Il capo perfetto, la recensione
Il capo perfetto, il decimo lungometraggio del regista madrileno Fernando León de Aranoa (classe, 1968), candidato a venti nomination ai Premi Goya, un vero e proprio record, potrebbe competere agli Oscar 2022 come miglior film straniero. In attesa di sapere se potrebbe vincere la prestigiosa statuetta, avremo modo di vederlo nelle sale cinematografiche italiane dal 23 dicembre, distribuito da BIM Distribuzione.
L’opera ha come protagonista uno straordinario Javier Bardem, che veste i panni di Julio Blanco, un distinto signore, proprietario di una ditta di bilance nella provincia madrilena, che si ritrova, suo malgrado, nella settimana più importante per la sua azienda per l’arrivo di una commissione che dovrà assegnare il premio alla miglior eccellenza locale. Julio dovrà così far fronte alle problematiche relative ad alcuni dipendenti, che potrebbero non essere produttivi come lui vorrebbe, innescando una serie di situazioni difficili da placare in così poco tempo.
Quel che si evince fin dalle prime inquadrature de Il capo perfetto è quanto De Aranoa ci tenga a descrivere il rapporto che Julio ha con i suoi dipendenti, sempre propenso a risolvere qualsiasi problematica che possa minare la produttività aziendale, ma soprattutto ci mostra la sua noiosa vita matrimoniale che lo ha portato a lungo andare ad avere delle relazioni extraconiugali. L’incredibile trasformazione fisica di Javier Bardem lo aiuta a calarsi ancora di più nel personaggio, c’è da dire che è una delle sue migliori interpretazioni. Blanco è un uomo all’apparenza sensibile e altruista, il capo perfetto che tutti vorrebbero, ma in realtà, è un’immagine costruita, che nasconde ben altro, basti pensare la disinvoltura che sfodera nel liberarsi di dipendenti che non considera più una risorsa importante per l’azienda, non preoccupandosi minimamente di renderli disoccupati.
La sceneggiatura scritta dallo stesso De Aranoa punta soprattutto a mostrarci le mille sfaccettature che si possono trovare all’interno di un’azienda, passando dai toni della commedia a quelli drammatici. Si parla di disoccupazione e di precarietà lavorativa, temi molto cari al regista spagnolo che confeziona con grande abilità una struttura narrativa in grado di mostrarci un vasto campionario umano perennemente in bilico proprio come le bilance che la Básculas Blanco produce. Il capo perfetto lo si può inserire in quel cinema di impegno civile che annovera I lunedì al sole (2002), un’altra opera diretta da De Aranoa (vincitore di cinque Premi Goya nel 2003) che raccontava la difficile vita di alcuni disoccupati.
L’opera di De Aranoa è una commedia dark che descrive con grande chiarezza la precarietà e la disoccupazione, attraverso battute ironiche e sarcastiche assistiamo a una serie di situazioni tragicomiche che il protagonista compie, in grado di mostrarci con crudeltà lo squallore umano in cui molto spesso siamo circondati.
Giovanna Asia Savino
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