Il buco, la recensione

La più efficace metafora della società umana, rigorosamente verticale, arriva da un film spagnolo che ha spopolato nei festival di mezzo mondo e ora arriva in streaming su Netflix, El Hoyo, tradotto letteralmente in italiano come Il buco.

Goreng si fa internare volontariamente per sei mesi ne La Fossa, una struttura verticale a livelli nella quale si può portare un solo oggetto con se e l’uomo sceglie un libro, il Don Chisciotte di Cervantes. Ogni livello può ospitare due persone e, una volta al giorno, in un buco posto al centro del livello, scende una piattaforma colma di cibo, che si può mangiare liberamente per soli due minuti, senza poter trattenere nulla con se. Il problema è che il cibo è lo stesso per tutti gli ospiti della struttura, sufficiente per il sostentamento degli oltre 200 livelli se ognuno si limitasse a mangiare solo il necessario.

Ma ovviamente così non è e quelli che risiedono nei livelli superiori si abbuffano, lasciando le briciole o addirittura nulla a mano a mano che si scende di livello. Ma ogni mese la situazione si rinnova e gli ospiti vengono spostati di livello, così chi prima si trovava ai livelli più alti può finire in quelli più bassi, a secondo dei calcoli (o capricci) degli amministratori della struttura. Goreng, inizialmente fiducioso nel buon senso di chi affolla La Fossa, si rende presto conto che a dettar legge è l’istinto di sopravvivenza e a farla da padrone sono la prepotenza, la violenza e l’egoismo. Ma forse un modo per scardinare il sistema c’è. Forse…

Il Buco

Senza ombra di dubbio debitore a Cubo – Il cubo di Vincenzo Natali per la claustrofobica situazione rappresentata, mista al senso di esperimento sociale del tedesco The Experiment e, per la messa in scena e l’importanza del cibo come simbolo di status, vicino al corto Next Floor di Denis Villeneuve, Il buco si dimostra una delle più lucide ed efficaci rappresentazioni cinematografiche della società passata, odierna e probabilmente futura. Il microcosmo sociale che popola La Fossa, composto da criminali, reietti, persone che non hanno nulla da perdere o che vogliono dimostrare qualcosa a se stessi, è lo specchio del mondo in cui viviamo, una società gerarchica, divisa in classi (livelli) in cui chi sta più in alto ha il potere di vita o di morte su chi risiede più in basso. Un’allegoria neanche troppo velata che al pari – ma più efficacemente – di Snowpiercer di Bong Joon-ho conduce alla rivolta, al tentativo di scardinare una catena fatta di cinismo e violenza attraverso la ricerca di un simbolo che possa dimostrare l’esistenza di una speranza.

Il buco

Lontano da intenti demagogici ma lucidissimo nella rappresentazione politica della società, Il buco trova la sua efficacia anche nell’essere un perfetto film di genere. L’esordiente Galder Gaztelu-Urrutia parte da una situazione da thriller carcerario dal sapore distopico in cui vige la regola del qui ed ora, senza la possibilità di guardare l’esterno (proprio come in Cube – Il cubo), suggerito solo dai flashback sul colloquio del protagonista per entrare ne La Fossa e il lavoro di preparazione delle sontuose portate che saranno esibite sulla piattaforma. Procedendo, il film si tinge di suggestioni horror, si sporca di violenza bruta, di cannibalismo, di mostruose pressioni psicologiche, mostrando una sagace costruzione del personaggio principale e dei comprimari. Goreng, interpretato da un Ivan Massagué davvero bravo e credibile, muta progressivamente il suo approccio alla situazione in cui si trova pur non smarrendo mai i suoi ideali. È un classico processo di crescita, di presa di coscienza, ma anche una lotta per far sopravvivere l’umanità in un mondo regolato dall’individualismo. A lui si affiancano, progressivamente, l’esperienza dottrinale del cinico veterano (il magnifico Zorion Eguileor), la furia distruttiva e determinata (Alexandra Masangkay), l’utopia di una risposta umana razionale (Antonia San Juan) e l’ingenuità servile di chi tiene viva la fiamma della speranza (Emilio Buale). Ogni compagno di avventura del nostro protagonista è l’ideale sfaccettatura caratteriale dello stesso essere umano, lo strato di una matrioska che si manifesta casualmente così come casuali sono i livelli in cui possono svegliarsi mensilmente i prigionieri de La Fossa.

Il Buco

Forse leggermente macchinoso nel modo in cui Galder Gaztelu-Urrutia costruisce la conclusione, Il buco è un thriller lodevole, uno di quei piccoli grandi film capaci di dimostrare che la differenza la fa un’idea vincente e originale, a patto che si riesca a darle la giusta forma… e con Il buco ci sono riusciti!

Vincitore di premi al Toronto International Film Festival, Sitges, al Torino Film Festival e ai prestigiosi Goya, Il buco è disponibile si Netflix dal 20 marzo.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Efficacissima metafora dell’annosa lotta di classe.
  • Ben dosato nel far convivere un messaggio sociale con il linguaggio del cinema di genere.
  • Attori molto bravi.
  • La conclusione forse non soddisfa come avrebbe potuto per il modo come è stata pensata.
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Valutazione: 8.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Il buco, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

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