Io e Lei, la recensione

Federica e Marina sono una coppia lesbica di mezza età. Le due convivono serenamente da cinque anni e sono convinte che la loro relazione possa considerarsi finalmente stabile. Due donne con caratteri completamenti differenti così come diversi sono i loro percorsi di vita. Marina è una convinta omosessuale da sempre, mentre Federica si è ritrovata attratta da una donna subito dopo aver chiuso il precedente matrimonio con Sergio. Proprio nel momento in cui Marina è convinta che la loro storia d’amore sia ad un punto di svolta, Federica incontra Marco e subito entra in crisi fino a rimettere in discussione la propria identità sessuale.

Nel 1978 Ugo Tognazzi interpretava sul grande schermo Il vizietto, celebre adattamento cinematografico di una commedia teatrale francese di Jean Poiret che raccontava con il giusto brio e un intelligente sottotesto satirico la condizione sociale delle coppie di fatto dell’epoca. Trentasette anni dopo la famiglia Tognazzi torna ad interessarsi al tema e questa volta è la figlia di Ugo, Maria Sole Tognazzi, che in qualità di regista decide di raccontare una storia brillante al centro della quale è posta l’omosessualità dei nostri giorni. Dunque ieri c’era Il vizietto mentre oggi abbiamo Io e Lei, due film completamente differenti nello stile e nel linguaggio che però possono essere tranquillamente accomunati, anzi, se fossero stati l’uno il seguito dell’altro avremmo avuto un interessante ritratto sociale ed antropologico su come, in trentasette anni, si sono evoluti i tempi e la mentalità della popolazione media.

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La società raccontata nel film del 1978 era una società conservatrice e un po’ bigotta, ancora impreparata ad accogliere quelle coppie omosessuali che vivevano situazioni disagiate  in cui era davvero difficile esternare la propria identità sessuale. Un tale scenario sociale non poteva che divenire terreno fertile per una commedia intelligente e pungente che faceva ridere ma, in fin dei conti, anche riflettere su un’evidente falla della società. Nel 2015 invece, con il film diretto da Maria Sole Tognazzi, possiamo costatare come piccoli passi in avanti sono stati fatti e le coppie omosessuali sono divenute una realtà quotidiana, un fenomeno di tutti i giorni che non genera più né notizia e né scalpore. Io e Lei racconta proprio questo, la vita normalissima di una coppia lesbica dichiarata che come tutte le coppie eterosessuali si fonda su una routine banale, snodata prevalentemente tra casa e lavoro, e in cui non mancano momenti di gioia, di insoddisfazioni e persino di gelosie. Io e Lei è una storia d’amore normalissima, come ne abbiamo viste tante, una commedia sentimentale che percorre tutte le tappe fondamentali richieste dal genere (la felicità di partenza, l’ostacolo, la crisi e la risoluzione finale) con l’unica variante che i due innamorati in questione sono dello stesso sesso.

Lo scopo di Maria Sole Tognazzi era quello di fare un film per testimoniare la normalità di queste coppie. Un film, dunque, normale in cui si susseguono accadimenti normali. La regista è indubbiamente riuscita nell’impresa tanto che Io e Lei è – inevitabilmente – un  film normale, che non brilla sotto nessun punto di vista e rimane schiavo, anzi vittima, proprio di questa normalità tanto ricercata dalla regista così come dagli sceneggiatori.

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Quello di Maria Sole Tognazzi è un film poco interessante e senza nessun mordente, una storia sentimentale banale che vorrebbe farsi carico di un messaggio sociale importante che però non riesce a comunicare per il semplice motivo che ad essere veicolato è un messaggio oggettivamente vecchio. Raccontare oggi una storia sentimentale a carattere omosessuale non offre di per se nessun elemento originale né interessante, così come non lo avrebbe offerto una classica storia sentimentale di matrice eterosessuale in cui non accade nulla di “movimentato”.

Indubbiamente più apprezzabile è la scelta di guardare all’omosessualità femminile piuttosto che quella maschile, ma non per questioni di originalità (nel 2010 abbiamo avuto l’interessante I ragazzi stanno bene, di Lisa Cholodenko, che per moltissimi aspetti Io e Lei ne è il remake non dichiarato)   bensì perché questa scelta pone al centro del racconto due donne adulte dalla personalità sufficientemente sfaccettata, tipici personaggi poco raccontati – o raccontati male – dal cinema italiano che avverte sempre molte difficoltà nel parlarci di personaggi femminili senza cadere nella macchietta o in stupidi cliché.

Le due attrici protagoniste di questo racconto, chiamate in causa con il pesante compito di reggere sulle proprie spalle l’intero film, sono l’onnipresente Margherita Buy e Sabrina Ferilli. Due attrici estremamente differenti, sia nella formazione professionale che come donne, che purtroppo sullo schermo non funzionano troppo bene come coppia. Da una parte abbiamo una bravissima Margherita Buy che diventa sempre più brava film dopo film, dall’altra parte c’è una poco convincente Sabrina Ferilli alle prese con un personaggio ben scritto ma, ahimè, male interpretato a causa di un’eccessiva romanità (siamo al limite del burino) tanto ostentata quanto fuori luogo, forse con la funzione di far comicità ma con l’unico risultato di far perdere credibilità e veridicità alla storia narrata. A fare da contorno alle due protagoniste troviamo una serie di personaggi secondari, con il volto di Ennio Fantastichino, Fausto Maria Sciarappa e Domenico Diele, tutti purtroppo confinati in inutili e bidimensionali stereotipi.

Contenutisticamente vecchio e con una recitazione che convince solo a metà, il film presenta anche notevoli problemi di scrittura a causa di un ritmo piuttosto fiacco, povero di quella freschezza che dovrebbe avere una buona commedia, e alcune svolte narrative decisamente brutte (concentrate per lo più nel finale) pronte a ricordarci che l’Italia è il Paese dei buoni sentimenti in cui il “giusto” deve prevalere sempre sul “reale” tirando in ballo quell’immancabile dose di perbenismo ed ipocrisia.

Giuliano Giacomelli

Pro Contro
  • Una commedia tutta al femminile con personaggi protagonisti delineati piuttosto bene.
  • La recitazione di Margherita Buy.
  • Una storia banale e poco interessante portatrice di un messaggio vecchio e superato.
  • Sabrina Ferilli, con il suo continuo romanaccio, conferisce finzione e artificiosità in tutto.
  • I personaggi secondari sono gestiti male.
  • Una commedia dal ritmo decisamente fiacco.
  • Svolte narrative discutibili che confluiscono in un finale tanto buonista quanto ipocrita.
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