My Old Lady, la recensione

Israel Horovitz, nome prestigioso nel panorama teatrale internazionale, debutta sul grande schermo curando la regia della trasposizione della sua piéce del 2002 My Old Lady. Protagonisti, un trio illustre di performer quali il Premio Oscar Kevin Kline, il due volte Premio Oscar Maggie Smith e la candidata all’Oscar Kristin Scott Thomas. Il dettaglio che Horovitz esordisca alla regia cinematografica all’età di 75 anni, inoltre, conferisce senz’altro all’impresa un alone ancor più affascinante e vagamente romantico…
Mathias (Kevin Kline), squattrinato sessantenne newyorkese, vola a Parigi per riscuotere l’eredità lasciatagli da suo padre: un lussuoso appartamento all’ombra della Tour Eiffel che ha tutte le intenzioni di vendere per estinguere i propri debiti. Lo scaltro signore non sa ancora che, una volta nella capitale francese, dovrà fare i conti con un ingombrante imprevisto. Nell’appartamento, infatti, vive un’adorabile vecchina di 92 anni (Maggie Smith) in compagnia della figlia (Kristin Scott Thomas) e Mathias, per legge, non potrà prendere possesso dell’abitazione prima della morte della signora… Ma non solo! Fino ad allora, dovrà continuare a versarle una cospicua rendita mensile, come puntualmente fatto dal defunto padre negli ultimi quarant’anni. Il nostro anti-eroe ha le mani legate ed è in balia degli eventi (e della cinica nonnetta)… Come se la caverà?

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La pellicola, che inevitabilmente mantiene una evidente impostazione teatrale, esplora le intime pieghe dell’animo umano attraverso il tragicomico racconto di vicende agrodolci, segnate dal rimpianto e dall’incomunicabilità, ma destinate ad andare incontro a risvolti inaspettati. In una Parigi avvolgente e malinconica, Mathias si ritroverà a fare i conti, suo malgrado, coi fantasmi di un passato doloroso, giungendo infine ad affrontare verità scomode ma imprescindibili. Perché non è mai tardi – ci suggerisce con vigore questa brillante opera prima – per riconciliarsi con la vita e abbracciare la felicità con coraggio e pienezza.

Horovitz si affida prevalentemente al carisma dei suoi interpreti, e fa centro. Gli attori, in grandissima forma, regalano ai propri ruoli notevole carisma e apprezzabile autenticità, dando il meglio nei dialoghi arguti e divertenti. Punta di diamante del cast è la meravigliosa Maggie Smith – 79 anni all’anagrafe, più di novanta nella diegesi – irresistibilmente insopportabile nei panni della bisbetica ed egocentrica Mathilde Girard. Tuttavia, l’impianto narrativo non sempre mantiene un buon ritmo e, talvolta, tende alla reiterazione. La soglia dell’attenzione, pertanto, rischia di scemare nel corso della visione, anche dal momento che il plot non riserva svolte impreviste ed è coronato da un epilogo da fiera dei buoni sentimenti.

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Malgrado ciò, la cura formale (si vedano gli stravaganti dettagli della casa parigina) e l’impeccabile scrittura, innegabili, fanno di My Old Lady un piacevole e commovente affresco di vita nel senso più maturo del termine; un racconto di formazione che, attraverso il percorso di personaggi dall’animo intorpidito, a causa di un silenzio emotivo protratto troppo a lungo, emoziona e diverte. E mostra come la verità, e la fortuna di avere un complice fidato cui raccontarla, sia in grado di rendere liberi dall’atrofia sentimentale e regalare un meraviglioso sospiro di sollievo e di rinascita.
La pellicola è in sala dal 20 novembre, distribuita da Eagle Pictures.

Chiara Carnà

PRO CONTRO
  • Insolito e gradevole esordio per un regista 75enne.
  • Ottimo cast con la sorpresa di Maggie Smith.
  • Manca di ritmo.
  • L’impianto teatrale crea ripetitività.

 

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Valutazione: 7.0/10 (su un totale di 1 voto)
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Valutazione: +8 (da 8 voti)
My Old Lady, la recensione, 7.0 out of 10 based on 1 rating

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