Le Origini del Male, la recensione

Il titolo italiano della nuova pellicola di John Pogue potrebbe ricordare quello del quarto film incentrato sulla vita del Dottor Lecter (Hannibal Lecter – Le origini del male, 2007). Tuttavia, la somiglianza tra i due titoli è una coincidenza totalmente casuale, e niente in particolare li accomuna se non il genere misto horror – thriller a cui entrambi appartengono. Questo esempio rientra nel vasto argomento della banalità dei titoli dei film mal tradotti dall’inglese all’italiano: a dimostrazione di ciò infatti, il titolo originale The Quiet Ones, riesce meglio nell’intento di incuriosire lo spettatore e attrarlo in sala alla scoperta del suo significato.

Uscito in Inghilterra e negli Stati Uniti lo scorso aprile, Le origini del male rientra nel fortunato filone dei found footage movies, di cui The Blair Witch Project è stato l’esemplare migliore della fine degli anni novanta. Anche in questo caso, la trama prende le mosse da un fatto di cronaca realmente accaduto: “Quelle che state per vedere sono le autentiche videoriprese di ciò che accadde a Oxford nell’estate del 1974”, recita l’intertitolo grafico nell’incipit del trailer, sullo sfondo musicale di un misterioso carillon. Il fruitore ne rimane suggestionato e viene inevitabilmente sedotto dal fascino della storia vera a cui è ispirato il racconto.

Il prof. Coupland e la sua "cavia" Jane

Il prof. Coupland e la sua “cavia” Jane

Il film narra di un esperimento condotto negli anni ’70 dal professore universitario Joseph Coupland (Jared Harris) su Jane Harper (Olivia Cooke), una giovane donna schizofrenica con manie suicide che si sente posseduta da un essere malvagio. Con l’aiuto di tre dei suoi studenti, che documentano tutti gli step dell’esperimento, Coupland vuole dimostrare che il soprannaturale non esiste e trovare una cura rivoluzionaria per guarire chi è affetto da disturbi di questo tipo. Nel corso della sperimentazione, però, gli equilibri del gruppo si ribalteranno e le reazioni della giovane cavia diventeranno incontrollabili fino all’unica conclusione possibile.

Dopo aver diretto Quarantena 2, John Pogue, con Le origini del male, firma il suo secondo film da regista. Un prodotto abbastanza calibrato, in cui l’argomento del paranormale è approcciato scientificamente. Degne di nota sono le soluzioni metafilmiche di cui Pogue fa uso: il passaggio dal documentario (le varie fasi dell’esperimento filmate in soggettiva) al film vero e proprio, in un continuo alternarsi tra finzione e realtà. E, ancora, l’espediente del bianco e nero per rievocare alcuni episodi passati che riguardano la vita professionale e privata dell’enigmatico insegnante. Tali strumenti stimolano ulteriormente lo spettatore, distraendolo da alcuni evidenti punti deboli come la trama, che si esaurisce velocemente, e il mancato approfondimento dei personaggi che sono solamente “accennati”. Un peccato, visto che i tre universitari, interpretati da Sam Claflin, Erin Richards e Rory Fleck-Byrne, possedevano un ottimo potenziale per essere esplorati più a fondo; Coupland invece, soffre meno di questa mancanza.

In un film horror serrato come questo fa piacere che ci sia spazio per l’elemento amoroso, che mette a nudo la sofferenza e il lato umano della giovane Jane, nonostante sia vittima della presenza malvagia e soprannaturale che incombe su di lei e che le fa compiere azioni spaventose. Il suo personaggio (valorizzato dall’interpretazione di Olivia Cooke) rappresenta, di fatto, “il cattivo” che ha una fioca speranza di redenzione. Il cameraman Brian, infatuato di lei, la difende ciecamente, non del tutto ignaro delle conseguenze. Stilisticamente, si passa da inquadrature pulite e simmetriche a soggettive, sporche e traballanti, fatte con la camera a mano; tutte tecniche di ripresa proprie di un genere cinematografico di tutto rispetto. I fatti si svolgono all’interno di una casa abbandonata nella campagna inglese, al buio, in penombra, tra silenzi premonitori e rumori improvvisi.

Olivia Cooke è la tormentata Jane Harper, adolescente con capacità medianiche

Olivia Cooke è la tormentata Jane Harper, adolescente con capacità medianiche

Che cosa rimane impresso del film? Sicuramente alcuni dettagli registici che lo rendono originale, come l’idea di mostrare le fotografie dell’epoca del vero Professor Coupland insieme ai suoi studenti e alla vera Jane Harris nei titoli di coda. “Le origini del male narra la storia vera di un gruppo di studenti di Oxford di cui non si hanno più notizie […]: oggi, a quarant’anni di distanza, finalmente sappiamo ciò che scoprirono”. Troppo facile ingraziarsi il pubblico rimarcando che la pellicola prende liberamente spunto da un avvenimento reale, un dato di fatto che inevitabilmente rapisce l’attenzione. Ma, per sdrammatizzare, al di là di tutto, un “bravo” John Pogue se lo merita senz’altro. Gli appassionati del genere potranno dire che il regista ha saputo trattare l’horror meglio di altri “avventurieri”, peccando, però, in certi punti e ricadendo nel “già visto”. Tuttavia, ha confezionato un prodotto onesto che, a lungo termine, sopravviverà e godrà della sua autonomia.

Le origini del male, distribuito in Italia dalla Lucky Red, vi aspetta nelle sale dal 2 luglio.

 Claudia Porrello

PRO CONTRO
  • I fatti reali a cui si ispira il film sono già un punto di forza.
  • Godibile, senza pretese e scorrevole.
  • Il ritmo incalzante lo salva dal risultare monotono

 

  • A tratti ricade nel “già visto”, e piacerà più ai neofiti del genere.
  • I temi sono affrontati un pò superficialmente.
  • Non sfrutta pienamente il cast a disposizione.

 

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