L’uomo che comprò la luna, la recensione

Paolo Zucca (Gli angeli di Borsellino, L’arbitro) ce l’ha fatta. Il regista e sceneggiatore cagliaritano, dopo anni di studio e David di Donatello (nel 2009, per il cortometraggio L’arbitro, che poi divenne un lungometraggio) e applausi dalla critica, è riuscito ad allontanarsi dal piccolo gruppo di registi sardi -esemplari Salvatore Mereu (Ballo a tre passi, Sonetàula, Bellas mariposas), Giovanni Columbu (Su Re) e Gianfranco Cabiddu (Disamistade, Il figlio di Bakunin, La stoffa dei sogni) – osannati dalla critica ma sconosciuti al grande pubblico.

Jacopo Cullin (Le ali, Al di là del lago, Angeli e diamanti, L’arbitro, Crushed Lives. Il sesso dopo i figli, Bianco di Babbudoiu, La stoffa dei sogni) ce l’ha fatta. Dopo aver fatto morire dal ridere la Sardegna con i suoi sketch comici nel programma regionale Come il calcio sui maccheroni – indimenticabile il suo personaggio di Salvatore Pilloni, parodia del tipico “gaggio” cagliaritano – si è trasferito a Roma e ha cominciato la sua carriera di attore drammatico, trovando la dovuta visibilità nel ruolo da protagonista in L’arbitro.

Benito Urgu (Un’estate al mare, E io non pago – L’Italia dei furbetti, L’arbitro, Bianco di Babbudoiu) be, lui ce l’ha fatta da un bel po’, ma la Musa della Commedia gli ha concesso di interpretare il personaggio meno macchiettistico della sua carriera.

Questi tre ecclettici artisti, accompagnati da un cast di tutto rispetto in cui ritroviamo Stefano Fresi (Smetto quando voglio, Noi e la Giulia, La Befana vien di notte), Francesco Pannofino (Maschi contro femmine, Boris, Ogni maledetto Natale) e Angela Molina (La sconosciuta, Baarìa, Gli abbracci spezzati) hanno saputo mettere in scena una pellicola frizzante e surreale, soprattutto nel finale, ma con una leggera patina drammatica: insomma, che punta a suscitare nello spettatore il fantomatico “riso sardonico”.

Dino (Francesco Pannofino) e Pino (Stefan Fresi) sono i responsabili dei Servizi Segreti italiani che, dopo una telefonata dalla Cia, scoprono che un abitante dell’immaginario paese sardo di Cuccurumalo cinquant’anni prima aveva fatto richiesta alle Nazioni Unite per avere la proprietà della Luna e, dato che per mezzo secolo nessuno gli ha mai contestato la richiesta, si ritrova ad essere il legittimo proprietario del satellite. Poiché gli Stati Uniti non possono tollerare che il suolo su cui hanno posato la bandiera nel 1969 appartenga a qualcun altro, chiedono che venga loro “restituita” la Luna.

Per scongiurare una crisi internazionale, Dino e Pino decidono di mandare in Sardegna qualcuno che sappia parlare sardo e che convinca il misterioso proprietario a cedere i propri possedimenti celesti; la scelta cade dunque su Kevin Pirelli (Jacopo Cullin), il cui vero nome è Gavino Zoncheddu, meneghino di origini isolane.

Per mimetizzarsi al meglio il protagonista deve superare “l’esame di sardità” e ricorre all’aiuto di un “tutor madrelingua” (Benito Urgu) che, oltre a dargli le basi della cultura sarda, gli insegnerà anche gli antichi valori della fedeltà, della riconoscenza e del coraggio; qualsiasi riferimento ironico a Karate Kid è puramente casuale.

Dopo aver superato l’esame, Kevin è pronto a partire sull’isola e affrontare la sua missione, che non risparmierà i colpi di scena più impensabili.

L’uomo che comprò la luna si presenta come una fiaba dissacrante, la cui trama non è di certo nuova a nessuno – il disilluso uomo del Nord che va nel Meridione e capisce cosa sia davvero importante nella vita – ma l’elemento originale consiste proprio nell’ambientazione: finalmente sulla Sardegna si fa una satira “corretta” che esalti le qualità di un popolo e ne critichi i difetti, sulla scia della comicità dei Casa Surace e di Checco Zalone.

La suggestività della scenografia accentua l’atmosfera idilliaca che viene costantemente interrotta dalle battute sagaci della sceneggiatura. Gli attori protagonisti creano un’implicita intesa fra di loro e non va nascosto che lo spettatore sardo potrebbe provare una sorta di commozione nel vedere due generazioni diverse di comici insieme sul grande schermo – il trio comico di Pino e gli Anticorpi (Roberto e Michele Fara, e Stefano Manca) nel 2016 tentò di riunire il meglio della comicità isolana nel film Bianco di Babbudoiu ma si servì di sketch poco credibili.

L’uomo che comprò la luna è il primo vero film comico sardo, fatto da Sardi che fa ridere i Sardi e i “Continentali” in maniera naturale e con un intreccio rispettabile; la spiegazione degli usi e dei costumi non pesa sui dialoghi e può tornare utile alla maggior parta dei turisti che vogliano esplorare i tesori nascosti dell’isola.

Ilaria Condemi de Felice

PRO CONTRO
  • Satira corretta.
  • Originalità dell’ambientazione.
  • Recitazione.
  • Trama basilare.
  • Citazioni “culturali” non comprensibili da chi non conosce la tradizione sarda.
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L'uomo che comprò la luna, la recensione, 8.0 out of 10 based on 1 rating

2 Responses to L’uomo che comprò la luna, la recensione

  1. Sebastiano ha detto:

    Ilaria sempre più brava, ormai sei una grande “penna” della critica cinematografica. Complimenti.

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  2. Salvatore ha detto:

    Brava Ilaria, non avevo dubbi. Una bella recensione,oggettiva, misurata e molto chiara per chi non ha idea del film. Molto stimolante per vederlo. Un sincero complimento.

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