Liberaci dal Male, la recensione

Scott Derrickson ha una carriera votata al demoniaco.

Se escludiamo il non troppo fortunato remake di Ultimatum alla Terra, infatti, il futuro regista del marveliano Doctor Strange ha in curriculum un’invidiabile quantità di film horror che parlano di diavoli e demoni. Cominciamo con il riuscitissimo Hellraiser 5: Inferno (2000), ovvero uno dei migliori sequel del cult diretto da Clive Barker, si prosegue con The Exorcism of Emily Rose (2005), tratto dalla vera storia di Anneliese Michel e divenuto in breve tempo un punto di riferimento per il cinema esorcistico. Arriva poi, nel 2012, Sinister, prodotto dalla BlumHouse, che pur allontanandosi dall’impianto del film demoniaco per abbracciare quasi più quello del filone “case infestate”, porta in scena uno spaventoso demone che si lega alla sua immagine riprodotta. Ma ora arriva Liberaci dal Male, che sembra quasi essere un mix tra i primi due film di Derrickson, visto che unisce a un impianto da thriller poliziesco (come Hellraiser 5) con tematiche e immagini tipiche del cinema degli esorcismi.

Ralph Sarchie (Eric Bana) è un detective di New York che sta indagando su un caso di tentato omicidio, in cui una donna (Olivia Horton) ha scaraventato il figlio neonato nel recinto dei leoni dello zoo, procurando al bambino una frattura al cranio. Al contempo, il detective riesce a sventare un episodio di violenza domestica da parte di un uomo (Chris Coy) ai danni della moglie. Inoltre, una famiglia di origini latinoamericane contatta la polizia perché dice che nel loro scantinato c’è qualche cosa di strano e Sarchie, mandato sul luogo della segnalazione, scopre il cadavere decomposto di un uomo (Scott Johnsen). Il tentato infanticidio, la violenza domestica e il cadavere in cantina sembrano però tutti episodi collegati da una matrice comune, visto che i vari soggetti in esame hanno fatto parte di una squadra militare in Iraq durante il più recente conflitto in Medio Oriente.

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Il punto di partenza per Liberaci dal Male è Beware the Night (anche titolo di lavorazione del film), ovvero un libro scritto dal vero ex detective Ralph Sarchie in cui si raccontano le sue avventure alla scoperta della dimensione diabolica che vive in mezzo a noi. Nel manuale scritto da Sarchie, il quale pare abbia contribuito attivamente anche alla realizzazione del film, si racconta la vicenda del reduce di guerra posseduto dal demonio così come altri episodi in cui l’uomo si è imbattuto dopo aver mollato il distintivo ed essersi interessato alla demonologia.

Con il tentativo di rendere cinematografico un libro-inchiesta, Derrickson, che si è occupato anche della sceneggiatura insieme a Paul Harris Boardman, aveva cominciato già a lavorare allo script nel 2004, quando il libro di Sarchie fu opzionato da Jerry Bruckheimer. Da allora ci sono state diverse stesure fino alla volontà di realizzare un film che fosse un mix tra Seven e L’esorcista, e così è stato. Solo che Liberaci dal Male, purtroppo, non ha ne il fascino narrativo e stilistico del film di Fincher, ne la forza e l’inquietudine del capolavoro di Friedkin.

Piuttosto, il film di Derrickson è un thriller/horror fin troppo convenzionale e commerciale che non riesce a far ripetere al regista il “miracolo” ottenuto con The Exorcism of Emily Rose.

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L’inizio è mediamente promettente e se il prologo ambientato in Iraq, con una piccola squadra di soldati americani impegnati a scoprire le rovine di un misterioso santuario, richiama con prepotenza il prologo di L’Esorcista, suggerendo atmosfere esotiche, poi il proseguo è un cupissimo poliziesco dalle tinte soprannaturali. Il piatto è piuttosto appetitoso perché trattare il filone demoniaco con i toni del thriller poliziesco è peculiarità di pochissimi, tra cui ricordiamo L’esorcista III, Il Tocco del Male e Giorni contati. Però l’iter che Liberaci dal Male segue non convince a pieno e si nota come l’indagine del detective Sarchie sia del tutto scombinata e priva di una costruzione pregnante e coinvolgente. Il film, infatti, si presenta come un accumulo di scene senza un nesso particolarmente distintivo che puntano tutto all’atmosfera da horror. E in questo il film riesce a meraviglia, perché Derrickson sa come spaventare lo spettatore, ma sembra quasi che non ci sia collante tra una scena di spavento e l’altra e la cornice poliziesca, a un certo punto, viene proprio dimenticata.

Liberaci dal Male vive di scene madri, ha un ritmo piuttosto incalzante e quando deve spaventare lo spettatore riesce ad escogitare trucchi più o meno canonici ma quasi tutti efficaci (la bambina e “la cosa” che graffia sotto il suo letto offrono bei momenti da film horror). Il problema è che il film non sarebbe dovuto essere questo, perché prometteva altro. Prometteva di essere un punto di vista alternativo sul genere esorcistico/demoniaco e invece finisce per adagiarsi sui soliti cliché, compreso un lungo esorcismo finale che usa tutti, ma proprio tutti, i topoi del filone.

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Che poi, qua e là, ci sono anche idee bizzarre che vale la pena ricordare, come l’utilizzo diegetico delle canzoni dei The Doors come mezzo di manifestazione del demonio, ma è nel complesso che Liberaci dal Male scricchiola. E non aiuta neanche la caratterizzazione molto standard del protagonista, interpretato da Eric Bana, con trauma nel passato e senso di colpa perché trascura la sua famiglia, anche se poi c’è il personaggio del prete esorcista, Padre Mendoza (Èdgar Ramìrez), a uscire fuori dagli schemi, pur risultando poco credibile.

Insomma, a conti fatti, Liberaci dal Male lascia l’amaro in bocca e ha il sapore dell’occasione sprecata. Forse Bruckheimer, che è uno dei simboli della Hollywood contemporanea più fracassona e commerciale, ci ha messo voce più del dovuto, fatto sta che il film di Derrickson esaurisce il suo potenziale in poche minuti, diventando poi un pop-corn movie dallo spavento facile e fin troppo incline al già visto.

Sicuramente non entrerà negli annali del genere.

 Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Sa costruire momenti di tensione davvero riusciti.
  • Qua e là ci sono idee bizzarre e originali, come l’utilizzo diegetico delle canzoni dei Doors per aprire le “porte” con un’altra dimensione.
  • Sa di già visto a più riprese.
  • L’indagine poliziesca si lega male all’elemento demoniaco/esorcistico.
  • Il protagonista è troppo stereotipato.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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