Ore 15:17 – Attacco al treno, la recensione

Il prolificissimo Clint Eastwood ha ormai dimostrato una particolare predilezione per il racconto di storie vere, incredibili vite messe al servizio della settima arte. Dal capitano degli Springboks François Pienaar, protagonista di Invictus, al cecchino della Guardia Nazionale Chris Kyle su cui è basato American Sniper, passando per la carismatica figura di J. Edgar Hoover a cui è dedicato il film del 2011 e il pilota di aerei linea Chesley Sullenberger protagonista di Sully. In maniera sempre differente, il buon Clint ha raccontato gli eroi, persone che hanno contribuito alla grandezza di una Nazione (che non è essenzialmente l’America), hanno salvato vite e si sono contraddistinte nella Storia. Un preciso percorso creativo nella seconda giovinezza artistica del Clint Eastwood regista, a cui oggi si aggiunge un nuovo titolo, Ore 15:17 – Attacco al treno.

Purtroppo, però, questo ulteriore e coerente passo del grande Clint non si traduce con un altro centro, anzi il suo ultimo film può essere considerato uno dei più grandi passi falsi della sua carriera, aggiudicandosi una delle posizioni più basse del suo operato da regista.

Ore 15:17 – Attacco al treno ripercorre i terribili fatti accaduti sul treno Thalys 9364 diretto a Parigi il 21 agosto 2015, quando un uomo armato e pronto a sparare ben 300 proiettili terrorizza i passeggeri del treno prima di essere fermato da tre eroici giovanotti californiani in viaggio in Europa.

Il film racconta gli eventi di quella giornata in un ultimo atto asciutto e ricco di tensione, proprio come il cinema essenziale del regista di Gran Torino ci ha insegnato in questi anni, ma gli oltre 90 minuti di racconto sono inutilmente diluiti nella peggior maniera che si potesse immaginare.

Pur utilizzando in modo interessante l’espediente del flash-forward, che fin dai primissimi minuti ci anticipa sprazzi di quello che poi sarà il fulcro della narrazione, Ore 15:17 – Attacco al treno prende la storia dei tre protagonisti molto alla larga, fin da bambini, quando gli indisciplinati Spencer Stone e Alek Skarlatos incontrano l’altrettanto discolo Anthony Sadler nell’ufficio del Preside della loro cattolicissima scuola a Sacramento. Tre bambini con poca voglia di studiare e una personalissima visione della vita e delle regole, con amorevoli mamme single che rappresentano il peggior esempio di fan dei propri figli, pronte ad impartire loro un’educazione cattolica ma avverse a chiunque faccia notare loro che i bambini hanno preoccupanti deficit dell’attenzione e vanno seguiti più attentamente. Ma a Clint Eastwood e alla sua sceneggiatrice esordiente Dorothy Blyskal non interessano i risvolti dell’educazione scolastica, a loro interessa mostrare come tre ragazzini indisciplinati possano diventare degli eroi americani, soprattutto grazie alla loro forza di volontà e alla formazione militare che l’Esercito degli Stati Uniti può dare loro. Anzi a due di loro, Stone e Skarlatos, perché Sadler – che è inizialmente la voce narrante della vicenda – rimane lontano dall’ambiente militare tanto ambito dai suoi due amici.

Dopo aver seguito l’addestramento militare di Spencer Stone, che occupa buona parte del secondo atto del film, Ore 15:17 – Attacco al treno si concentra sul viaggio in Europa che Stone e Sadler intraprendono per ricongiungersi con Skarlatos a Berlino, dove avrebbero preso tutti insieme il fatidico treno diretto a Parigi. Questo blocco narrativo che anticipa l’attentato al treno è il momento meno riuscito e – ci duole dirlo – più dilettantesco del film, in cui seguiamo stancamente i due ragazzotti americani in noiose tranche vacanziere in Italia (Roma e Venezia), Olanda (Amsterdam) e Germania (Berlino), tra improbabili brunch in hotel di lusso, sbronze nei pub berlinesi, nottate in discoteca ritratte in maniera pudicamente ridicola e loffi excursus culturali che hanno il loro apice solo nell’autoironica visita al luogo in cui si trova il bunker dove Hitler si tolse la vita.

Circa un’ora e dieci minuti di pedinamento poco interessante nelle vite di questi tre ragazzotti volenterosi ma poco intelligenti e poi finalmente arriviamo al momento clou, quello che giustamente ha canalizzato un po’ truffaldinamente tutta la promozione del film, una quindicina di minuti scarsi con azione sul treno contro il terrorista e conseguente assegnazione di medaglia al valore.

Un film che lascia decisamente l’amaro in bocca perché, al di là della delusione per non aver assistito a un nuovo United 93, c’è anche la triste constatazione di aver a che fare con un film generalmente men che mediocre. Sceneggiatura incerta su che direzione prendere e quale punto di vista adottare, con una scrittura dei dialoghi spesso imbarazzante, poca cura registica al di fuori della serratissima sequenza madre in treno, e una recitazione davvero poco convincente. Su quest’ultimo punto, va detto che Clint Eastwood ha impiegato i veri Stone, Skarlatos e Sadler, ma i tre ragazzi mancano di espressività e si nota la loro assoluta inesperienza nella recitazione, il ché affossa ulteriormente un film obiettivamente non riuscito.

Roberto Giacomelli

PRO CONTRO
  • La scena dell’attacco al treno mostra tutta la capacità registica di Clint Eastwood.
  • Sceneggiatura poco convincente, con la discutibile scelta di dilatare i tempi e dialoghi bruttini.
  • Attori non professionisti… e purtroppo si nota.
  • Se vi aspettate un thriller d’azione ambientato in un treno, sappiate che avete sbagliato sala, quello è L’uomo sul treno, in questo l’azione è circoscritta a una decina di minuti sul finale.
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