Injustice for all: When They See Us di Ava DuVernay
La regista afroamericana Ava DuVernay nella miniserie When They See Us ci racconta, in appena quattro episodi, l’incredibile vicenda giudiziaria di alcuni ragazzi di colore condannati senza prove evidenti per uno stupro che non hanno mai commesso. Il caso è quello noto della jogger di Central Park, che nell’aprile del 1989 venne trovata in fin di vita dopo essere stata derubata, pestata ed infine violentata.
Chi sono i loro che ci guardano? Le autorità? I bianchi? E quando ci guardano cosa vedono? Criminali e presunti colpevoli già solo per avere una pelle diversa, una cultura diversa, un modo di vivere diverso. È questo il messaggio che sembra far passare la regista e co-autrice della sceneggiatura: ma è un black quotes necessario nell’era Trump/Salvini che stiamo vivendo, mai forzato e sempre funzionale alla vicenda raccontata.
Anche perché Trump, all’epoca solo un multimiliardario annoiato, comprò la prima pagina di quattro quotidiani per chiedere la pena di morte dei presunti stupratori.
Si sente tanta rabbia durante la visione di questa miniserie, forse anche di più di quella percepita in Chernobyl. Nella serie HBO si ha a che fare con orrore che indistintamente coinvolge tutti: russi, ucraini, donne, bambini nati e che ancora devono nascere, cani, gatti, uccelli ecc… In When They See Us l’orrore è mirato, razziale e disonesto: è una ingiustizia ottenuta con confessioni indotte da mancanza di cibo, di bevande e di sonno, con false promesse e speranze solo per chiudere in fretta il caso. Ci sono echi del bellissimo Detroit della Bigelow, senza la violenza fisica che ci fu in quel cruento caso, ma la pressione e il soggiogamento psicologico sono i medesimi.
È il racconto dell’ingiustizia che regna sovrana, un racconto avvincente ma doloroso che a fine visione ci fa chiedere se anche noi non vediamo in quel modo alcune etnie con cui abbiamo a che fare giornalmente sui mezzi pubblici, in strada o al cinema.
Ava DuVernay mette in mostra la tragedia di questi ragazzini spaesati con cura ed eleganza, senza sentire la minima necessità di ingigantire il tutto per aumentare la spettacolarizzazione dell’ingiustizia, ma attenendosi ai fatti. Ed i fatti hanno come attori poliziotti disonesti, avvocati poco interessati ai loro clienti, procuratori distrettuali arrivisti: nulla viene inventato, ed è tutto assolutamente documentabile.
La miniserie è la seconda importante collaborazione della DuVernay con Netflix: la prima fu il documentario XIII emendamento, un racconto sulla disuguaglianza razziale nelle carceri americane. Quest’ultima produzione invece esamina quanto la discriminazione razziale abbia giocato un ruolo principale nell’incriminazione dei Central Park Five, e l’effetto che poi le condanne errate hanno avuto su di loro e sulle loro famiglie, segnandone il futuro e la reputazione in modo quasi irrimediabile.
When They See Us offre una visione forte e rabbiosa, ambientata a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta ma assolutamente funzionale a comprendere l’America (e perché no, l’Italia) di oggi: quei ragazzi non sono stati accusati per un reato, ma sono stati giudicati per come il mondo (they) li vedeva: cinque ragazzi afroamericani, con la colpa non solo di essere al mondo con una pelle diversa, ma di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.
La serie è disponibile su Netflix dal 31Maggio.
Stefano Tibaldi
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