Il figlio di Saul, la recensione

Film-rivelazione dell’ultimo Festival di Cannes, Il figlio di Saul è il primo lungometraggio dell’ungherese Laszlo Nemes, finora autore di soli cortometraggi. Già sulla kermesse aveva riscosso parecchio successo tanto da essere additato, a poche ore alla cerimonia di chiusura, come il più vicino alla Palma d’oro. Ci è andato, però, parecchio vicino, vincendo il Grand Prix du Jury, oltre al Premio FIPRESCI e al Premio François Chalais. Da lì in poi, il destino di questo film sembrava già segnato: vincere l’Oscar per il miglior film straniero. E infatti, dopo aver conquistato il Golden Globe in quella categoria, ed essere riuscito ad entrare nella cinquina finale, eccolo lì in pole position per quel premio. Un film che, pur venendo dall’Ungheria, di certo non è passato inosservato e che difficilmente verrà dimenticato.

C’è una sola parola per definire questo film: perfezione.

Innanzitutto, non aspettatevi il “solito film sull’Olocausto che piace tanto agli Academy”. Non affrettatevi ad affibbiargli questa orribile etichetta che proprio non si merita. Perché Il figlio di Saul è di più, molto di più. È una lezione di cinema. Il regista, pur al suo primo lungometraggio, dà uno schiaffo morale a tutti quei registi che realizzano opere prime molto a fatica, a causa della scarsa attenzione che riscuotono dai produttori i talenti emergenti.

il figlio di saul 3

La domanda che il film pone, riscrivendo praticamente la storia del cinema contemporaneo, è questa: come realizzare un gran film con pochi mezzi? Il regista si avvale di un solo personaggio, moltissima camera a spalla e di tutta una serie di piani sequenza, che aumentano la partecipazione dello spettatore al film.

Brutale, intenso, neorealista, concitato. Questi sono i tre termini che riassumono alla perfezione quest’opera monumentale di Laszlo Nemes.

Ambientato durante gli orrori di Aushwitz, nel 1944, l’ebreo ungherese Saul Ausländer, prigioniero addetto ai forni crematori (Sonderkommando), si imbatte improvvisamente nel corpo morto del figlio. Ma, invece, di piangerne la morte, si preoccupa subito di dargli una degna sepoltura, secondo il rito ebraico, con tanto di preghiere del Rabbino. Ma nessuno sembra intenzionato ad aiutarlo. L’uomo, però, non si arrende e attraversa gli orrori della guerra, inseguendo ciecamente il suo obiettivo.

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L’esperienza di Auschwitz è filmata dal regista come una lunga discesa degli inferi, come se la mdp venga spesso soffocata dalla folla, dal delirio di quelle anime in pena. E non è un caso che la fotografia, a un certo punto, verso la fine, si tinge di rosso fuoco.

Il figlio di Saul è sguardo. Lo sguardo arrabbiato di Saul, una rabbia profonda, oppressa, a cui non è dato di esplodere nel contesto in cui si trova. Una rabbia profonda che non si traduce in scatti nervosi ma nella più lontana ombra che alberga negli occhi di Géza Rohring. E’ lo sguardo quasi impassibile di Saul sia di fronte al corpo del figlio morto, perché la morte è la faccia più evidente di quel contesto, sia di fronte a tutti gli orrori che gli stanno attorno, perché gli altri sono solo comparse nella sua odissea. È lo sguardo lucido del regista, un occhio che insegue i personaggi come in Ladri di biciclette, un occhio che talvolta si rifiuta di guardare e le riprese diventano volutamente sfocate. E sta proprio in questo sguardo la potenza di questo film. Questo film non fa che ricordarci che il cinema è ed è sempre stato sguardo. Un monito tutt’altro che scontato.

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E Saul Ausländer è uno dei personaggi più belli del cinema degli ultimi dieci anni e ha il volto dell’immenso Géza Röhring, un attore che la mdp non ha bisogno di inquadrare costantemente negli occhi per evidenziarne la bravura: è in grado di recitare perfettamente perfino di spalle, inquadrato sulla sola nuca.

Claudio Rugiero

PRO

CONTRO

  • Sceneggiatura di dialoghi rarefatti ma intensi.
  • Un plot perfettamente puntuale che non conosce cambi di discorso.
  • Una regia mostruosa che da sola vale il prezzo del biglietto.
  • Raramente conosce prolissità.
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Valutazione: 9.0/10 (su un totale di 1 voto)
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