Les Souvenirs, la recensione

Les Souvenirs, ultimo film firmato dal regista francese Jean-Paul Rouve, mette in scena la semplicità e i piccoli problemi di una famiglia francese come tante altre. L’abilità di far convergere una comicità genuina e drammi personali e/o sociali ha fatto per decenni la fortuna del cinema italiano, e dell’abusata etichetta di “commedia all’italiana”, ma ormai da qualche anno questa capacità sembra essere diventata propria del cinema francese. E mentre noi festeggiamo i grandi numeri del nazionalissimo (e invendibile fuori dai confini italiani) Checco Zalone, la Francia ha realizzato commedie acclamate a livello internazionale come Quasi Amici, Tutto sua madre e Cena tra amici; possiamo dire senza esagerazioni che è il momento della “commedia alla francese” e l’Italia può solo tristemente emulare (vedi Benvenuti al sud e Il nome del figlio).

Les Souvenirs appartiene a quella categoria di pellicole che ogni tanto fanno semplicemente bene al cuore e allo spirito. La storia si divide in un trittico familiare formato da Romain, ragazzo di 23 anni che studia lettere, aspirante scrittore e portiere di notte, suo padre Michel, un uomo insicuro che sta vivendo maldestramente l’esperienza della pensione, e sua nonna Madelaine, una donna forte per la quale la casa di riposo sembra un luogo infernale.

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Il film è tratto dal romanzo L’eroe quotidiano di David Foenkinos il quale ha collaborato con il regista alla stesura della sceneggiatura; è proprio dalla parola “quotidiano” che bisogna partire per capire il senso della pellicola. Rouve desidera fotografare la vita, uno degli obiettivi più ostici per i registi contemporanei, semplicemente come percorso ciclico di tre individui che potrebbero essere posti come archetipi di ognuno di noi: il giovane ragazzo che diventa uomo, il padre, ormai adulto, che perde i suoi punti di riferimento e la nonna che, nonostante i suoi 85 anni, è ancora desiderosa di risposte. Ogni personaggio de Les Souvenirs è alla ricerca di un posto nel mondo e inevitabilmente di sé stesso.

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Non ci sono guizzi artistici o svolte narrative particolarmente sentite e le storie procedono in maniera calma e scorrevole, un po’ come la routine quotidiana. Allo stesso tempo, gestire tre protagonisti non era un compito facile e, alla fine del film, è chiaro che una stabilità simmetrica era quasi impossibile: si preferisce dare spazio all’interessante rapporto nonna-nipote mentre il personaggio di Michel viene lasciato e ripreso a tempi alterni (nonostante ciò rimane uno dei personaggi più affascinanti insieme a sua moglie).

Attori come Annie Cordy, Michel Blanc e il giovanissimo Mathieu Spinosi riescono a dare corpo a dialoghi garbati ma senza una grandissima personalità. Fotografare il quotidiano non è un compito semplice, soprattutto se si vuole rimanere nella memoria collettiva, cosa che, ci dispiace affermare, difficilmente accadrà a questo film.

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“Intergenerazionale” e “fuori dai generi” (sempre in bilico tra commedia, dramma e qualche accenno di romance) potrebbero essere ottime parole per definire tutto ciò che c’è di buono in Les Souvenirs eppure tante volte raccontare i piccoli drammi risulta un problema più grande del previsto. L’assoluta quiete del film ci accompagna nella prima ora di visione ma, nella seconda parte, quasi irrazionalmente, vorremmo vedere comparire una spada laser da qualche parte.

È colpa dello spettatore che ormai vede il cinema come semplice mezzo di evasione per fuggire dalla realtà o, al contrario, è il cinema contemporaneo a essere incapace di conquistare totalmente il pubblico quando si avvicina al reale?

Matteo Illiano

PRO CONTRO
  • Tre personaggi per raccontare uno spaccato di quotidianità che attraversa le generazioni e il tempo.
  • Il film porta avanti l’idea vincente di essere fuori dagli schemi dei generi cinematografici tradizionali.
  • Gli avvenimenti modificano la vita dei personaggi ma il film rimane sempre su dei toni pacati che lo rendono completamente monocorde.
  • I personaggi vengono risolti con troppa poca attenzione.
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