Mindhunter: stagione 2. Mens sana in corpore sano

Si riparte proprio da dove ci eravamo lasciati.

La scena iniziale di Dennis Rader – sì, è proprio lui, il famigerato BTK Killer – è sinonimo di ansia pura, che scema in uno dei migliori anticlimax della serie tv.

All’inizio di (quasi) ogni puntata ci sono pochi minuti dedicati proprio ad uno dei serial killer più efferati della storia degli USA e quasi fanno presagire sia lui il main villain di questa seconda stagione, ma così non è… tutto lascia presagire diventi la vera nemesi di Holden nella terza stagione.

Mindhunter non è una serie “facile”, ha un andamento molto particolare e si può quasi suddividere in due parti: fino alla quarta puntata a farne da padrone sono gli interrogatori, le battaglie mentali con i serial killer (ricostruiti benissimo sia fisicamente che psicologicamente), poi accade un colpo di scena semplicemente atroce, crudo, raccapricciante e irreparabile che cambia le carte in tavola e sposta la prospettiva della seire tv, ma mai cambiando il registro linguistico e stilistico.

mindhunter stagione 2

Perché Mindhunter è proprio questo: l’emblema della coerenza, della linearità della sceneggiatura e del fascino di ogni interrogatorio e dell’ammaliamento che la mente di un serial killer possa esercitare su noi comuni mortali (qualsiasi serial killer… che sia un uomo, una donna o un… non lo scriverò, scopritelo).

Nessun momento splatter, nessuna scena di sangue: la bravura di David Fincher è proprio quella di generare ansia, tensione, immedesimazione e scabrosità solo dalle parole, dai racconti e da uno storytelling così vero da far rabbrividire.

Si tratta dell’elogio della narrazione della realtà, senza fuochi d’artificio, senza effetti speciali, solo nudità e crudeltà.

mindhunter stagione 2

Fautori di tutto ciò sono i tre protagonisti: Holden (Jonathan Groff), Bill (Holt McCallany) e Wendy (Anna Torv), con le loro debolezze, con la loro umanità, con i loro problemi, con la loro professionalità.

Sembra quasi di star guardando un documentario tant’è la bravura di questi tre attori: naturali, così umani e così veri, sono il simbolo di un’era, quell’americana, che all’epoca era così bella eppure così controversa.

I serial killer incontrati sono tanti, tantissimi, ma i dieci minuti di applausi vanno alla scena con Charles Manson (interpretato magistralmente da Damon Herriman, lo stesso attore, peraltro, che troverete in C’era una volta a… Hollywood, il nono film di Quentin Tarantino in uscita al cinema nella seconda metà di settembre): personalmente l’ho vista tre volte, sembra quasi di essere in cella con lui e non c’è dubbio che il personaggio di Manson sia affascinante quanto temibile… insomma, una buona dose d’ansia anche in questa scena.

mindhunter stagione 2

Più della prima stagione, si affaccia e si fa strada una forte componente politica dell’epoca simboleggiata dalla polizia di Atlanta che tenta in tutti i modi di insabbiare una serie di omicidi di bambini: ecco, forse proprio in questo preciso istante, la serie lascia un po’ volutamente le premesse iniziali e si “perde” in troppe puntate in quest’unica direzione.

Due parti, dicevamo: ed è proprio così.

Se nella prima parte si dà maggior spazio all’intimità dei personaggi, nella seconda si affronta più la componente generale degli omicidi; è una scelta ben precisa quella di Fincher di passare dal particolare al generale: la serie cresce, i serial killer aumentano, i personaggi si fanno più complessi, il dipartimento di scienze comportamentali ha più risorse… il focus dev’essere allargato, l’attenzione quasi si perde tra i vari casi, le diramazioni, gli interrogatori, le accuse, gli inseguimenti.

Ma così dev’essere e così dovrà essere.

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In attesa di un rinnovo ufficiale per una terza stagione (sperando che ai piani alti di Netflix non cadano troppe volte con la testa a terra – si veda l’annullamento incredibile di The OA), perdetevi tra i vari stati dell’America, in questo viaggio contorto nella mente dei più “grandi” serial killer della storia, ricostruiti perfettamente.

Siate lucidi, siate attenti: per seguire queste menti occorre esser sani, proprio come suggerisco nel titolo di questo articolo.

Fabrizio Vecchione

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