Il rito delle streghe, la recensione

Dopo aver diretto nel 2017 la sua opera prima Band Aid, la regista statunitense Zoe Lister-Jonas ritorna alla regia con Il rito delle streghe, il cui titolo originale è The Craft: Legacy, sequel/reebot del celeberrimo Giovani streghe (1996) di Andrew Fleming. Quest’ultimo è diventato negli anni un vero cult movie, mentre la carriera di Fleming si è indirizzata verso titoli commerciali che lo hanno portato a finire nel dimenticatoio.

Quel che si evince fin dalla prima visione de Il rito delle streghe è che ricalca perfettamente la struttura narrativa del film di Fleming, seppur con notevoli differenze. Innanzitutto, manca quell’atmosfera che rendeva particolarmente tetra l’ambientazione, ma soprattutto manca la chimica che era fortemente presente tra le attrici. Vale la pena chiedersi se era necessario farne un seguito, poiché sono passati esattamente venticinque anni da quando Giovani streghe venne realizzato, mostrando come i tempi sono cambiati con l’avvento delle nuove tecnologie e dei social network.

La storia ruota attorno alla giovanissima Lily interpretata da Cailee Spaeny, un’adolescente introversa che si è appena trasferita in una nuova città, poiché sua madre ha deciso di andare a convivere con il nuovo compagno Adam (David Duchovny), divorziato e padre di tre figli. Lily viene emarginata dai suoi compagni di scuola, ma per fortuna fa la conoscenza di Tabby (Lovie Simone), Frankie (Gideon Adlon) e Lourdes (Zoey Luna). Le quattro ragazze diventano grandi amiche e si uniscono per poter utilizzare i loro superpoteri per uso personale e per aiutare le persone a loro vicine.

Il rito delle streghe sembra essere un teen drama, piuttosto che un film di genere fantastico, mostrando una semplice amicizia adolescenziale, dove le protagoniste cercano di risolvere con la magia i lori problemi, prendendo debitamente le distanze da Giovani streghe.

Le protagoniste sono le classiche adolescenti americane, provenienti da famiglie di buona condotta, che trascorrono le loro giornate tra scuola, selfie, party e shopping. Manca soprattutto una solida sceneggiatura in quest’opera, i dialoghi sono futili e senza senso, degni di una serie televisiva per adolescenti come Le terrificanti avventure di Sabrina, tanto per citare un titolo tra i tanti apparsi negli ultimi anni. Non c’è nessun coinvolgimento emotivo che spinga lo spettatore ad appassionarsi a questa storia, sembra che sia stata realizzata con il solo scopo di attirare un pubblico di adolescenti, considerando che la colonna sonora è composta da musica electro-rap. Non era facile realizzare un’opera che avesse la magia e lo stesso coinvolgimento della precedente, poiché quando si parla di sequel, difficilmente si riesce a raggiungere il successo. Tra i tanti temi presenti nell’opera troviamo la xenofobia, problemi di orientamento sessuale e il bullismo, utili a sensibilizzare lo spettatore.

Il rito delle streghe è un’opera che, nonostante alcune tematiche importanti, non riesce nell’intento di coinvolgere lo spettatore, sarebbe stato meglio non prendere come riferimento un cult come Giovani streghe, poiché il confronto con l’originale è inevitabile.

Giovanna Asia Savino

PRO CONTRO
  • La trama è adatta a un pubblico adolescenziale.
  • Tratta con delicatezza temi come il bullismo, il razzismo e l’orientamento sessuale.
  • Diversi.
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