I Recuperoni: Lady Oscar e del perché dopo quarant’anni è più bello che mai

Dal 4 ottobre 2020 Sky Atlantic e Now tv hanno riproposto sul loro catalogo l’intramontabile classico dell’animazione giapponese Lady Oscar, ispirato al manga Le rose de Versailles dell’ecclettica Riyoko Ikeda (a sua volta influenzata dal racconto Maria Antonietta di Stephen Zweig); per i millenials più “maturi”, cioè quelli nati a cavallo fra gli anno ‘80 e ’90, era pane quotidiano accendere la televisione, vedere l’ennesima messa in onda di quest’opera – non sarebbe stato neppure necessario registrarla su VHS –  e rimanere comunque incollati al vecchio tubo catodico.

L’anime diretto da Tadao Nagahama e Osamu Dezaki (Rocky Joe, Jenny la tennista, Remi, Caro Fratello) con le struggenti musiche di Koji Makaino e l’eccezionale character design di Michi Himeno, Shingo Araki e Akio Sugino è composto da quaranta episodi da ventitré minuti ciascuno e fu trasmesso per la prima volta in Giappone tra il 1979 e il 1980; in Italia l’adattamento fu curato dall’allora Fininvest, orfana del fenomenale successo di Candy Candy, nel 1982.

Pleonasticamente, dunque, “ripassiamo” la trama dell’anime che ha condizionato per generazioni l’immaginario collettivo sulla Rivoluzione Francese. Nella Francia del Settecento, il generale de Jarjayes desidera con tutto il cuore avere un figlio maschio per potergli lasciare il suo incarico nella corte reale, quando gli nasce la sesta figlia femmina, decide di allevarla e crescerla come un uomo.  Oscar diventa una spadaccina tanto abile che fra i suoi primi incarichi c’è quello di proteggere la promessa sposa del delfino di Francia Luigi XVI, la principessa Maria Antonietta d’Austria; quest’ultima è una fanciulla ingenua ed esuberante che, non riuscendo a costruire un legame con l’introverso sposo, preferisce riempire la sua solitudine con eventi mondani e shopping sfrenato.

L’intreccio della narrazione si snoda parallelamente sulle vicende personali e sentimentali di queste due adolescenti (triangoli amorosi, complotti politici, invidia tra donne) lungo un climax storico che finisce con la Presa della Bastiglia.

Le protagoniste sono due personaggi speculari di un periodo storico di transizione in cui Maria Antonietta incarna i vizi dell’Ancien Régime  (la “tipica” frivolezza femminile, la non curanza delle classi nobiliari) e Oscar le virtù dei nascenti ideali di Liberté, Égalité e Fraternité (uguaglianza fra i sessi, abolizione dei privilegi, etc.); nel progetto originale della Ikeda invece Oscar  sarebbe dovuto essere un personaggio-spalla, una sorta di “Grillo Parlante”, che motteggiava e pontificava sulla sfarzosità di Versailles, ma già dopo le prime apparizioni fu eletta protagonista a “furor di popolo” dai lettori della rivista  Margaret della Suesha.

La casa di produzione Tokyo Movie Shinsha  diede vita a un prodotto che poco aveva a che fare con l’originale cartaceo: innanzitutto si decise di tagliare tutte le sotto-trame comiche e le espressioni buffe del manga tanto quanto i monologhi eccessivamente magniloquenti e le digressioni storiche; il lavoro finale si inserisce in quel filone di anime “tragici” dal respiro autoriale e il taglio moraleggiante, come Ken il Guerriero, I Cavalieri dello Zodiaco, Rocky Joe, Il Grande Sogno di Maya, in cui le esistenze dei protagonisti sono votate al sacrificio.

Il character design della serie è un eccezionale assemblaggio di corpi dalla fisicità quasi verosimile -sebbene sembrino tutti usciti da un catalogo di Abercrombie & Fitch – e i famigerati “occhioni sbriluccicosi” che distinguevano i prodotti tipicamente shojo; nei momenti di spannung gli sfondi non sono altro che il prolungamento delle emozioni interiori dei personaggi, per cui avremo luci stroboscopiche nei momenti di felicità, con tanto di corsa a rallentatore, e densi ghirigori dell’iconico “Viola Maccazzo” identificato dallo youtuber Zio Jones (il Rosso Tiepolo può accompagnare solo) a cui dobbiamo anche la prima definizione del famigerato “Sguardo Carogno”, così caro agli aristocratici di altissimo lignaggio.

Alla luce della Quarta Ondata femminista occorre comunque ammettere che la “gender fluidissima” figura di Lady Oscar risente di quel caro e vecchio sessismo benevolo tipico degli anni ’80 per cui ogni donna d’azione doveva presentare tratti androgini, essere una gnocca stratosferica e sciogliersi in lacrime esclusivamente per l’amore non corrisposto di un uomo.

I dissidi interiori della protagonista sono abbastanza prevedibili e paradossalmente in questa cornice feuillettonesca le figure più interessanti sono quelle secondarie della remissiva Rosalie, dell’intraprendente Jean Valois, del “vero” tormentato Conte di Fersen e del fedele André. Codesti ultimi sono forse i personaggi più originali della serie: l’avvenente conte svedese prova una stima sincera per Oscar come amica e comandante, in un mondo di soldati e damigelle è privo di spirito agonistico e non teme di dimostrare pietà verso i più umili, André invece palesa di più le proprie debolezze, fa errori che gli costano caro e cerca di porvi rimedio, riuscendo infine a catturare l’affetto di tutti grazie al suo buon cuore e alla sua virile perseveranza.

Il binge watching di Lady Oscar è doveroso e raccomandabile per tutte le età.

Ilaria Condemi de Felice

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2 Responses to I Recuperoni: Lady Oscar e del perché dopo quarant’anni è più bello che mai

  1. Salvatore Puggioni ha detto:

    Brava come al solito con un’analisi puntuale chiara e piacevole anche per chi non conosce l’oggetto della recensione
    Un grande e sincero complimento.

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  2. sebastiano ha detto:

    Ilaria bravissima come sempre. Complimenti

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