motivo è chiaro di queste esecuzioni, ma la realtà dei fatti è che non sono utili a nessuno: non servono alle vittime, che non ne verranno mai a sapere nulla; non è utile a sconfiggere il nazismo (quello vero, non quello complottista e inventato della serie) perché si tratta di anziani che passano il tempo a fare grigliate o stare sul divano; e come rappresentazione di ciò che è il nazismo e di come combatterlo di certo non è di aiuto agli spettatori.

Hunters dà una rappresentazione dei nazisti talmente totale e soverchiante che ogni discorso che si possa fare sul nazismo cessa di esistere. Nazista = Malvagio. E il sottolineare il problema di questa ottica non è per qualche tipo di difesa del Terzo Reich, ma perché in questo modo si esaurisce completamente il problema e allo stesso tempo quelle che potrebbero essere le soluzioni.

Hunters

Il Nazismo non è un’infezione magica che c’è stata in Germania dal ’33 al ’45, dove qualora uccidessimo tutti i nazisti (che in questa rappresentazione quindi dovrebbero essere TUTTI i cittadini tedeschi vissuti in quegli anni) avremmo concluso con i nazisti per sempre. Se una cosa è successa può riaccadere e l’unica cosa intelligente che possiamo fare è capire le cause degli eventi, non nascondersi dietro il dito del “erano cattivi”. Non basta. Sono ormai settant’anni che si discute su quel terribile periodo della nostra Storia e libri come La banalità del male (Hanna Arendt) o I sommersi e salvati (Primo Levi) sono solo alcuni degli incredibili esempi di introspezione, cura, studio e tentativi di salvare coloro che purtroppo abbiamo perso in modo disumano. Questo è il modo più simile al riportarli in vita, un po’ come faceva Tarantino, cercando di capire e, soprattutto, di prevenire.

Se ci sarà una seconda stagione speriamo sinceramente che possano aggiustare il tiro (anche se dall’assurdo con cui si conclude questa stagione non sembrerebbe proprio), perché questa linea di pensiero è altamente diseducativa.

Silvia Biagini

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