Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi), la recensione

Ah, la cara e vecchia black comedy… Oh, il buon umorismo british…! Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Peter Sellers gigioneggiava vantando doti da trasformista non indifferenti e da quando la verve dei Monty Python travolgeva ogni conformismo, tanto in tv quanto al cinema. Negli anni più recenti l’irriverenza di Ricky Gervais, la demenzialità di Rowan Atkinson o la simpatia di Simon Pegg e Nick Frost – spesso diretti dal genio di Edgar Wright – ci ricordano la grandezza comica del Regno Unito, che spesso e volentieri torna alla ribalta, anche al cinema, con commedie dal sicuro appeal.

Ultimo esempio di questa ormai lunga tradizione è Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi), esordio alla regia di un lungometraggio dello sceneggiatore Tom Edmunds, che infila dentro il suo film dosi così massicce di cinismo da risultare, in fin de conti, una commedia del tutto innocua.

William è un giovane scrittore fallito che sta tentando in tutti i modi di farla finita, ma i numerosi tentativi di suicidio non vanno a buon fine, mettendo nel ragazzo il tarlo del dubbio su una sua ipotetica immortalità. Mentre è sull’orlo di un ponte, di notte, William fa la conoscenza di Leslie, un killer di professione che lavora per un’agenzia che, tra omicidi di routine, offre anche un servizio di suicidio. “La tua morte a modo tuo”, recita la brochure: si può scegliere il tipo di morte e il killer assoldato assicura di portare a termine il lavoro nell’arco di sette giorni, altrimenti il pagamento anticipato viene restituito. William accetta, sceglie una morte indolore e aspetta impaziente il momento fatidico… ma succede l’imprevisto! Il suo romanzo viene notato da una nota casa editrice e lui si invaghisce dell’editor che gli viene assegnata. Cosa fare adesso?

Avvalendosi di un mostro di bravura come Tom Wilkinson nel ruolo del killer Leslie, Tom Edmunds firma uno script brillante che non fa sconti a nessuno, diventando già in pochi minuti iniziali la fiera del politicamente scorretto. Una cattiveria, però, che è talmente british da non risultare mai di cattivo gusto, lasciando quindi da parte ogni volgarità e ogni eccesso di sorta.

Senza dubbio, Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) si avvale di un high concept molto accattivante che da solo ha la forza di vendere (e bene) il film; se uniamo a questo delle trovate genuinamente divertenti e uno stuolo di attori bravi e in parte, il gioco è fatto. Perché, oltre a Wilkinson, c’è Aneurin Barnard di Dunkirk dotato di una insospettabile verve comica e a fargli da spalla l’adorabile Freya Mavor, svampita e irresponsabile al punto giusto per dar forza al personaggio.

Tutto bello e divertente? Non proprio. Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) non riesce a reggere il gioco per i 90 minuti di durata e dopo un incipit magnifico e una prima metà divertente e capace di strappare più di una risata, il film si affloscia su se stesso. La situazione si fa un po’ ripetitiva e prende il sopravvento un’anima da action-movie con scontro tra killers che stona con il tono generale del film, fino a un finale cinico ma così cinico che ci si rimane anche un po’ male.

Insomma, se le premesse fossero state tenute per tutta la sua durata, staremmo qui a parlare di un nuovo capolavoro della black comedy, invece dobbiamo solo parlare di un buon film che non sa sfruttare fino in fondo le potenzialità di un soggetto geniale.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • Si tratta di un film a soggetto, ma di quelli che da soli riescono a convincerti ad entrare in sala.
  • Bravi gli attori, con Tom Wilkinson e Aneurin Barnard a offrire un ottimo duetto.
  • La seconda metà del film soffre di stanca, virando inutilmente verso l’action movie.
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Valutazione: 6.0/10 (su un totale di 1 voto)
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