Il segreto dei suoi occhi, la recensione

Nel 2010, il regista argentino Juan Campanella si aggiudica l’Oscar per il miglior film straniero con El secreto de sus ojos, un potente thriller dalle tinte noir che fa i conti con la carica distruttiva delle passioni umane, in un vortice ossessivo che supera il passare del tempo e spazza via qualsivoglia tentativo di ricominciare daccapo. Agendo su più livelli, il film compone un percorso in cui la tragedia personale e la conseguente indagine portata avanti da due innamorati costretti a reprimere le proprie emozioni, trova il suo punto di stallo nel decisivo contesto storico argentino, perso tra burocrazie estenuanti e tiri mancini. Ossessivo è anche l’aggettivo che meglio descrive l’amore che il regista americano Billy Ray (Hunger Games) prova nei confronti della pellicola di Campanella, tanto da decidere di cimentarsi in un remake che trasferisce la storia in una fragile Los Angeles post-11 settembre.

 L’investigatrice Jess Cobb (Julia Roberts) e l’investigatore dell’FBI Ray Kasten (Chiwetel Ejiofor) fanno parte di una task force anti-terrorismo che ha il compito di sorvegliare una moschea della città. A capo dell’operazione, la ligia e gelida Vice Procuratore Distrettuale Claire Sloan (Nicole Kidman), appena arrivata a Los Angeles, sembra ricambiare l’interesse che Ray mostra sin da subito nei suoi confronti, nonostante le battute irrisorie della sua collega e amica Jess. L’atmosfera goliardica dell’ufficio sta, però, per cambiare quando una mattina viene rinvenuto il cadavere di una ragazza nei pressi della moschea. E’ la figlia di Jess. Angosciato dai sensi di colpa, Ray è deciso a trovare il colpevole, che si rivela essere un intoccabile informatore della polizia. Dopo 13 anni di ricerche, il licenziamento e l’amore per Claire mai sopito, Ray è più che mai convinto di aver rintracciato l’assassino della figlia della collega, e stavolta non ha intenzione di accettare un’ulteriore sconfitta.

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Il segreto dei suoi occhi ricostruisce con ritmo incalzante e un uso coerente della temporalità narrativa la storia di un omicidio, ma anche l’ambiente allucinato in cui lavora il corpo della polizia immediatamente dopo gli attacchi alle Twin Towers. La paura di un nuovo attentato è paralizzante, percepibile lungo i corridoi degli uffici e all’interno delle coscienze dei signori della giustizia, lungi dall’arrestare un potenziale squilibrato se proprio grazie a lui si è a un passo dall’acciuffare una cellula terroristica. Il personaggio del Procuratore Distrettuale, interpretato da Alfred Molina, centra in pieno questo ambiguo aspetto del racconto; l’America deve essere salvata a tutti i costi, non importa se chi lo fa è un delinquente o, peggio ancora, ha ucciso un altro essere umano. Sotto questo punto di vista, Billy Ray non sbaglia e confeziona un buon thriller poliziesco, avvalendosi di un cast di tutto rispetto.

Il problema subentra nel momento in cui il film non riesce a reggere il peso di quelli che dovrebbero essere i suoi temi portanti. La passione, che sia vendicativa o amorosa, è il vero leitmotiv dell’opera di Campanella, la quale non può non essere chiamata in causa una volta accantonato il segmento diegetico più facile da gestire, per un regista americano. Ciò che si percepisce è un appiattimento emotivo che riguarda tanto la storia d’amore mancata tra Claire e Ray, quanto la vendetta del personaggio di Jess, alla quale non basta una brava Julia Roberts imbruttita e invecchiata di qualche anno. Il passare del tempo, la frustrazione e i sensi di colpa che donano all’opera argentina un inconfondibile senso di amara rassegnazione, qui trovano giusto il tempo di una chiacchierata davanti il camino tra una Kidman che non restituisce la carica combattiva del personaggio originale e un disorientato Chiwetel Ejiofor.

Come se non bastasse, Billy Ray commette l’errore imperdonabile di edulcorare la scena (quasi) finale, sminuendo l’agghiacciante potenza emotiva del messaggio che l’epilogo di Campanella intende veicolare. L’ultimo elemento di sano realismo viene letteralmente gettato alle ortiche per essere rimpiazzato da un finale più buonista, confortante, ma sicuramente incoerente nei confronti della narrazione e del personaggio di Jess.

In ultima analisi, il remake di Billy Ray è un buon thriller con un buon ritmo, che non riesce però a restituire il fascino malinconico e l’impatto emotivo della pellicola cui fa riferimento.

Il segreto dei suoi occhi è nelle sale italiane da giovedì 12 novembre, distribuito da Good Films.

Noemi Macellari

PRO CONTRO
  • Ha un buon ritmo, ed è narrato coerentemente grazie all’uso intelligente dell’ellissi.
  • E’ un’occasione per recuperare la pellicola originale.
  • Risulta emotivamente piatto, e perde per strada i temi principali del film.
  • Il finale così sminuito non rende giustizia alla storia complessiva.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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