Lassie torna a casa, la recensione

Lassie torna a casa

Costretti a vivere in affitto all’interno di un piccolo appartamento fuori città, per i membri della famiglia Mauer le cose non vanno troppo bene. Andreas, il capofamiglia, lavora come impiegato in una piccolissima azienda locale che lavora il vetro, mentre sua moglie Sandra è costretta a stare in casa per prepararsi all’imminente nascita del secondo figlio. Con loro c’è anche Florian, il primogenito, un bambino solitario e introverso che ha come migliore amica Lassie, il cane Rough Collie da cui ormai è inseparabile. Quando l’azienda in cui lavora Andreas chiude per fallimento, l’uomo non sa più come fare per affrontare le molteplici spese quotidiane e così, minacciato dall’anziana affittuaria che non sopporta le peripezie di Lassie, si vede costretto a dare via l’amato Collie nonostante le suppliche del figlio. Lassie viene affidata al Conte Von Sprengel e la sua nipotina Priscilla ma in poco tempo il cane fugge dalla loro fattoria ed intraprende un lungo viaggio, ricco di insidie e avventure, per tornare a casa dal suo padroncino Florian.

♫ «La mia casa sembra vuota quando tu non ci sei, cara Lassie non andare via! Sta scendendo già la sera e io ho paura del buio, qua la zampa, dolce Lassie!»

Era il 1987 e cantava così quell’indimenticabile (quarta) sigla italiana del telefilm Lassie, realizzato per quasi 20 anni (dal 1954 al 1973) e andato in onda per molto più tempo.

Lassie torna a casa

Creato dallo scrittore inglese Eric Knight e protagonista del romanzo Lassie Come Home pubblicato per la prima volta nel 1940, Lassie è senza ombra di dubbio uno dei cani più famosi del grande e del piccolo schermo. Una vera e propria icona nata a metà del Novecento, capace di trovare fertili adattamenti un po’ su tutti i media (dalla letteratura al cinema, dalla tv alla radio, passando persino per una serie animata ed una raccolta a fumetti) e nata con l’obiettivo di accompagnare la fantasia e l’immaginazione dei più piccoli in un percorso di crescita da poter condividere insieme alla famiglia.

Con il suo muso sottile e il folto pelo color bianco e sabbia, Lassie è uno dei soli tre animali ad essersi guadagnato una stella sull’Hollywood Walk of Fame – gli altri due sono Rin Tin Tin e Strongheart – ed ha anche ridefinito un certo “lessico canino” tanto che ancora oggi, impropriamente, il nome “Lassie” viene utilizzato per indicare l’intera razza di cani (il Rough Collie, appunto, conosciuto anche come pastore scozzese a pelo lungo).

Lassie torna a casa

Risale al 1943 invece la prima apparizione su grande schermo di Lassie, Torna a casa, Lassie! diretto da Fred McLeod Wilcox e distribuito dalla major Metro Goldwyn Mayer. Il consenso fu così grande che la MGM decise di proseguire le avventure del cane temerario mettendo in produzione una serie di seguiti (Il figlio di Lassie, Il coraggio di Lassie) fino ad arrivare all’enorme successo della già citata serie televisiva.

Un vero e proprio fenomeno mondiale che ha portato, nel tempo, anche altri Paesi occidentali a proseguire le avventure dello spericolato animale dal cuore d’oro e tra queste possiamo ricordare la serie tv canadese arrivata sul finire degli anni ‘90.

Tanti film, tante serie televisive e tante storie differenti. Non c’è mai stato, infatti, un vero e proprio filo conduttore narrativo a tenere unite le avventure di questa star a quattro zampe. Protagonisti differenti, di volta in volta, si prendono cura dell’animale che più che protagonista assurge al ruolo di autentico simbolo. I personaggi umani che ruotano attorno all’animale, infatti, non sono importanti così come non lo è l’animale in senso stretto. Lassie diviene l’incarnazione di alcuni valori ben precisi, quali il coraggio e la fedeltà su tutti, e per questo motivo il vero trait d’union di tutti i racconti incentrati su questo speciale Rough Collie non è da individuare all’interno della narrazione bensì nei temi trattati.

Lassie torna a casa

Lassie è quell’amica che tutti vorrebbero e dovrebbero avere. È il riflesso immediato di quel detto che recita che il cane è il migliore amico dell’uomo. Ma per i protagonisti delle sue storie (generalmente bambini), Lassie è più di un’amica. A modo suo, infatti, diventa un mentore di vita, una vera e propria guida per scoprire cosa significa essere davvero coraggiosi ed affrontare tutte le insidie pur di difendere i più deboli e chi sia ama.

