La vita di Adele, la recensione

Adele è un’adolescente un po’ timida ma determinata, le piace la letteratura e il cinema americano e studia per diventare un’insegnante. Un giorno Adele conosce Samir e comincia con lui una storia d’amore, ma lei non è convinta ne coinvolta e da quando ha scambiato un’occhiata fugace ma appassionata con quella ragazza dai capelli blu che attraversava la strada, si sente particolarmente confusa su cosa possa trasmetterle davvero il sentimento e la passione. Quando Adele incontra di nuovo casualmente la ragazza dai capelli blu in un locale gay scopre che si chiama Emma e che è omosessuale. Da quel momento tra Adele ed Emma comincia una grande amicizia che ben presto si trasforma in amore.

Una nota frase di Sir. Alfred Hitchcock accennava al fatto che il cinema fosse proprio come la vita, ma senza le parti noiose. Bene, il regista di Cous Cous e Venere nera Abdellatif Kechiche non tiene conto dell’aforisma del Maestro del brivido e nel trasporre sul grande schermo la graphic novel di Julie Maroh Il blu è un colore caldo ci dimostra come è vero che il cinema somiglia alla vita, ma può comprendere anche le parti noiose!

Se lo prendiamo come un esperimento narrativo, La vita di Adele è sicuramente interessante ma si tratta di una di quelle opere fini a se stesse che non hanno davvero la forza di farsi strada nel cuore e nel cervello dello spettatore. O meglio, non dello spettatore classico.

Il film di Kechiche ha vinto la Palma d’oro come miglior film al Festival di Cannes 2013, ma non ci sono particolari meriti che possano giustificare tale vittoria. A livello registico abbiamo una quasi totalità di primi piani e inquadrature strette che alla lunga riescono a stancare per una mancanza di varietà visiva, nessun picco a livello fotografico, dl montaggio, musicale… La Vita di Adele è piuttosto piatto sotto gran parte dei suoi aspetti, con la grave pecca di una mancanza di ritmo narrativo accentuata soprattutto dall’eccessiva durata del lungometraggio. Si tratta di 3 ore piene, durante le quali assistiamo a due fasi della vita della protagonista (e infatti il sottotitolo del film recita “Capitoli 1 & 2”), ma Kechiche non sa cosa voglia dire ritmo e si limita a mostrarci cosa fa Adele durante le sue giornate: dorme, cammina, parla, mangia (tanto), studia, lavora, fa sesso, poi dorme di nuovo. La vita di Adele ci mostra dunque quelle parti noiose della vita che non vorremmo vedere riproposte anche in un film, rivelandosi drammaturgicamente un disastro.

Come si diceva, come esperimento sulla fusione vita-fiction è senz’altro interessante e a suo modo riuscito, ma come forma di spettacolo La vita di Adele non riesce ad intrattenere ne a interessante realmente lo spettatore. Inoltre Kechiche riempie il film di quei banali dettagli che rendono i suoi personaggi paradossalmente poco credibili. Adele e il suo nuovo ragazzo Samir al primo appuntamento parlano di letteratura e la stessa cosa accade quando Adele esce per la prima volta con Emma, ingabbiando il loro (troppo) lungo scambio di battute su Sartre. È evidente che il regista e sceneggiatore così facendo voglia elevare culturalmente la sua opera con facili espedienti, ma questo allontana i personaggi dalla realtà quotidiana, mostrando che Kechiche non solo non ha rispetto per il pubblico, ma non ha la più pallida idea di come si comportino e di cosa parlino gli adolescenti di oggi.

Adele Exarchopoulos e Lea Seydoux, le amanti protagoniste di La vita di Adele

Adele Exarchopoulos e Lea Seydoux, le amanti protagoniste di La vita di Adele

Che la vicenda di Adele non fosse particolarmente interessante per chi vi si avvicina forse ne era consapevole anche l’autrice del fumetto, così Il blu è un colore caldo si riempiva di erotismo con una abbondante concessione alle scene di sesso etero e omosessuale. Kechiche, pur adattando molto liberamente l’opera di Maroh tanto da cambiare anche il nome della protagonista, tiene l’aspetto erotico estremo dando un largo e frequente spazio alle scene davvero esplicite in cui Adele fa sesso, soprattutto con Emma. E infatti se il film ad oggi è ricordato e in futuro anche, lo sarà sicuramente per questo espediente: “La vita di Adele? Cosa? Ah si, il film con le scene hard lesbo!”.

C’è comunque da dire che in questo fluviale romanzo di formazione si fa notare e apprezzare la protagonista Adele Exarchopoulos che a tratti sembra sentire così suo il personaggio da donarle anima e corpo (letteralmente) risultando naturale ed efficacissima.

Insomma, La vita di Adele è un film fin troppo imperfetto, con almeno 90 minuti di troppo fatti di pranzi, cene, lezioni alla scuola materna e chiacchiere poco interessanti, un’approssimazione narrativa che getta qualche dubbio su quale sia il reale motivo della Palma d’oro a Cannes (che alla Croisette come agli Academy Awards si orientino più verso le tematiche di rilevanza sociale, forse?). Ma il film di Kechiche ha vinto a Cannes, appunto, e dunque è un capolavoro a prescindere. Amen.

Roberto Giacomelli

 

PRO CONTRO
  • La protagonista Adele Exarchopoulos è bravissima e naturale.

 

  • L’eccessiva durata non è giustificata dal materiale narrativo a disposizione.
  • Non ha particolari meriti artistici ne tecnici.
  • Troppe facilonerie d’autore nei dialoghi.

 

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