La ricompensa del gatto, la recensione

La Ricompensa del Gatto è un film d’animazione giapponese del 2002, presentato in anteprima per l’Italia al Future Film Festival di Bologna nell’ormai lontano 2005 e che Lucky Red porta nelle sale italiane per una due giorni d’eccezione il 9 e il 10 Febbraio di quest’anno.

Prodotto dal leggendario Studio Ghibli, un colosso dell’animazione nipponica (e non solo), il film costituisce lo spin – off del lungometraggio del 1995 I Sospiri del Mio Cuore. Molto semplicemente diciamo che La Ricompensa Del Gatto si appropria di tre personaggi del film del 1995, e gli regala un ruolo da protagonisti.

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Dirige il film, Hiroyuki Morita, in precedenza già animatore di opere quali Kiki – Consegne a domicilio e I Racconti di Terramare. Ora, a voler parlare dello Studio Ghibli non si possono proprio non rievocare figure centrali nel percorso artistico della casa di produzione giapponese quali Hayao Miyazaki (Ponyo sulla Scogliera) e Isao Takahata (La Storia Della Principessa Splendente). Soltanto negli ultimi sei mesi il pubblico italiano, sfruttando la formula dell’evento speciale, che ormai da qualche tempo si affianca alla programmazione cinematografica standard e rappresenta una soluzione di un certo successo nella lotta contro la desertificazione delle sale, ha potuto confrontarsi tra gli altri con degli autentici capolavori del genere come Nausicaa della Valle del Vento, il primo lungometraggio della fortunatissima carriera di Miyazaki, ed il terribile, bellissimo e necessario manifesto pacifista di Takahata, La Tomba delle Lucciole.

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Nell’estate del 2014, l’annuncio da parte del direttore dello Studio Ghibli, poi parzialmente ritrattato, circa un’ interruzione delle attività produttive dello studio tramutatasi successivamente in una ristrutturazione interna per far spazio alle nuove leve, giungendo in sostanziale contemporaneità con l’annuncio del ritiro dalle scene del maestro Miyazaki, ha seminato un po’di sconcerto presso il pubblico dei cinefili. Cosa ne sarà dello Studio Ghibli, questo ce lo dirà soltanto il tempo. Nell’attesa, incrociando le dita, accontentiamoci della possibilità di poter recuperare/ scoprire / riscoprire/ alcune gemme di questo glorioso passato. Ed è certamente un bell’accontentarsi. Parlando in termini generali, non c’è dubbio in proposito. E se guardiamo al particolare, al singolo film, che cosa viene fuori? Come ci poniamo di fronte ad un’opera come La Ricompensa del Gatto? Il responso, almeno per chi scrive, è positivo. Con qualche doverosa precisazione.

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Certo Hiroyuki Morita non possiede, o quantomeno non riesce a far emergere da questo film, la sostanza artistica e l’innegabile capacità dei maestri conclamati dello Studio, di mescolare con alchemica abilità una cura artigianale per l’immagine, riferimenti estetici complessi e ben ponderati, umorismo, malinconia e messaggi di un certo spessore. Visivamente, non si possono muovere al film rimproveri di sorta.

Altro punto di forza, la semplicità del racconto: Haru, la protagonista del nostro film, salva la vita ad un gatto. Scopriamo che il felino in questione è nientemeno che il Principe dei Gatti. Suo padre il Re, per ricompensarla, la rapisce, la conduce nel Regno dei Gatti, e cerca di darla in sposa al figlio. Accorrono in suo aiuto il gatto Baron, il gattone Muta ed il corvo Toto (i tre personaggi già presenti nel film del 1995).

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Semplice, veloce, intuitivo. Se però spostiamo lo sguardo sul piano dei contenuti, si ha l’impressione di una eccessiva leggerezza di tono, accompagnata ad una certa superficialità, nel tratteggiare i contorni di quel racconto di formazione che è la storia di Haru, una diciassettenne annoiata e un po’ immatura al principio della storia, e in conclusione… questo scopritelo al cinema.

Infantile è una brutta parola, e sarebbe sbagliatissimo e anche molto ingiusto utilizzarla per parlare di un film che, pur giocando in alcuni momenti un po’ al ribasso con le aspettative dello spettatore, riesce comunque ad offrire, nei suoi 75 minuti scarsi di durata, abbondanza di spunti umoristici e motivi di riflessione. Soprattutto quando si parla di passaggi nevralgici nella vita di ciascuno di noi, come il processo di ricerca di sé.

Francesco Costantini

PRO CONTRO
  • L’umorismo del film, un po’ adulto a tratti, ne contraddice lo spirito. Una contraddizione salutare.

 

  • Rispetto agli standard dello Studio Ghibli, forse un’opera meno profonda. Non necessariamente un peccato, una leggera delusione, forse si.
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