Mr. Robot, ultima stagione: l’isolamento del narratore inaffidabile

Elliot Alderson

Dopo quattro anni, si è conclusa la serie creata da Sam Esmail Mr. Robot, che ci aveva conquistati fin dall’inizio grazie alle trame intricate e le scelte stilistiche uniche, raccogliendo non pochi premi nel corso degli anni.

Mr. Robot racconta di Elliot Alderson (intrepretato dall’incredibile Rami Malek), ragazzo mentalmente instabile che trova il suo sfogo nell’hackerare coloro che considera “cattive persone”. Ad accompagnarlo nella creazione di un gruppo di hacker professionisti, la F-Society, troviamo Darlene, sorella di Elliot (Carly Chaikin), e il “mr. Robot” (Christian Slater) del titolo, che nella prima stagione crediamo essere il padre, ma in realtà scopriremo essere una delle personalità di Elliot, affetto da Disturbo dissociativo della personalità.

Non è facile raccontare la trama di Mr. Robot, e non perché non accadano eventi eclatanti e ben riconoscibili nel corso della vicenda (il primo hacking di successo alla fine della prima stagione, la rivelazione riguardo mr. Robot e il tempo trascorso in prigione sono solo alcuni episodi che vengono per primi in mente), ma perché il personaggio di Elliot Alderson è la rappresentazione perfetta del “narratore inaffidabile”. Elliot soffre di paranoia, disturbo dissociativo della personalità, depressione clinica e disturbo da ansia sociale. Tutto questo è ben espresso nella serie, specchio perfetto della sua distorsione della realtà: noi non vediamo le cose come sono, le vediamo come le vede il nostro protagonista.

Mr. Robot

Proprio per questo Mr. Robot è una serie che si presta tanto bene a delle incredibili rivelazioni: a causa dei suoi traumi, della repressione e dei suoi disturbi Elliot ci trasporta in una conoscenza dell’io completamente partecipativa. In un certo senso, se non tenessimo conto del tema della critica sociale, della tecnologia e del mondo dell’hacking (la trama più “attiva” della storia), Mr. Robot sarebbe una gigantesca seduta di terapia in tempo reale, dove veniamo a conoscenza dei progressi fatti e dei ricordi repressi insieme al paziente.

Tutto quello che succede nella serie è utile a farci entrare sempre più in sintonia con Elliot, persino certe scelte stilistiche (ormai diventate iconiche) hanno questa intenzione. Ad esempio, quando un personaggio è inquadrato singolarmente in primo piano, anche se sta parlando con qualcun altro, non è inquadrato come si usa fare con dello spazio vuoto di fronte a lui (utile oltre che a evitare un senso di claustrofobia, anche a lasciare lo spazio fisico che è il legame con l’interlocutore) che nell’inquadratura successiva sarà di conseguenza a specchio, con lo stesso spazio di fronte: in Mr. Robot i personaggi trovano sempre il viso quasi schiacciato vicino ai bordi dello schermo; lo spazio c’è ma è dietro a loro, suggerendo un grande senso di sbilanciamento e di distacco fra gli individui. Perché la solitudine è l’unica vera compagna di Elliot, ciò che lo spinge a diventare un hacker (perché sente questa grandissima differenza fra il suo modo di essere e quello della società in cui vive), ciò che stimola i suoi disturbi, primo fra tutti quello dissociativo della personalità.

Mr. Robot

Proveniente da un’infanzia travagliata e traumatica, Elliot crea inconsciamente le personalità necessarie alla sua sopravvivenza: il padre/mr. Robot (il protettore), la madre (utile a punirlo quando si sente colpevole), il sé bambino (guardiano dei suoi ricordi repressi) e infine l’ultima personalità, che ci viene svelata in uno straordinario finale di stagione.

Ci sono molti modi per guardare Mr. Robot, così come per descrivere le sue tematiche: si può parlare della complessa critica diretta alla società capitalista consumistica; di come ci mostra una tecnologia ormai completamente intrecciata alle nostre vite, nel bene e nel male; di come la società moderna rappresentata spinga verso un isolamento alienante e di quanto l’unica cosa che possa salvarci siano i legami veri con le persone che amiamo.

Ma sicuramente, a tenere le fila di questo intricato spettacolo di marionette c’è il tema del deragliamento psicologico di Elliot, e noi ci troviamo insieme a lui, a diventarne gli inconsapevoli burattinai. Per poi sobbalzare stupiti al momento della rivelazione.

Mr. Robot

Mr. Robot è come un puzzle gigantesco: abbiamo passato anni a collegare insieme tutti i pezzi sparsi, curiosi della figura finale, e finalmente con l’ultima stagione l’ultimo frammento è andato con soddisfazione al suo posto, lasciandoci ammirare uno spettacolo imponente.

Sicuramente una delle serie migliori del decennio.

Silvia Biagini

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