Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, la recensione

Ci sono artisti che hanno dato molto al cinema, hanno raggiunto la proverbiale vetta al punto che, continuando la loro avventura, non possono far altro che scendere. È un po’ la sorte toccata al buon Tim Burton, regista tra i più innovativi di fine ‘900, con una personalità autoriale molto caratteristica che nell’arco di un decennio ha confezionato un ottimo film dietro l’altro, riuscendo anche a donarci più di un capolavoro. Poi il suo genio si è arrestato, ha arrancato tra film di fattura pregevole ma non eccelsa e alcune brutture che non vorremmo mai vedergli attribuite (anche se, paradossalmente, almeno una di queste è il suo più grosso successo commerciale!). E così arriviamo a Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, che si adagia nell’ormai colmo calderone dei film diretti da Burton senza infamia e senza lode.

Ispirato a La casa per bambini speciali di Miss Peregrine, ovvero il primo dei tre romanzi di genere fantasy scritti dallo statunitense Ransom Riggs, Miss Peregrine porta con sé pregi e difetti di un’opera su commissione a cui un autore ha fatto di tutto per infondere la propria personalità, pur sottostando vistosamente a dei compromessi produttivi. In questo caso, a Burton è stato affidato dalla Fox l’adattamento del romanzo in un momento di foga produttiva da young adult (Maze Runner, sempre Fox, non ha avuto i risultati commerciali sperati); il regista dice di essere stato immediatamente colpito dall’opera di Riggs fin dal titolo, dal momento che i “bambini speciali” gli hanno ricordato l’universo di adorabili freaks a lui tanto caro. E infatti il film, così come il romanzo, possiede quell’aura magica e fiabesca, ma anche macabra che fa tanto Burton. Allo stesso tempo, sembra di essere dinnanzi a una variante di X-Men: First Class in cui la complessità dell’universo Marvel è sostituita da una più semplicistica storia di crescita adolescenziale. Un miscuglio strano che ci fa rimanere Miss Peregrine un po’ indigesto se ci si aspetta un ritorno in grande stile del regista di Ed Wood, ma allo stesso tempo un’opera godibile per la bizzarria di alcuni personaggi e di alcune situazioni.

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Si racconta la storia dell’adolescente Jacob Portman che, in seguito alla misteriosa morte di suo nonno, si fa portare dal padre su un’isola del Galles, teatro di tanti racconti dell’anziano nonché luogo in cui passò la gioventù. L’intento di Jacob è trovare Miss Peregrine e la sua casa per ragazzi speciali, un orfanotrofio dove venivano portati bambini con delle facoltà soprannaturali. Giunto sul posto, con estremo dispiacere, Jacob scopre che quell’orfanotrofio non c’è più da tanti anni, distrutto in un bombardamento durante la seconda guerra mondiale. Ma come per magia, Jacob trova il modo di entrare in contatto con Miss Peregrine e i suoi orfanelli speciali, che si trovano in un anello temporale che li fa rivivere ogni giorno l’ultimo giorno prima del bombardamento. Ora quei bambini sono minacciati dai “vacui”, delle creature mostruose intenzionate ad eliminarli e responsabili anche della morte del nonno di Jacob.

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Una storia inizialmente molto semplice che racconta la ricerca delle proprie origini da parte di un ragazzo introverso, con la conseguente scoperta di un mondo fantastico popolato da creature bizzarre e mostruose, si fa ben presto sempre più intricato fino all’entrata in gioco di viaggi nel tempo e loop temporali. In questo senso, la prima parte di Miss Peregrine, oltre che essere più genuinamente burtoniana perché attenta a descrivere la sensibilità di un gruppo di disadattati, è anche quella più scorrevole e legata a quel “sense of wonder” che giustamente un film di questo tipo richiede; poi il film si fa inutilmente complicato, cerca una sua originalità fantascientifica che comunque non trova e allora ci si abbandona alle scene più spettacolari come quella dell’attacco degli scheletri in un luna park, nella quale lo spettatore più navigato non mancherà di scorgere un omaggio all’effettista Ray Harryhausen e i suoi mostri in stop-motion.

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I bambini che popolano la casa di Miss Peregrine, proprio come se fossero dei novelli mutanti, hanno capacità molto speciali, alcune più banali, come la super forza, l’invisibilità o la possibilità di generare un grande calore con il proprio corpo, altri più particolari, come proiettare i sogni, essere leggeri più dell’aria o riuscire ad animare le cose. Spesso è il look dei personaggi e delle creature, o del film nel suo complesso, a colpire positivamente, sempre in bilico tra i toni darkeggianti e i colori pastello, tipicamente butoniani, con una menzione particolare alla resa spaventosa dei “vacui”, mostri che a una prima occhiata ricordano l’inquietante Slender Man delle leggende.

Alcune trovate sono particolarmente collocabili nell’immaginario di Tim Burton, come la scena in cui uno dei ragazzi di Miss Peregrine anima due bambole assemblate con oggetti di fortuna e le fa battere all’ultimo sangue, con una splendida animazione in stop-motion, oppure la scena in cui Jacob ed Emma vanno nella nave sommersa, o ancora la già citata scena del combattimento degli scheletri, purtroppo rovinata da un commento musicale tecno-dance davvero inascoltabile e inopportuno.

Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali

In Miss Peregrine però ci sono anche quegli elementi caratteristici di tanti romanzetti young adult che affollano le corsie di Feltrinelli e Mondadori, ovvero la storia d’amore in cui c’è lei contesa tra due ragazzi, un cattivo improbabilissimo, interpretato da un Samuel L. Jackson in versione “tengo famiglia”, e il classico finale aperto che promette altre avventure che probabilmente mai arriveranno. Perché Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali soffre anche di una schizofrenia che lo rende difficilmente targettizzabile: verosimilmente è indirizzato a un pubblico di adolescenti, però non è abbastanza cool e con star di richiamo per catturarli, i bambini ne potrebbero essere terrorizzati a causa dei mostri e delle scene di violenza, gli adulti scoraggiati da una buona dose di infantilismo. Insomma, da un punto di vista prettamente commerciale, Miss Peregrine potrebbe non accontentare nessuno.

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Dal loro canto, gli attori fanno un buon lavoro: Eva Green è il personaggio del titolo, tirata a lucido e privata della sua consueta sensualità ma dal fascino magnetico e dal credibile carisma da leader, Asa Butterfield è il protagonista, ragazzino introverso e senza amici che cerca una propria dimensione tra i freaks, e la graziosa Ella Purnell, già vista in Maleficent, è Emma, la ragazza più leggera dell’aria di cui Jacob si innamora. Del pessimo Samuel Jackson, incredibilmente gigione e truccato in modo ridicolo, abbiamo già detto e in ruoli piccolini compaiono pure Judi Dench e Rupert Everett, dall’aspetto ormai abbastanza irriconoscibile.

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Quindi Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali si ferma lì, in quel limbo delle opere “ni”, apprezzabile se visto da una mente vergine ma deludente se si considera che a firmarlo è un grande del cinema fantastico come Tim Burton.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Il look delle creature e del film nel suo complesso.
  • La prima parte ha un’atmosfera bizzarra che sa affascinare.
  • Gran parte del cast.
  • Se lo collochiamo nella carriera di Tim Burton, purtroppo segue quel trend dei film su commissione che nulla lasceranno alla storia del cinema fantastico.
  • Samuel L. Jackson, davvero ai minimi storici.
  • La seconda parte più fantascientifica è macchinosa e poco fluida.

Se vuoi leggere la nostra intervista a Tim Burton su Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali, clicca qui.

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