Mune – Il Guardiano della Luna, la recensione

Il magico mondo dell’animazione può contare non solo su un nuovo piccolo eroe, il fauno turchino Mune, ma anche su un team creativo inedito e con buone frecce al proprio arco. Parliamo dell’animatore Alexandre Heboyan, che, dopo aver militato con successo alla DreamWorks Animation, ha unito le forze con Benoît Philippon (regista del film live action Lullaby for Pi) per scrivere e dirigere Mune – Il guardiano della Luna: gioiellino d’oltralpe nelle nostre sale, dal 5 febbraio, grazie a Notorius Pictures.
I due artisti francesi hanno combinato con gusto e cognizione di causa una miriade di ispirazioni disneyane, nipponiche e non solo, dando vita a un mondo fantastico poetico e coloratissimo, destinato a stupire e conquistare. Lo sfizioso impianto visivo è coadiuvato da una narrazione garbata e armoniosa, in perfetto stile europeo, ma di respiro internazionale.

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Tuttavia, attingere a un immaginario in linea di massima codificato non significa, in questo caso, riproporre schemi stanchi e reiterare personaggi e situazioni. Mune è senz’altro un prodotto d’animazione semplice ed lineare, ma riesce a distinguersi, nell’attuale panorama di prodotti di genere, in virtù delle forti suggestioni visive, di una complessità in grado di toccare tanto le tematiche trattate che la psicologia dei personaggi e di un simbolismo che, pur parlando il linguaggio fiabesco, si svelerà con tenera efficacia anche al pubblico dei più piccoli. Le scelte cromatiche – ora decise e luminose, ora oscure e contrastate – riflettono una dialettica metaforica che allude alla necessaria compresenza, nella vita, di bene e male. L’equilibrio tra le due forze problematiche e in divenire, suggerisce la pellicola, è legato alle nostre scelte. La sinossi non fa che porre l’accento su tali significative sfumature: la distinzione tra creature lunari e del Sole, descritti nei propri limiti e con le loro paure, non è mai netta, ma si plasma e modifica col procedere della narrazione. L’incerto e sensibile Mune, lo sbruffone Sohone, la fragile creatura di cera Glin e gli altri personaggi, nel corso della pericolosa missione volta al recupero del Sole, verranno messi a dura prova, addirittura tentati a cedere al male, eloquentemente rappresentato da serpentelli impalpabili. Riusciranno a perseguire i propri obiettivi e comprendere qual è il proprio posto nel mondo?

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Dal punto di vista grafico, ogni protagonista, pur richiamando alla mente qualcosa di già visto (dallo Stitch di Lilo & Stitch al Maestro Oogway di Kung Fu Panda, passando per Pitch Black di Le 5 Leggende), è caratterizzato da dettagli mai scontati e piacevolmente accattivanti. La pellicola, inoltre, è inframmezzata da sequenze in 2D; lo scarto tra animazione digitale e tradizionale, che tanto deve al mondo degli anime, è una trovata originale che, da un lato, mira a sottolineare visivamente la presenza di universo parallelo, che coesiste con quello in cui si dipana la storia principale; dall’altro, ribadisce la vastità di riferimenti cui Mune attinge e il loro inserirsi funzionalmente nell’economia del racconto. L’intreccio, non particolarmente originale, veicola una serie di spunti e motivi classici quali l’importanza della fiducia in se stessi; l’amicizia e la cooperazione come sprone a una crescita interiore; la necessità di accettare le proprie responsabilità. A tale immediatezza e universalità, si accompagnano però riflessioni meno esposte e affatto scontate, quali il già citato accenno alla natura mutevole del male e l’imprescindibilità, per la natura, di seguire genuinamente il proprio ciclo innato per garantire l’evolversi della vita.

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Il sogno a occhi aperti di Heboyan e Philippon è un’avventura, ai confini del Sole e della Luna, che – procedendo per contrasto tra opposti e conseguente sintesi nella differenza, in nome dell’amore – incanta e arricchisce, regalando un piacevole intrattenimento non solo ai bambini. Certo, siamo di fronte a una storia familiare e a contenuti assodati, come si accennava poco sopra, ma non per questo meno urgenti da diffondere o privi di una propria autonomia e portata innovatrice. Una favola deliziosa, una magia multiforme e policroma, un’occasione per fantasticare e imparare.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Riesce a conciliare un immaginario codificato con componenti inedite.
  • Visivamente incantevole, una gioia per gli occhi.
  • Una storia semplice e poetica che veicola importanti contenuti per grandi e piccini.
  • A tratti prolisso e un po’ verboso.
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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Mune - Il Guardiano della Luna, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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