A più di 80 anni dalla sua creazione, l’impavido collie si riaffaccia sul grande schermo con Lassie torna a casa e questa volta è la Germania a voler dire la sua in merito.

Diretto da Hanno Olderdissen e chiaramente riproposto per seguire il trend di alcuni recenti family-movie di successo come la saga di Belle & Sebastien, Lassie torna a casa si pone l’obiettivo di portare gli spettatori più giovani all’interno di un racconto avventuroso dall’impostazione decisamente classica. E non poteva di certo essere altrimenti.

Lassie torna a casa

Olderdissen dimostra di conoscere abbastanza bene i racconti di Lassie e di aver visto più di qualche puntata della classica serie televisiva, così da riproporre situazioni che non possono far altro che evocare un effetto nostalgia nella mente degli spettatori più anziani (ipoteticamente i nonni o i genitori dei bambini a cui questo film è rivolto). Il lungo viaggio di Lassie per tornare a casa dal suo padroncino, dunque, non può mancare di alcune tappe imprescindibili come l’incontro faccia a faccia con un lupo feroce, il tentativo di salvare una pecorella indifesa caduta in una rupe e l’immancabile momento con la pericolosa diga da attraversare.

Tutte situazioni già viste in passato ma così tanto radicate nell’immaginario di Lassie che era giusto, se non addirittura doveroso, reinserirle in questo reboot aggiornato al 2021. Ma la conoscenza di Olderdissen del mondo di Lassie sembra fermarsi qui, alla sola superficie. Ed è un vero peccato.

Serve a poco riproporre le avventure di Lassie già note in passato se poi si sbaglia completamente il tono con cui queste vengono narrate. Lassie torna a casa, infatti, compie la scelta infelice di abbracciare un linguaggio tanto infantile finendo così per snaturare quell’epica che è sempre stata insita nei racconti classici di questo eroe a quattro zampe.

Sceneggiato da Jane Ainscough, il film in questione affoga in tutta una serie di banalità che oggi come oggi appaiono vecchie e superate anche all’interno del cinema destinato ai più piccoli. Il bullo della scuola che si comporta come un bullo non farebbe mai, il maggiordomo effeminato che sembra una caricatura uscita dagli anni ’80, il malvivente goffo che finisce inevitabilmente vittima dei suoi stessi tranelli.

Lassie torna a casa

Sceneggiatura e regia collaborano per rincorrere puntualmente lo sketch frivolo affidato alla pantomima in cui, nelle intenzioni, a divertire dovrebbero essere le capriole del cattivo, la scoreggia dell’anziana affittuaria o la smorfietta d’approvazione del maggiordomo. Abbastanza triste dover assistere a questo tipo di spettacolo nel 2021 ma, ancora più triste, è l’essere ancorati alla credenza che per accontentare i più piccoli bisogna fare film così tanto sciocchi. Una dichiarata mossa pronta a testimoniare che chi produce/scrive/dirige certi film per bambini non conosce ciò che questi oggi guardano realmente.

Nel 1943 Torna a casa, Lassie! si prefiggeva l’obiettivo di unire adulti e bambini davanti lo stesso spettacolo, aiutando i più grandi ad impartire ai propri figli insegnamenti e valori chiave. Lassie torna a casa invece, ignorando completamente l’insegnamento dei moderni family-movie di successo (dal già citato Belle & Sebastien al sempre tedesco Heidi), decide di offrire uno spettacolo che respinge i più grandi e chiede ai più piccoli di restare tali.

Lassie torna a casa arriva nei cinema italiani dal 10 giugno distribuito da Lucky Red.

 Giuliano Giacomelli

PRO CONTRO
  • Un nuovo film su Lassie costituisce un “pro” a prescindere.
  • Il tentativo di riproporre un vero film d’avventura per tutta la famiglia dai toni classici.
  • Il riproporre molte situazioni già note alle avventure di Lassie.
  • Una sceneggiatura ricca di ingenuità e stupidaggini.
  • Dover ricorrere nel 2021 a questo tipo di linguaggio per parlare ai più piccoli è davvero tanto triste.
  • Un film che a conti fatti appare più vecchio del film originale del 1943.
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