La battaglia dei sessi, la recensione

Solitamente, l’immaginario collettivo associa la rivoluzione femminista degli anni Settanta a donne che bruciano i reggiseni e non si depilano le gambe. Provate a dire di no: del resto, ancora oggi, c’è sempre qualcuno che riduce il femminismo a una questione di peli. Eppure non è solo questo, e non è solo scrivere “I’m a feminist” sulle magliette, no, riguarda soprattutto il battersi per la parità dei sessi.

Lo sapeva bene la tennista Billie Jean King, la quale riservava una battuta micidiale sia ai suoi avversari sul campo, sia ai sessisti… in tutti i campi. Di fatto, oltre a impegnarsi affinché le vincite in denaro femminili fossero pari a quelle maschili, viene anche ricordata per la celebre “Battaglia dei sessi”, un match che nel 1973 la vide contro Bobby Riggs, ex campione di Wimbledon che amava autodefinirsi “maiale maschilista”. A questa storica partita si sono ispirati Jonathan Dayton e Valerie Faris per il loro ritorno alla regia, sebbene stavolta non riescano a imprimere un proprio marchio originale al film com’era accaduto invece per Little Miss Sunshine e Ruby Sparks.

Forse la colpa è da imputare anche al trailer di La battaglia dei sessi, che dona al pubblico delle aspettative fallaci, in quanto è incentrato quasi unicamente sulla sfida tra King e Riggs, quando in realtà, vedendo il film, ci si accorge che a questo momento topico è riservato uno spazio perlopiù marginale. Di fatto la prima ora riguarda più che altro i dubbi sulla sessualità che investono Billie Jean (interpretata da Emma Stone) quando tradisce il marito con una parrucchiera di nome Marilyn: insomma, nulla che non sia stato già esplorato (e con più verve, oltretutto) in molti altri film precedenti a questo.

La situazione migliora un po’ in termini di freschezza quando si arriva al tanto agognato match, ma anche qui non raggiungiamo le vette brillanti a cui la coppia Dayton-Faris ci ha abituato in passato: uno dei problemi è che ci sono molti temi interessanti in ballo, ma non vengono indagati sufficientemente a fondo. Il sessismo sistematico nei confronti delle donne e la crescente pervasività dei media sembrano essere inserite come semplici note di colore, giusto per dare un’idea dell’epoca. Quel che rimane della visione è il desiderio di un’analisi maggiormente profonda, perché la panoramica offerta dal film risulta parziale e poco vivace, in sintesi. Forse la regia di Dayton e Faris è stata vittima di un eccessivo appiattimento dovuto al materiale biografico, poiché è la prima volta che si misurano con una storia vera piuttosto che con una originale, o forse la collaborazione con lo sceneggiatore premio Oscar Simon Beaufoy (The Millionaire, Hunger Games: La ragazza di fuoco) non è stata un’idea vincente. Perché in fin dei conti La battaglia dei sessi risulta anche godibile, non diciamo di no, ma ci saremmo aspettati qualcosa di più rispetto a un compitino ben fatto in stile “acchiappa Oscar”.

La battaglia dei sessi sarà al cinema a partire da giovedì 19 ottobre, distribuito da 20th Century Fox.

Giulia Sinceri

PRO CONTRO
È un film godibile con due interpreti d’eccezione come Emma Stone e Steve Carell. La prima ora è banale, la seconda migliora un po’, ma il film preso nella sua interezza non si differenzia molto dai biopic realizzati come se fossero dei compiti a casa da portare alla scuola dell’Oscar.
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