I sogni segreti di Walter Mitty, la recensione

Walter Mitty è un uomo comune, forse troppo. Lavora come editor fotografico per la rivista “Life” e le giornate si susseguono per lui con molta monotonia, senza mai il giusto coraggio di reagire agli scherni che subisce sul posto di lavoro o di dichiarare ciò che prova a Cheryl Melhoff, la sua collega di cui è segretamente innamorato. Ma Walter Mitty è anche un abile sognatore che utilizza la fantasia per sfuggire alla sua noiosa esistenza ed entrare in un mondo in cui riesce a compiere gesti eroici spericolati, trionfa con successo sui suoi nemici ed è ricambiato dalla donna che ama. I sogni ad occhi aperti di Walter si preparano a diventare realtà nel momento in cui, assieme alla sua collega, rischia di perdere il posto di lavoro. Per Walter Mitty è giunto il momento di smettere di fantasticare, scendere in azione ed intraprendere uno strepitoso viaggio intorno al mondo molto più spericolato della sua fantasia.

Con I sogni segreti di Walter Mitty l’attore Ben Stiller decide di tornare ancora una volta dietro la macchina da presa per portare sul grande schermo la vita straordinaria di un uomo normale riadattando con il linguaggio cinematografico il racconto The secret life of Waletr Mitty di James Thurber edito nel 1939. Ma non è la prima volta che questo romanzo viene portato al cinema. Già nel 1947 ne era stata fatta una trasposizione dal titolo Sogni proibiti per la regia di Norman McLeod mentre nel 1982 diviene oggetto di una libera interpretazione in salsa demenziale grazie a Sogni mostruosamente proibiti con Paolo Villaggio sotto la direzione di Neri Parenti.

Questa nuova trasposizione del romanzo di McLeod operata dall’attore e regista Ben Stiller riesce a convincere solamente in parte a causa di un’evidente indecisione sia sui toni della narrazione che sullo stile adottato. La sensazione che si ha a fine visione è quella di aver assistito a due film ben distinti l’uno dall’altro racchiusi però all’interno di un’unica opera. La prima parte, che è da ritenersi sicuramente quella più riuscita, ci cala nel fantastico mondo di Walter Mitty facendoci conoscere le sue strampalate e surreali fughe nella fantasia. Ben Stiller dimostra di saper “giocare” molto bene con le fantasticherie del suo protagonista e lo fa in maniera divertente e divertita spiazzando lo spettatore, quando meno se lo aspetta, con deliranti e spettacolari sequenze pronte a portare continuamente il film in direzioni differenti e inaspettate. Nel secondo tempo, invece, quando Walter Mitty è costretto a compiere un viaggio fantastico ma reale attorno al mondo per salvare il suo posto di lavoro e quello della donna di cui è innamorato, allora i toni cambiano improvvisamente per assestarsi su un linguaggio ed uno stile più sobrio e convenzionale simile a quello di un qualsiasi road movie.

Ben Stiller è il "sognatore" Walter Mitty

Ben Stiller è il “sognatore” Walter Mitty

Cosa non comune a tutte le commedie, il film si difende molto bene sotto un punto di vista prettamente tecnico/visivo grazie soprattutto ad una bellissima fotografia di Stuart Dryburgh che riesce a valorizzare molto bene i magnifici paesaggi naturali che caratterizzano la lunga avventura di Walter Mitty alla ricerca del celebre fotografo Sean O’Connell (interpretato da un sempre bravo Sean Penn).

Ben Stiller, che ancora una volta dimostra di essere più funzionale nelle vesti di attore che non in quelle da regista, porta dunque in sala un film sicuramente interessante, una commedia fuori dagli schemi che non si priva di trovate efficaci e sorprendenti. Peccato che le scoppiettanti premesse accumulate nel primo tempo non tardano a decadere con lo scorrere dei minuti a causa di un’eccessiva “normalizzazione” della narrazione e un finale non privo di qualche ingenuità e banalità.

Giuliano Giacomelli

 

Pro

Contro

  • Tanto brio e uno stile sperimentale in tutta la prima parte del film.
  • Fotografia suggestiva pronta a valorizzare le scenografie naturali.
  • Primo e secondo tempo con stili troppo differenti fra loro e incapaci di legare nel giusto modo.
  • Il film perde “freschezza” e brio con lo scorrere dei minuti.
  • Nel finale qualche trovata banale di troppo.

 

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