Into the Dark: Pooka!, la recensione

Prosegue il nostro viaggio all’interno di Into the Dark, la serie antologica di film targata Blumhouse destinata al circuito televisivo, recentemente distribuita in Italia da RaiPlay. Una serie di lungometraggi slegati tra loro, dodici (a stagione) come i mesi dell’anno, il cui unico punto in comune è quello di svolgersi durante una ricorrenza.

Nella terza tappa di questa tanto attesa serie il buon Jason Blum cala l’asso, con un episodio che vede dietro la macchina da presa uno dei registi spagnoli più talentuosi degli ultimi vent’anni: Nacho Vigalondo. Il regista iberico, reduce dal successo dell’ottimo Colossal e già autore di titoli molto apprezzati dai fan del genere come Los Cronocrimines e Extraterrestre, omaggia la festività del Natale attraverso uno dei regali natalizi più ambiti, desiderati e ricchi di fascino per il mondo infantile, ovvero il giocattolo. La scelta non inganni, però, perché Vigalondo si discosta anni luce da pupazzi armati di coltello, bambole malefiche e con il suo film, dal titolo Pooka!, utilizza soltanto come pretesto il simbolo infantile per eccellenza per raccontare una storia dalla forte carica simbolica e dai tanti contenuti psicologici ed emotivi.

Pooka!

Come nel suo stile ormai consolidato, quindi, il regista spagnolo, che di gran lunga rappresenta il nome più prestigioso della rosa di suoi colleghi coinvolti nel progetto Into The Dark, si dimostra più interessato a raccontare l’evoluzione e sviluppo di protagonisti tormentati e il loro smarrimento e deterioramento interiore.

Il tutto accompagnato da una regia sicura e brillante, soluzioni visive ben riuscite, adatte ai toni inquietanti e cupi di un plot che, seppur con qualche battuta d’arresto di troppo, riesce ben a sviluppare le tematiche di Pooka! che vanno dalla solita critica al consumismo del periodo natalizio fino ad una ben più originale riflessione sulla figura dell’attore e il suo rapporto con il personaggio che interpreta.

Pooka!

Wilson è un attore caduto in rovina che pur di lavorare è disposto ad accettare qualsiasi parte, anche la più umile. Preso dalla disperazione più totale, l’uomo accetta di dare voce e corpo a Pooka!, il pupazzo che tutti i bambini vogliono e che sembra destinato a sbancare il mercato in vista del prossimo Natale. Quella che doveva essere una parte banale e innocua, però, si trasforma ben presto in un incubo senza fine che sconvolgerà la vita di Wilson e di chi gli sta affianco.

Un film drammatico travestito da horror, con questa definizione si potrebbe riassumere l’essenza del lavoro di Vigalondo il quale, come detto sopra, si serve degli stilemi dell’horror per raccontare la tragedia e la desolante vita di un uomo ormai al capolinea di un sogno e rimasto solo come un attore davanti ad un palcoscenico vuoto.

Pooka!

Sensazioni e stati d’animo che in Pooka! vengono tradotti in immagini attraverso una fotografia dai colori sgargianti ed irrealistici, una regia sicura e ben calibrata e un plot che sa ben dosare i ritmi del racconto e incutere nello spettatore il senso di disagio di Wilson. Quest’ultimo diventa suo malgrado il perno di una riflessione ad ampio raggio su come un attore possa restare schiavo del suo personaggio fino a diventare con esso un’unica cosa, e non solo metaforicamente come dimostra la frase detta dal protagonista quando un bambino ruba la testa del pupazzo: “ridammi la mia testa!”. Testa, nel senso di cervello, che diventa il teatro ideale dove il protagonista mette in scena un suo spettacolo teatrale, una serie di eventi che fanno parte di un film mentale che lascia in chi guarda il dubbio e la possibilità di interrogarsi se siano davvero opera del pupazzo malefico o soltanto frutto dell’immaginazione del protagonista

Grande protagonista, dunque, è il pupazzo Pooka il cui aspetto imponente, i silenzi, che si contrappongono alla stupida canzoncina cantata per rallegrare i bambini festanti, e i suoi occhi che manifestano stati d’animo contrapposti e imprevedibili conferiscono alla storia una sotto-trama da body horror che rende il tutto più inquietante e spaventoso.

Pooka!

Eppure i difetti non mancano. Su tutti la grande mancanza che balza subito all’occhio è quel filo di ironia immancabile nei film horror che toccano i simboli del mondo infantile, creando quel piacevole contrasto fra la spensieratezza dei bambini e le atmosfere da film del terrore, e che è sempre utile a spezzare la continua tensione e ansia creata dal lavoro di Vigalondo.

Atra grande pecca consiste nel fatto che la sceneggiatura, scritta da Gerald Olson, appare in alcuni punti fin troppo prolissa con concetti e immagini ripetute qualche volta di troppo e la sensazione di tirare per le lunghe un film che avrebbe potuto avere una durata inferiore, ed efficacia ancora maggiore.

Al netto di tutto ciò, Pooka! di Nacho Vigalondo è un horror interessante e altamente consigliato per chiunque abbia voglia di ricevere spunti di riflessione dalla visione di un film.

Vincenzo de Divitiis

PRO CONTRO
  • La trama offre profondi spunti di riflessione.
  • Il delirio del protagonista è ben raccontato attraverso soluzioni visive funzionali.
  • Il pupazzo Pooka è davvero inquietante.
  • Manca la dose di ironia tipica dei film con protagonisti giocattoli.
  • Uno script talvolta troppo prolisso.
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Into the Dark: Pooka!, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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