In ordine di sparizione, la recensione

Nils Dickman è uno spazzaneve modesto e riservato che abita in una sperduta regione della Norvegia. Padre di famiglia, marito fedele e Cittadino Dell’Anno, l’uomo riceve una notizia sconvolgente: suo figlio è stato ucciso per un affare di droga di cui non era nemmeno consapevole e la polizia sembra più che intenzionata a bollare la sua morte come una semplice overdose da cocaina. In procinto di suicidarsi e sull’orlo del divorzio, Nils riceve la visita di un amico del figlio, sopravvissuto all’attacco dei narcotrafficanti, che gli rivela il nome dell’omicida. Deciso a farsi giustizia, lo spazzaneve comincia una delirante vendetta contro l’intera mafia norvegese, generando una serie di imprevisti e fraintendimenti macabri.

In uno straordinario caso isolato della distribuzione italiana, ci troviamo davanti a una corretta modifica del titolo originale. L’intraducibile Kraftidioten diventa In Order of Disappearance e, fortunatamente, è anche un titolo in grado di rappresentare il primo punto di forza di questa dark comedy con vendetta, il tentativo meta-narrativo di parodizzare lo stesso cinema del grottesco da cui prende ispirazione e dinamiche.
Film dark come quelli dei Coen, o anche di Tarantino e Kitano, raggiungono spesso le loro collisioni narrative e cronologiche tramite la dipartita di qualche personaggio chiave. L’uomo ucciso per sbaglio, per un fraintendimento, la persona uccisa a sangue freddo, il criminale ottuso che secca l’innocente solo per idiozia. A ogni decesso di un personaggio, una lapide appare sullo schermo. Questa persona è morta, e ora vediamo cosa succede.

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Conoscendo il genere, attendere un numero di cadaveri inferiore a 15 è quantomeno da ingenui ma In ordine di sparizione prende in giro le stesse convenzioni da cui prende forza; la violenza, la vendetta, la redenzione, lo schizzo di sangue, l’omicidio velato di humor, le sterzate granguignolesche dalla vena umoristica, tutto l’armamentario del grottesco per criminali. Abbiamo un protagonista con un obiettivo (il sempre bravo Stellan Skarsgård), un cattivo da fumetto, il Conte (Pål Sverre Hagen) e tanti personaggi in mezzo. Il primo deve raggiungere il secondo e per farlo, dovrà sconfiggere tutti i nemici sul percorso.
Genere grottesco, struttura da videogame e le citazioni di un “umorismo alla Coen con vendetta alla Tarantino” sul poster, basterebbero per poter già immaginare l’intera trama, bollarla come “già visto” e ignorarla.
Ma In ordine di sparizione non è così facile da poter essere classificato, anzi.
Il film di Hans Petter Moland nasconde un complesso diabolico nella sua sceneggiatura, una vera chiave d’originalità; celati tra i dialoghi e i personaggi si nascondono tanti, piccoli, dettagli. Relazioni omosessuali, tic neurotici, riflessioni sul Welfare norvegese, pensieri sul rapporto tra padre e figlio, la potenza del lutto e la bizzarra forza della Sindrome di Stoccolma.
Prendendo in prestito il richiamo del dark e trattenendo a un livello glaciale lo humor, il film raggiunge la piena sufficienza grazie a questa inattesa attenzione per i dettagli e le personalità, complici anche le ottime prove attoriali dei protagonisti e di un inedito Bruno Ganz nei panni di un Boss Serbo eccessivamente emotivo e ugualmente vendicativo a Dickman.

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La regia di Moland trova con una certa lentezza i suoi tempi comici, complice forse un montaggio imperfetto attorno a un minutaggio ben più esteso all’origine, e la fotografia merita un plauso nella magnifica resa degli scenari norvegesi, innevati e colmi di sfumature digitali.
Per una pellicola piccola, da una cultura perlopiù inedita nel nostro paese, un cenno di attenzione per questo film sarebbe più che opportuno. Magari il contorno sa di già visto, ma il contenuto di questa pellicola è del tutto nuovo per un film che sembra ambire a una semplice celebrazione della trama causa/effetto/morte, ed è una caratteristica che riesce, forse con un po’ di difficoltà, a trascinare via In ordine di sparizione dalla cerchia, chiudendo il tutto con una leggera dose di ermetismo, per lo più fastidioso, ma necessario per compiere la formazione di una personalità distaccata dal resto; schizofrenica, ma indubbiamente interessante.

 Luca Malini

PRO CONTRO
  • Ottimi interpreti.
  • Una sceneggiatura interessante e attenta ai dettagli.
  • Humor grottesco a volontà.
  • Ritmo un po’ lento.
  • Finale leggermente sconclusionato.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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In ordine di sparizione, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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